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Wadi AlFann: come trasformare il deserto di AlUla in una valle di Land Art
Arte contemporanea
di redazione
Per gli artisti della Land Art non ci sono sfide impossibili e anche un luogo considerato estremo per lo sviluppo della specie umana può rappresentare, invece, uno spazio ideale per la realizzazione di un’opera: così, sarà sicuramente stimolante la sfida che aspetta James Turrell, Agnes Denes e Michael Heizer, decani di quel peculiare movimento artistico formatosi intorno alla fine degli anni ’60, invitati a immaginare e realizzare nuovi progetti ad AlUla, nel nord-ovest dell’Arabia Saudita, sulla Via dell’Incenso. Il progetto rientra nell’ambito di Wadi AlFann, il programma che, con il placet del principe ereditario Mohammed bin Salman Al Saud, intende trasformare il deserto saudita in una “Valle delle arti”.
E si sa che da quelle parti ormai si gioca sul serio: con un budget da 15 miliardi di dollari – far fiorire una valle dell’arte nel deserto è un miracolo da realizzare a suon di quattrini – il programma è infatti curato da Iwona Blazwick, ex direttrice della Whitechapel Gallery di Londra, nel suo nuovo ruolo di presidente della Royal Commission of Public Art di AlUla. Quello che potrebbe sembrare uno sbilanciamento a occidente, però, è sfumato dalla partecipazione al progetto di due artisti sauditi, Manal AlDowayan e Ahmed Mater, già conosciuti all’estero: la prima ha esposto a Parigi, negli Stati Uniti e ha partecipato anche alla Biennale d’Arte di Venezia nel 2011; del secondo, che nel 2003 è stato tra i cofondatori di “Edge of Arabia”, un’iniziativa artistica dedicata alla promozione dell’arte e della cultura araba contemporanee, il British Museum ha acquisito diverse opere per la sua collezione.
Tutte le opere d’arte saranno esposte su un’area di 65 chilometri quadrati e dovrebbero essere presentate entro il 2024. L’inaugurazione sarà accompagnata da un programma pubblico che includerà performance e tour attraverso la valle. L’obiettivo del progetto è commissionare da 20 a 25 opere d’arte permanenti nel corso di 10 anni, a fare da contrappunto a “Desert X AlUla”, la Biennale del deserto che presenta opere d’arte temporanee (qui le foto dell’ultima edizione).
Denes, conosciuta per le sue opere dal grande impatto poetico, come il campo di grano coltivato nel pieno centro di Manhattan, esporrà una sequenza ascendente di piramidi a punta, nel tentativo di esplorare il concetto di civiltà e le idee di progresso. Heizer, famoso per la produzione di grandi terrapieni ma anche di “scavi”, come Double Negative, una trincea lunga 535 metri e profonda 15 scavata sul fianco di una montagna nel deserto del Nevada, creerà incisioni nella roccia arenaria, pertinenti alla geologia dell’area. Infine, i visitatori del deserto potranno provare una straniante esperienza dello spazio e del colore, attraversando i tunnel e le scale, alloggiati nel fondale di uno dei canyon, di uno dei famosi Skyspaces di Turrell, maestro dei paradossi percettivi.
«Questo non è un parco di sculture», ha detto Blazwick, che ha anche evidenziato come l’asse geopolitico dell’arte contemporanea si sia spostato. «Ogni opera deve resistere alle potenti forze di vento, sabbia», ha continuato, aggiungendo che le opere saranno coinvolgenti ed evocheranno «Una sorta di spiritualità secolare», che contribuirà ad arricchire le storie delle comunità della Regione.