All’interno delle raccolte del Museo Correr è conservata la Veduta di Venezia di Jacopo de’ Barbari, una delle opere più significative della storia dell’incisione che, datata MC, ovvero 1500, ritrae la città dall’alto, con una dovizia di particolari di rara bellezza che ne fanno un ritratto fedele dell’epoca. Più che il punto di partenza, quest’opera è diventata un’ossessione per Jacopo Ascari, giovane artista e illustratore originario di Modena (classe 1993) che ha portato con sé la lezione di de’ Barbari nella sua nuova serie dedicata alle città italiane. A presentarla al pubblico è la mostra L’immagine della città – racconti di architettura per un Rinascimento contemporaneo, ospitata a Palazzo Venart fino al 30 novembre. Non solo Venezia, ma anche Firenze, Milano, Roma: le città si estendono sulla superficie pittorica rivelando i propri tesori e i monumenti-simbolo, ma anche le architetture meno note e dettagli inattesi.
Trovarsi di fronte al lavoro di Ascari significa attivare una sorta di caccia al tesoro visiva: a contatto con le sue opere, lo sguardo comincia ad esplorarne le forme e i segni cercando punti di riferimento e tracciando itinerari immaginari attraverso lo spazio urbano. Insomma, se non fosse rinascimentale sarebbe fiammingo: lo stile riconoscibile a cui l’artista ha abituato il suo pubblico esalta le forme architettoniche e le figure umane, abbraccia il reale e lo reinterpreta giocando con i diversi punti di vista, con le prospettive impossibili, con i particolari che si fanno via via sempre più fitti e che evocano l’anima non di una città-cartolina, ma vibrante e considerata nelle sue innumerevoli complessità. Ecco quindi che nel ritratto di Milano individuiamo il nartece di Sant’Ambrogio a pochi centimetri da San Siro e dalle tre torri di City Life; a Roma, il Colosseo coesiste con l’Auditorium di Renzo Piano e il MAXXI di Zaha Hadid; a Firenze, l’Arno divide in due la città offrendo uno scorcio della Cupola del Brunelleschi, degli Uffizi e delle vie di stampo medievale. Un horror vacui sì, ma che è anche un sogno lucido: come quel gondoliere che a Venezia naviga (ma sembra quasi volare) poco distante dal Ponte di Rialto, in quel Canale della Giudecca abitato da naviganti, sirene e mostri marini che affiorano dalle onde.
Dietro a L’immagine della città vi è una storia di committenza, di quelle committenze illuminate che permettono agli artisti di lavorare su progetti di lungo periodo, far sedimentare i pensieri e dar luce a un racconto personale del mondo. L’iniziativa parte infatti dal gruppo di Boutique Hotel LDC di proprietà taiwanese di cui fa parte anche Palazzo Venart, sede della mostra; la stessa ha commissionato all’artista otto lavori che trattano di ognuna delle quattro città in cui ogni hotel della collezione italiana è situato. Alla fine della mostra, le opere voleranno proprio a Taiwan, per raccontare in modo inedito il nostro Paese in Oriente. Tramite il coordinamento di Lorenzo Cinotti, co-fondatore del network Venezia da Vivere, le opere di Ascari sono diventate il frutto di una cooperazione tra i diversi saperi dell’artigianato: grazie alla bottega di Lunardelli Venezia, sono state inserite all’interno di cornici lignee, impreziosite a loro volta dai mosaici vitrei di Orsoni Venezia 1888. Ne L’immagine della città ritroviamo non solo lo sguardo, ma anche l’attitudine vorace di Jacopo Ascari, che al di fuori dei lavori su commissione ritrae in modo compulsivo città, luoghi, ambienti domestici, amici, situazioni informali ed eventi mondani facendo schizzi su uno sketch book: una pratica istintiva quanto necessaria che diventa la parte più affascinante della sua figura e lo rende simile a un protagonista del Grand-Tour della contemporaneità.
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