Quale molteplicità si nasconde dietro gli abitanti di un unico luogo? Kunst Meran Merano Arte ha inaugurato Vielheit [molteplicità]. Storie dalla società post-migrante, mostra collettiva a cura di Jörn Schafaff, visitabile fino al 24 settembre 2023. Visioni poetiche e desiderio di documentazione convergono nelle opere dei 13 artisti selezionati – Bani Abidi, Sol Calero, Clément Cogitore, Pradip Das, Nicolò Degiorgis, Barbara Gamper, Nadira Husain, Pinar Öğrenci, Willem de Rooij, Ecaterina Stefanescu, Rirkrit Tiravanija, Haegue Yang e Želimir Žilnik – cucendo assieme le storie di un’umanità dinamica e in perenne ricerca del proprio posto nel mondo.
Quella che abitiamo è una società post-migrante, dove la convivenza tra provenienze e culture differenti non costituisce più l’eccezione, ma la normalità di molti territori – tra cui lo stesso Alto Adige. Eppure, persiste ancora una certa resistenza a questa molteplicità, che fatica a legittimarsi nel tessuto sociale di arrivo, nonostante il susseguirsi delle generazioni: Vielheit indaga questa complessità sala dopo sala, dove anche i luoghi più lontani possono scoprirsi adiacenti. Un rigoglioso bouquet ci accoglie all’ingresso della mostra, come in ogni ambiente ospitale: è la scultura Bouquet IX di Willem de Rooij, composta da dieci tipi di fiori bianchi, raccolti in un vaso bianco su un piedistallo bianco. Tutto questo candore, emblematico del canone occidentale, nasconde l’alterità: dall’origine extraeuropea dei boccioli alle loro differenze di specie, fino alla caducità degli stessi.
Pende dal soffitto l’opera di Barbara Gamper, linguistic landscapes (how do we come together in our differences?). Due grandi lingue colorate diventano un supporto di riflessione sul multilinguismo, indagato dall’artista proprio a Merano: potendo scegliere tra italiano, tedesco e inglese, in quale lingua piangeremmo? Non sappiamo cosa ci fa davvero sentire a casa finché, da quella “casa”, non andiamo via: ce lo racconta The Song, commovente opera video di Bani Abidi. Un anziano signore affronta il trasferimento dal Sud del mondo a Berlino – città in cui la stessa artista pakistana si è trasferita anni fa. Il silenzio plumbeo della capitale tedesca, rispetto alla caoticità paesana, diventa il simbolo di un udibile vuoto identitario. Inizia così la ricerca di quel rumore perduto, che il protagonista tenta di ricreare costruendo aggeggi e strumenti.
Tentativi di innesti e familiarizzazioni col territorio sono al centro anche del libro di Nicolò Degiorgis, Hidden Islam. La sua documentazione fotografica, frutto di anni di ricerca, censisce i luoghi di culto musulmani nel nord-est italiano, perlopiù marginalizzati: centri di preghiera dentro, edifici dismessi e capannoni industriali fuori. Di fronte a una convivenza complicata, l’arte può attivare forme sempre nuove di contaminazione: è il caso dell’opera video di Clément Cogitore, Les Indes Galantes. Ispirato all’omonima opera settecentesca di Jean-Philippe Rameau – e agli stereotipi esotici lì presenti – l’artista ha scelto dei ballerini di strada parigini per la reinterpretazione di uno dei brani. Il risultato è esplosivo: il palco dell’Opéra Bastille, a suon di lirica, viene occupato da una battle di danza arcaica di cui è impossibile non percepire anche la potenza politica.
Non solo contaminazioni, ma anche ritrovato senso di comunità: è ciò che accade nel Golden Wall II di Pradip Das. Influenzato dalla massiccia immigrazione dal Bangladesh verso Calcutta, l’artista ha realizzato un enorme telo dorato, dove più di trenta donne di origine bangladese si sono susseguite nel ricamare elementi della loro storia passata e presente. Tra un filo e l’altro, si incrociano sullo stesso tessuto emancipazione culturale e di genere.
Dalle indagini più personali a quelle più collettive, Vielheit diventa il luogo prediletto per elidere ciò che separa il dentro dal fuori, la maggioranza dalla minoranza, l’ordinario dall’eccezione. Di fronte a un’umanità una e plurima, ogni storia merita d’essere raccontata: la forma artistica si riconferma così un interstizio, uno spazio sacro comune e abitabile.
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