Un’iscrizione in carboncino sul muro di un edificio di Pompei cita «Il sedicesimo giorno prima delle calende di novembre, si abbandonava al cibo in modo smodato», indicando che l’eruzione avvenne dopo il 17 ottobre e non nove giorni prima delle Calende di settembre, il 24 agosto, come ci è stato tramandato da Plinio il Giovane nella sua lettera a Tacito nel 107 d.C. Questa recente scoperta, a quasi 2000 anni di distanza da una delle eruzioni più famose della storia, quella del 79 d.C., è una delle varie che aprono una luce sui misteri della natura vulcanica che affascinano, da sempre, studiosi di ogni campo in tutto il mondo. E forse proprio questa energia ricca di fascino e di mistero avrà condotto alla seconda edizione del Festival di cultura contemporanea Volcanic Attitude appena conclusosi (26 giugno – 2 luglio 2023).
Un festival “in itinere” tra Napoli e le Isole Eolie, Patrimoni dell’Umanità, che unisce arte contemporanea e scienza, voluto dal collettivo artistico Cose Cosmiche e delle imprese sociali Centro Itard Lombardia e THAT’S CONTEMPORARY, con l’obiettivo di creare una piattaforma culturale che metta in dialogo artisti e scienziati nell’esplorazione dei territori vulcanici. Il dialogo tra arte e scienza diventa attrattore d’interesse e di riscoperta di luoghi consumati dal turismo di massa e d’élite che, se osservati attraverso l’uso delle attuali innovazioni tecnologiche, come le particelle cosmiche invisibili, i muoni, possono regalarci una visione dall’interno, nelle profondità delle sacche magmatiche. “L’inaspettata meraviglia: Immaginare il reale oltre la sua evidenza” è il trait d’union che lega le ricerche scientifiche con quelle artistiche.
Il primo incontro è stato a Napoli dove, da una finestra di Palazzo Fondi, è andata in scena la preview dell’opera dell’artista francese Sophie Usunier. Talking to the universe è una performance in più atti, realizzata grazie al sostegno di Fondazione Nuovi Mecenati, sull’isolamento della vita sulle isole. Mandami le tue parole poetiche per nuovi orizzonti è stato l’invito dell’artista, durante i workshop realizzati nel mese di aprile 2023, rivolto a 60 ragazzi delle scuole secondarie di Lipari e Vulcano. I messaggi per l’universo dei ragazzi sono stati tradotti, in codice Morse, in impulsi luminosi e trasmessi da una barca, durante la performance, nel canale tra le isole di Lipari e di Vulcano, dalla terrazza sul mare del Therasia Resort e dall’Osservatorio Geofisico. “Le persone sono come stelle”, ha detto Widad, mentre Sofia vorrebbe che le persone ascoltassero di più.
Between deep water and heaven, a piece of earth, send me your poetical words for new horizons, nasce da un progetto avviato durante la pandemia che portava a riflettere sui luoghi e su come si attivano le relazioni, rinviando a una comunicazione di confine, che faccia percepire la complicità nel tempo tra realtà isolane.
La prima esplorazione è la passeggiata guidata con esperti INGV – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sul Vesuvio al Gran Cono e la visita all’Osservatorio Vesuviano, il più antico osservatorio vulcanologico del mondo (1841) che per l’occasione ha ospitato la video installazione Vavilon di Riccardo Arena, girata tra le isole Solovski e Stromboli, e le opere sotto forma di tracce ispirate al Viaggio al centro della terra di Verne, di Ignazio Mortellaro.
La seconda tappa è stata l’isola di Vulcano, meta centrale del Festival, raggiunta dopo un viaggio in mare a bordo della Nave Laurana del Gruppo Caronte & Tourist, partner del Festival, in cui ha preso vita la prima parte della performance Therefore the Falling Hazard, del collettivo statunitense The 181 proseguita poi sulla spiaggia delle Sabbie Nere. Questa seconda parte è stata realizzata durante il Crepuscolo nautico: il momento in cui il centro del sole è di 12 gradi sotto l’orizzonte e sono visibili solo i contorni generali o vaghi degli oggetti. Il collettivo americano, composto da Brandon Boan, Abby Donovan, Tom Hughes e Jason Rhodes ha dato vita a una situational composition, come amano definirla gli stessi artisti: «Siamo interessati a una situazione politriangolata di immobilità fisiologica, al limite tra i vulcani, il mare e il cielo. In definitiva, crediamo che in tutto questo ci sia una profonda e strana correlazione, che richiede la nostra indagine e la nostra curiosità, con il simbolo matematico del perciò ؞».
