Sarà Pedro Neves Marques l’artista che rappresenterà il Portogallo alla prossima Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia, che si terrà dal 23 aprile al 27 novembre 2022. Il Padiglione sarà allestito nella nuova sede del monumentale Palazzo Franchetti, nel Sestiere San Marco, sulle rive del Canal Grande.
Presentato e curato da João Mourão e Luís Silva, il progetto, dal titolo “Vampires in Space”, è stato selezionato nell’ambito di un concorso promosso dalla Direção-Geral das Artes, organo del Ministero della Cultura della Repubblica portoghese che ha lo scopo di coordinare e attuare le politiche di sostegno delle arti. Si tratterà di un lavoro multidisciplinare, tra film e installazioni, leggibile su più livelli e dall’impostazione narrativa, come spesso nella ricerca di Neves Marques. Il progetto assumerà la forma di una installazione site specific per gli ambienti di Palazzo Franchetti, risalente alla seconda metà del Quattrocento e tra le architetture più notevoli in stile gotico della città lagunare. Peraltro, con Palazzo Franchetti la Direção-Geral das Artes ha firmato un protocollo di intesa della durata di tre anni, quindi, presumibilmente, nello stesso luogo vedremo anche i progetti per le prossime Biennali d’Arte e Architettura.
Attraverso la figura del “vampiro” e giocando sulle aspettative che questo termine ispira, Pedro Neves Marques affronterà questioni di identità e di genere, temi come quelli della sessualità e della riproduzione queer, nonché forme famigliari non nucleari. L’installazione metterà in contrasto lo stile gotico veneziano di Palazzo Franchetti con una sensibilità fantastica, speculativa e fantascientifica, tipica del lavoro di Neves Marques.
«Guardando indietro a gran parte del mio lavoro, dalle sue preoccupazioni ecologiche alle sue speculazioni futuristiche, sono arrivato a rendermi conto di quanto esso parli di riproduzione, replicamento e gestazione», ci raccontava Neves Marques in una nostra intervista, a margine della sua recente mostra alla Galleria Umberto di Marino, a Napoli. «Intendo questo in tutti i modi, sia umani che non umani, ma anche economici e storici, una certa storia di violenza e controllo, ma anche di speranza in altre forme di affinità, oltre il potere. E se parliamo di riproduzione, allora sì, stiamo parlando anche di vita. Cos’è la vita, quali forme può assumere la vita e chi decide. C’è sempre stato un forte aspetto biopolitico nelle mie domande, ma ho cercato sempre di complicarlo sia con un approccio cosmologico (per esempio nei miei lavori in dialogo con l’attrice e attivista indigena, Zahy Guajajara) che con un’esperienza intimistica, spesso non normativa e queer», continuava l’artista nato a Lisbona, nel 1984, attualmente a New York e che abbiamo visto in Italia in diverse occasioni.
Oltre alle mostre alla Galleria di Marino (la prima nel 2011), nel 2018 è stato il vincitore del Premio Illy Present Future, assegnato nell’ambito di Artissima, per il quale espose un suo progetto al Castello di Rivoli. Nel 2017 ha presentato alcune sue opere al PAV Parco Arte Vivente di Torino, per una collettiva a cura di Marco Scotini, mentre nel 2015, in occasione della 56ma edizione della Biennale di Venezia, è stato inviato come editor per la sezione tematica “Apocalypsis” contenuta nell’edizione speciale Supercommunity di e-flux Journal.
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