Trentâanni fa apre al Castello di Rivoli, allora diretto dallâindimenticabile Ida Gianelli, una mostra epocale e scioccante. Si trattava di âPost Humanâ, una delle prime collettive globali curata da Jeffrey Deitch, che profetizzava un mondo dove il corpo umano sarebbe stato trasformato in unâentitĂ ibrida, tra natura e tecnologia. Allora sembrava pura fantascienza vedere gambe uscire dalle pareti, manichini giganti dallo sguardo fisso e gelido, automi e robot, tra provocazione, avvertimento e profezia. Nel mondo dellâarte italiano serpeggiava la domanda, posta con malcelata inquietudine: un mondo postumano arriverĂ mai? Nel 1992, prima di Internet e delle Torri Gemelle, di Tangentopoli e di Forza Italia, ancor con i postumi della sbornia del decennio precedente, non câerano molti motivi per preoccuparsi davvero.
Oggi sono i ragazzi scolpiti nel marmo seduti sulle panchine alla Bourse e al Centre Pompidou di Parigi, protagonisti dellâampia antologica dedicata a Charles Ray, a raccontare un mondo dove gli esseri umani esistono come copie perfette di corpi senzâanima. Siamo appena usciti dalla prima pandemia globale, soffocati dallâonnipresente mascherina e frastornati dalle atroci notizie della guerra in Ucraina, che ha sconvolto unâEuropa fiaccata da settantâanni di pacifico benessere, e ci rendiamo conto che il mondo postumano è arrivato, e si prepara a cambiare radicalmente le esistenze di tutti noi. Lo dice lo sguardo sconsolato di Jeff (2021) , il senzatetto in marmo bianco, ma anche la posa rannicchiata di Sleeping woman (2012) in acciaio inossidabile, mentre lâossessione per il proprio ego, che ormai esclude lâaltro in una spasmodica ricerca di conferme, è ben espressa da Oh! Charley Charley Charley⌠(1992) ,unâorgia che lâartista immagina tra 8 repliche di se stesso nudo. Gli sguardi freddi e inespressivi delle sculture di Charles Ray, uno dei piĂš acuti protagonisti della mostra di Deitch, mi rimangono negli occhi quando entro alla fondazione Prada di Milano per visitare la mostra di Elmgreen & Dragset âUseless Bodiesâ. Qui, allâinterno del Podio, rimango colpito dai giovani col visore 3D (This how we play together, 2021) ma anche da The Observer (umbro) (2021), mentre nella Cisterna il ragazzo sospeso al cavo dâacciaio e impegnato in un esercizio ginnico (Whatâs left, 2021) ha uno sguardo attonito, come se non sapesse esattamente dove si trova e perchĂŠ è lĂŹ.
Prima di uscire mi soffermo sulla precisione dei piedi del corpo che esce dal loculo dellâobitorio, allâinterno dellâambiente domestico ricreato nella galleria Nord (Untitled, 2011). Sfoglio il catalogo e rimango colpito da questa frase: Cosa fa piĂš paura: un essere umano che agisce come una macchina o una macchina che agisce come un essere umano? Mentre rifletto su una possibile risposta, sono arrivato nella galleria di MASSIMODECARLO. Nel bagno della casa Corbellini Wassermann, capolavoro di Piero Portaluppi, Maurizio Cattelan ha appeso al soffitto You. Si tratta dellâautoritratto dellâartista vestito in un elegante completo blu con tanto di cravatta, con un mazzo di fiori in mano, impiccato al soffitto a piedi scalzi: una citazione in chiave postumana dellâopera Lâimpiccato, presentata da Gino De Dominicis alla galleria La Nuova Pesa nel 1996, quando lâartista espose per pochi minuti un uomo impiccato in abito nero e cappotto, con un pennello al posto dei genitali. Qui, tra i riflessi e le screziature dei marmi policromi, un manichino sostituisce il corpo reale, trasferisce il dramma della morte esibita nel limbo della finzione, proietta la fisicitĂ in una dimensione fittizia, la disperazione in una farsa.
Forse la risposta alla domanda è la passivitĂ del simulacro, una forza pervasiva che ha trasformato il mondo in un metaverso, dove la fisicitĂ appare ormai come una zavorra pesante e limitante. Ma câè anche chi spinge la propria visione al di lĂ del postumano, oltre lâantropocene. Ă il caso dellâartista coreana Anicka Yi, protagonista della mostra âMetasporeâ allâhangar Bicocca, una delle esposizioni piĂš sorprendenti dellâArt Week milanese. Un paesaggio di sculture e installazioni che âveicolano alcuni dei motivi ricorrenti nella sua poetica, come trasparenza, immaterialitĂ e deperibilitĂ â spiegano i curatori Fiammetta Griccioli e Vicente TodolĂŹ. Un mondo di batteri e microrganismi che proliferano allâinterno dei materiali piĂš disparati, dal tempura al gel per capelli, dalle viscere di vacca allâolio dâoliva, che lâartista proietta in una dimensione visiva perturbante, tra odori, forme mutanti e creazioni biologiche disorientanti.
Tra le venti opere esposte una delle piĂš forti è Shamaplex (2015), composta da sette vasche in plexiglass dove alcuni spilli arrugginiscono creando forme scure che emergono da sostanze gelatinose verdi. âSto cercando di fornire una sorta di visualizzazione delle ansie delle persone rispetto ai germi e ai batteri che proliferano intorno a noiâ spiega lâartista. Ma se in realtĂ il suo lavoro riguardasse un mondo popolato solo da microrganismi?
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