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Visual Sound Festival. A Roma la prima edizione dell’evento dedicato agli artisti under 35
Arte contemporanea
Dal 17 al 19 ottobre, il Nuovo Cinema Aquila di Roma ha ospitato la prima edizione del Visual Sound Festival, evento dedicato all’arte audiovisiva contemporanea. Curato dal collettivo Flyer e in particolare da Gianluca Del Gobbo, fondatore del più longevo Fotonica, Visual Sound si propone come un laboratorio di sperimentazione e un punto di incontro per artisti emergenti. Il festival ha offerto al pubblico l’opportunità di assistere a performance innovative che hanno spaziato tra video sperimentali e musica elettronica, permettendo di scoprire il futuro dell’arte audiovisiva e i nomi più promettenti della scena under 35.
Come è nata l’idea di creare il Visual Sound Festival e in che modo si collega al percorso di Fotonica, ormai consolidato da otto anni?
«Con Visual Sound Festival abbiamo voluto dedicarci ai giovani artisti del nostro territorio, in particolare a quegli artisti che portano avanti quello che è il fulcro di tutti i nostri progetti, le performance audio video. Visual Sound è, a tutti gli effetti un’anteprima di FOTONICA 2024.»
La collaborazione con il progetto LAZIOSound dimostra un forte legame con il territorio e le politiche giovanili. In che modo il festival supporta gli artisti emergenti della scena laziale e favorisce la loro crescita a livello internazionale?
«Per degli artisti emergenti la partecipazione ad un festival è di per sé un’occasione di incontro con il pubblico, Inoltre, nel nostro caso, gli artisti sono stati selezionati da cinque curatori di Festival internazionali che hanno notato alcuni degli artisti, come Touchy Toy che è dovuto partire subito dopo la performance a Visual Sound per andare al Patchlab di Cracovia. Il collegamento con Fotonica ha reso questa prima edizione sin da subito legata alla scena degli altri festival che si svolgono in tutto il mondo, in parte grazie proprio al profilo e al posizionamento nel panorama internazionale di Fotonica e in parte anche al fatto che con la produzione di Live Cinema Festival ed LPM siamo in una rete di festival ed eventi che sono organizzati in diversi paesi e che da anni si parlano creando una mappa dell’arte audiovisiva.»
Il festival si presenta come un laboratorio di sperimentazione. Quali sono le sfide e le opportunità nel creare un evento che unisce diversi linguaggi artistici e tecnologie in continua evoluzione?
«La sfida è quella di riuscire a catalizzare l’attenzione ogni anno di più, le opportunità sono sicuramente quelle di poter offrire diversi punti di ingresso a quello che è la nostra rete sia di festival. Non dimentichiamo che questa forma d’arte è come il quadro nel Cinquecento, ha una sua applicazione in tutto quello che ci circonda. Anche se quello su cui ci concentriamo è il video, il digitale e tantissime tecnologie sono tra le mani di oramai miliardi di persone. Per non parlare di musei e programmi televisivi nei quali il video segue sempre di più quello che queste performance video annunciano nei festival a loro dedicati.»
Ci puoi anticipare qualcosa della prossima edizione?
«Certo, è la prima volta che ne parlo, la prossima edizione vede l’integrazione con un altro nostro format: Chromosphere. Si tratta di un progetto Creative Europe in collaborazione con altri cinque Paesi focalizzato sulla proposta di contenuti audiovisivi immersivi nei dome, cioè grandi cupole semisferiche interamente proiettate e che immergono il visitatore in esperienze veramente a 360 gradi!»