Alla Fondazione Giorgio Cini, sullâIsola di San Giorgio Maggiore a Venezia, si tiene fino al 24 luglio 2022 la mostra âOn fireâ. Lâesposizione intende mostrare come il fuoco â che ha interessato lâessere umano da tempi immemorabili â sia utilizzato da sei artisti contemporanei per mettere in rilievo sia lâaspetto distruttore che rigeneratore di questo elemento. Alberto Burri (CittĂ di Castello, 1915 â Nizza, 1995) crea Combustioni di vari materiali: Legni e Ferri negli anni Cinquanta, Plastiche â trasparenti o di colore rosso o nero â nei primi anni Sessanta (successivamente accompagnate da una base in cellotex). A Yves Klein (Nizza, 1928 â Parigi, 1962) si devono le Peintures de feu, eseguite dal 1961 nel centro Gaz de France della Plaine-Saint-Denis, dove gli vengono messi a disposizione strumenti per arrivare a gradi di potenza differenti. Pure Jannis Kounellis (Pireo, 1936 â Roma, 2017) utilizza la fiamma ossidrica che, tagliando la Margherita di fuoco (1967) nel metallo, la fa in qualche modo âsbocciareâ.
La traccia pittorica attraverso il fumo della combustione è ravvisabile in unâopera monumentale in cui Pier Paolo Calzolari (Bologna, 1943) si è avvalso di un mangiafuoco. Un quadro di altrettanto grande formato di Claudio Parmiggiani (Luzzara, 1943) rivela con la cenere, in negativo, presenze scomparse di libri.
Per commentare la vita e lâopera di Arman (Nizza, 1928 â New York, 2005), artista precoce (giĂ da giovanissimo vendeva i suoi quadri, coadiuvato dal padre, che si dilettava di pittura) ci intratteniamo con la vedova, Corice.
Ricerche poliedriche impegnano Arman su diversi fronti contemporaneamente: per lui, il risultato è piĂš importante dellâazione. Dopo i Cachets si dedica alle Accumulations, alle Poubelles e alle Colères. La struttura formale dellâoggetto distrutto nelle Collere determina lâestetica dellâopera e le fornisce una caratterista barocca o cubista, a seconda che siano predominanti linee curve oppure diritte. Influenzato dal dadaismo, Arman è vicino ai movimenti lettrista, Fluxus, Gutai e Zero; seppur in scambio costante con gli artisti (anche gli statunitensi Johns, Warhol, Rauschenberg, Lichtenstein), svolge sempre una personale ricerca. Come noto, Arman ha intrattenuto scambi proficui con Yves Klein, creando pure, in seguito a una scommessa con lui, qualche monocromo.
La combustione interessa molto Arman; è un modo diverso di percepire lâopera, in quanto ne controlla il processo. Brucia lâoggetto fino a un certo livello, decide in quale parte, fino a che punto; lâazione non è mai a caso, ma controllata. Corice ci rivela che lâidea della combustione di mobili venne ad Arman ad Amsterdam, dove si era recato per unâesposizione. Desiderava un oggetto forte quale presentazione della mostra e, andando in giro, vide una sedia bruciare. Gli parve un trono: da lĂŹ lâidea.
Per Arman tutto era importante e tutto era collegato: profondo conoscitore dellâarte africana, collezionò oggetti degni di un museo; studiò anche il giapponese. Viveva per il suo lavoro e, quando aveva unâidea da sviluppare, non si fermava fino a che non lâavesse portata a compimento. La cosa che piĂš amava oltre a creare? Leggere. I suoi poeti preferiti? Apollinaire, Verlaine, Rimbaud. Disse che, se non fosse diventato artista, sarebbe certamente stato uno scrittore. Un tratto caratteristico del suo carattere? La condivisione, dice Corice: per questo accettò una nomina ad artist e professor in residence allâUcla nel 1967.
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