Da una mappa legata al concetto di nomadismo e abitare il mondo, nasce invece il laboratorio di costruzione collettiva Chi ha inventato l’architettura? dell’architetto e scrittore Francesco Careri. Usando dei teli, i partecipanti hanno costruito un’installazione temporanea che invitava a porsi delle domande sul concetto di abitare un luogo di confine, sulle origini bibliche della proprietà privata, Caino e Abele, e sulla buona pratica di “chiedere il perdono e poi il permesso”.
Dopo le interviste incrociate con i protagonisti del Festival è stato proiettato sulla terrazza dell’Hotel Les Sables Noirs il documentario Alicudi: l’isola dove la leggenda è la realtà di Davide Pompejano. Un lavoro antropologico durato sei mesi sull’isola di Alicudi che mostra come le allucinazioni collettive possano essere viste come delle forme di ostilità che si celano dietro le leggende isolane.
Dopo un percorso attraverso i luoghi delle emissioni gassose dell’isola, fonti di energia geotermica, il festival si è spostato in barca al faro di Gelso, per la performance Sea Fist dell’artista Benedetta Panisson. L’artista veneziana, isolana, ha realizzato un’azione performativa sulla relazione sensuale e contrastata tra corpo e mare: «Un pugno penetra ripetutamente la superficie del mare, è un buco di acqua e schizzi». L’acqua vulcanica risponde con bolle di vapore sulfureo: un fenomeno che fa parte di Excess Island, un long term project, tra pratica artistica e ricerca accademica (PhD a Durham University, UK). In Sea Fist, Panisson invita a riflettere sulla nozione di piacere/sessualità “dislocata” dai margini del corpo ai margini del paesaggio, in questo caso il mare, intorno ai corpi.
Protagonista del tavolo tematico “Materie, vulcani e armonie estinte” è il lavoro di Luca Cutrufelli che si divide tra una pratica installativa, realizzata con pietre vulcaniche, ed una pittorica, attraverso il disegno a carboncino. «La scelta di questi due media dipende da diversi fattori, ma al contempo da una ricerca comune che mi porta principalmente ad approfondire gli eventi più drammatici che condizionano l’animo umano e come esso reagisce, come li assorbe e come muta».
Un’altra tappa è stata l’isola di Lipari, prima alla Casa Museo delle Maioliche e poi a Piazza del Mercato con la mostra fotografia diffusa “La forma di un vulcano” di Filippo Romano, realizzata insieme agli studenti del Liceo Scientifico ISA Conti Eller Vainicher. Il progetto si è sensibilmente preoccupato di sviluppare, anche grazie a un allestimento sotto forma di affissioni espositive, una coscienza più consapevole del medium fotografico, come linguaggio del quotidiano, alla luce dell’uso consumistico degli smartphone da parte delle giovanissime generazioni. Una lettura del territorio non retorica attraverso il paesaggio, l’origine vulcanica e la riscoperta della memoria storica dell’arcipelago e delle comunità che vi abitano.
Il Festival si e concluso a Vulcano, nella suggestiva cornice del cratere “La Fossa” con la performance Splendore neolitico, con strumenti neolitici, di Matteo Nasini ed ensemble. Immaginando come potessero essere i primi oggetti sonori dell’umanità, l’artista e musicista, che col suono la costruito la propria poetica, ha selezionato dalle collezioni del Museo di Storia Naturale di Verona alcuni reperti fossili risalenti al Neolitico. Zanne, corna e ossa di animali riprodotte con il procedimento della stampa in 3D sono diventate le sculture sonore in levigata ceramica bianca che hanno dato vita alla suggestiva performance.
Il risultato è un nuovo Neolitico immaginario, fatto da una collettività di dormienti, che sottolinea la propria presenza, con quell’assalto al sonno messo in opera dal capitalismo contemporaneo.
«Le isole sono sempre state elementi di contraddizione – ricorda Pietro lo Cascio in uno dei talk del festival – meta delle peggiori prigioni e delle migliori vacanze». Tommaso Moro in Utopia descrive un’isola- repubblica ideale, immaginifica, a forma di luna crescente, proiettata verso il bene comune, forse una critica alle società contemporanee o un invito a coglierne le potenziali risorse.
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