Sono continue verifiche “incerte” le opere di Javier Peñafiel, presentate nella personale “Què condiciona les teves ficcions?” a Casal Solleric, a Palma de Maiorca. Nato a Saragozza nel 1964, Peñafiel da diversi decenni si interroga sulle modalità di rappresentazione e dialogo tra la parola e l’immagine, disegnata e animata, filmata o trascritta. Visitabile fino al 16 ottobre, la mostra raccoglie una selezione di opere realizzate dagli anni ’90 a oggi, con linguaggi e formati diversi: video, fotografie, conferenze drammatizzate, animazioni, testi per il teatro, pubblicazioni.
«Con la curatrice Lorenza Pignatti e la direttrice Aina Bausà Medrano abbiamo evitato di presentare le mie opere più solitarie per preferire quelle relazionali», mi ha raccontato Peñafiel all’inaugurazione della mostra, lo scorso 28 luglio. «In molte opere esposte non sono stato, né sono rimasto, solo. Sono state realizzate per il pubblico. Anche se sono monologhi, provengono da conversazioni, dall’incontro e dall’ascolto di altre persone. Una frase che potrebbe riassumere questa modalità è il titolo di una mia opera del 2003: L’amore che accade nel pubblico», ha precisato. Tali indicazioni mi aiutano a entrare più approfonditamente nel topic della mostra.
Test de conversación, per esempio, è composta da ritratti realizzati mentre alcune persone da lui invitate conversavano. Per realizzare l’opera l’artista aveva creato a Lisbona uno spazio di incontro, in cui accogliere conoscenti e amici per scambiarsi riflessioni, idee e conversazioni. Incontri che sono stati documentati e rielaborati nel video Mera coincidencia e nell’omonimo libro, pubblicato per il Centro galego de arte contemporanea.
Un altro esempio di tale modalità processuale è Agenda de caducidad de los tiempos drásticos, presentata per la prima volta come conferenza drammatizzata insieme a Marisa Orth, per la 28ma Bienal de Sao Paulo, nel 2008. Conferenza che è stato poi trasformata in un video-collage multimediale e in un’agenda-libro che narra di eventi e progetti futuri. Presentati entrambi nella medesima sala, l’agenda racconta una quotidianità immaginata nel tempo, scandita da disegni e frasi emblematiche, con un’esemplare economia d’espressione.
«Scrivo come se stessi disegnando e disegno come se stessi scrivendo», ha commentato l’artista. Che ha aggiunto: «Attuo un esercizio di sintesi e di sdoppiamento quando scrivo, cerco di ridurre tutto a un’immagine, un campo visivo che si possa leggere velocemente ma che resta nella memoria come un’eco o una risonanza. Cerco inoltre di allontanarmi dall’uso normativo della grammatica, alla ricerca di nuove situazioni emotive. Un esempio è una delle mie storie/disegni preferiti. Si intitola La spugna ti preferisce. Indica che è la spugna a scegliere di quale pelle occuparsi».
Qualcosa di altrettanto paradossale e sublime accade nel video Giro postal, in cui Peñafiel insieme a Rita Rakosnik scrive lettere a agenti umani e non umani. Video che contrasta con le modalità della telepresenza diffusosi in tempo di pandemia, con le piattaforme di videoconferenza, per rivendicare lo spazio della lettera e della scrittura come dispositivo per l’evocazione del desiderio.
«Per me scrivere una lettera è bellezza transitiva», precisa. E aggiunge «Nel capitolo Eros the Bittersweet, Anne Carson descrive molto bene l’esperienza della lettera e la sua lettura triangolare, in cui coesistono persona assente, il lettore e il destinatario. La società di Internet, quella della memoria dei pesci, ha trasformato la cultura della memoria in oblio, e il mondo in una cassetta delle lettere dalle fauci minacciose. Scriviamo a uffici di oggetti femministi perduti, a perseguitati che non smettono di scrivere possibili vie di fuga. Come scrive Marguerite Duras nel testo Escribir, anche la notte è un libro aperto. Conversando con Lorenza ho capito che scrivo sempre lettere. Nei disegni e nell’opera sonora Radio Maltrato, tutte le voci leggono dei testi epistolari. In Agenda de caducidad de los tiempos drásticos, propongo una nuova temporalità, perché i testi sono lettere per il futuro. Nei testi e nella performance No verbal todo por escrito, realizzata dal 2013 in diverse occasioni, dalla fiera ARCO, ad Arspolis a Lugano, a Halfhouse di Barcellona, trasformo alcuni testi delle mie conferenze drammatizzate in cartoline e li posiziono in luoghi inaspettati, sotto le porte, o incollate alle finestre».
Nell’ultima sala di Casal Solleric, antica residenza dei marchesi Solleric sono esposte alcune sue pubblicazioni monografiche, tra cui quelle pubblicate con la casa editrice CRU, progettate con Àlex Gifreu.
«Per me ogni progetto ha bisogno di drammaturgia e comunicazione. Per questo sono cosi attento alle pubblicazioni. A volte ho iniziato l’opera dalla pubblicazione, è accaduto in Mera Coincidencia e in Agenda de caducidad de los tiempos drásticos e poi ho sviluppato il progetto visivo, trattando i libri come spartiti. Questa è la mia idea per i libri, vorrei che fossero spartiti interpretabili. Ho utilizzato i supporti più diversi, non per capriccio ma perché erano adeguati ai contesti in cui operavo. Se necessario, modifichiamo una carta tascabile, portatile, se è un poster per uno spazio pubblico o anche una striscia su un giornale. I miei libri d’artista sono inarchiviabili e rispettano la ricerca del progetto, come è accaduto con i libri dedicati Ruth Berlau».
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