La casa di Maria Livia Brunelli si fa trovare dopo una breve caccia al tesoro. Paradossalmente nascosta nel pieno centro di Porto Cervo, tra oleandri e buganvillee, ogni venerdì estivo si trasforma in home gallery e, mentre il sole cala a ritmo di jazz, le opere situate nelle varie camere diventano protagoniste gentili della serata.
Un barattolo di vernice pieno nel quale sono state buttate bucce di anguria e forchette di plastica, rimasugli di una merenda dimenticata. Un vassoio del passato sul quale sono stati scordati budini mezzo mangiati, una sigaretta accartocciata. Una strage di tuorli d’uovo. Il salotto è il regno della ceramica iperrealista di Bertozzi & Casoni. Momenti dimenticati, di consumo, che sembrano usciti dalle pagine di un romanzo di Cormac McCarthy. Il rosso dei maglioncini scagliati verso il sole da Anna Di Prospero, pluripremiata fotografa le cui opere, di una dolcezza difficile, occupano invece la stanza della piccola Lucrezia.
L’occhio e la mano. Da Bertozzi & Casoni a Simona Ghizzoni, è un’esperienza esclusiva, da vivere su prenotazione e a numero chiuso. La mostra ospita, oltre alle opere degli artisti già citati, le fotografie di Daniela Foresto, animate dai lari, gli spiriti benevoli della familia romana, e quelle di Simona Ghizzoni, caravaggista ambientalista, e poi i disegni di Marcello Carrà, ironico erede dei naturalisti seicenteschi, e i lavori di Barbara Capponi, il cui tocco catchy rivela la precedente carriera da pubblicitaria.
Maria Livia e Fabrizio accolgono piccoli gruppi di appassionati d’arte e li conducono di stanza in stanza, riproponendo in terra sarda la formula nata nella loro casa rinascimentale ferrarese, formula che si conclude con un aperitivo cucinato e offerto dai padroni di casa. Ed è in questo momento che la home gallery si trasforma ancora una volta, diventando luogo di empatia e scambi di esperienze.
I due percorsi d’arte proposti dalla curatrice e padrona di casa sono perpendicolari. Fotografia d’arte e manualità concettuale si incrociano nella critica a un modello sociale basato, come tutti ormai sappiamo, su consumo, consumo e ancora consumo.
Se le opere di Betozzi & Casoni, nella loro crudezza, mischiano matrimoni falliti tra materia organica e inorganica, il maxi pesce palla con labbra filtrate e i piercing ai capezzoli disegnato da Marcello Carrà racconta le ossessioni della generazione Z, la corsa verso gli studi di chirurgia plastica con l’obiettivo di assomigliare a un filtro di TikTok.
Mentre la tromba di Miles Davis esce da una piccola cassa a lato del tavolo ligneo, Maria Livia mi indica una serie di piccole scatoline molto colorate. Marcello era l’unico alla festa che non avesse assunto droghe, è il titolo sottostante a una di queste. Marcello, nella scatola, è attorniato da palle di pelo colorate che ricordano vagamente Muppets tutti omologati; ma che rimandano anche alle campagne pubblicitarie di brand come Kebhouze, Healthy Color, Golocious e delle tante altre catene di smart (?) food che aprono e chiudono nelle grandi città europee.
«Sto pensando di trasferire la sede legale della MLB in Sardegna per rendere più fluida la trasmissione di queste energie con la Regione e con i direttori dei musei sardi, oltre che con gli artisti», mi dice Maria Livia, il cui rapporto con la Sardegna ha origini antiche.
Il nonno, in epoca fascista, fu uno dei responsabili della bonifica della Nurra, nonché uno degli edificatori dell’aeroporto di Alghero-Fertilia. Il padre, cresciuto in parte ad Alghero, portò Maria Livia bambina proprio in Sardegna, convinto che l’aria di questa terra di centenari avrebbe giovato alla sua salute al tempo minata da una patologia respiratoria. Le giovò, e quella che ora è la home gallery MLB venne acquistata dal padre poco dopo, non senza sacrifici.
«La Sardegna è una terra di cura», mi dice Maria Livia. Poi, mentre ci allontaniamo dalla foto di un falso paradiso popolato da fenicotteri numerati, scattata da Simona Ghizzoni, entriamo nella stanza degli ospiti, alle cui pareti sono appesi i ritratti fotografici di Daniela Foresto che ricrea, nella pose dei suoi modelli e delle sue modelle, l’estetica di Tamara De Lempicka.
Questo mix di familiarità e musealità è contemporaneo; il senso di calore domestico che si prova nella home gallery è la risposta a una domanda che viene dal pubblico e verrà sempre più, e che rimanda all’antichità classica, a istanti in cui l’esperienza dell’arte, spesso simposiale, coinvolgeva cinque sensi su cinque.
Dall’essere umano per l’essere umano.
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