Guardo fuori dalla finestra che incornicia il desk del mio computer e vedo cielo e case, nuvole e terrazze. Finestre, persone, sole e pioggia. Mi è spontaneo pensare a BienNoLo un’esperienza che, tra complessità e pandemie, elezioni e lenti risvegli, ri-apre all’arte una specifica porzione di Milano. Senza compromessi o kermesse fieristiche, perché racconta, come esprime il suo titolo – “Nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus” – l’urgenza di far risuonare la terra con il piede libero.
A noi la bellezza e la difficoltà di riabituarci a questa libertà, quasi rubata ad un tempo digitale, perché BienNoLo, oltre ad essere un’opportunità gratuita e aperta a tutti, rappresenta un percorso inedito dentro gli spazi di vita e di comunità che, dai garage ai cortili, dai giardini alle edicole, dai muri ai pannelli pubblicitari, dalle strade ai negozi e studi, restituisce attraverso la manipolazione dell’arte, una porzione di vita e di urbanità. BienNoLO ha chiesto infatti di muoversi a piedi o con i mezzi pubblici – accompagnati da un’apposita mappa di Untitled Association che è parte stessa del progetto – tra strade e piazze milanesi (con il cuore a Nolo ma sconfinamenti sempre più larghi) con la proposizione di entrare in contatto con l’inaspettato dell’arte nella vita. La vita quotidiana, lavorativa, frettolosa e spesso faticosa, quella privata e quella pubblica, quella personale e quella sociale. A fare ciò in realtà non è BienNoLo ma un numero straordinario di artisti (oltre 50, si veda qui), coinvolti nel progetto con opere site specific o place specific.
Artisti, nati dagli anni ‘40 agli anni ’90, che rappresentano – in maniera inaspettata e felicemente fuori tendenza – almeno 3 generazioni attive su pratiche e ricerche diverse, accumunati in questa esperienza dal desiderio di contribuire, secondo modalità singolari, alla seconda edizione di BienNoLo. Alla guida della manifestazione, come nel 2019, con ArtCityLab, l’energia e la multidisciplinarietà di Carlo Vanoni e le esperienze di Gianni Romano, Rossana Ciocca e Matteo Bergamini: visioni distinte che trovano percorsi di verifica in un processo integrato di cura che è inaspettato per gli esiti e per l’apparente leggerezza con cui pone il farsi e il disfarsi di domande e riflessioni.
La conferenza stampa e l’opening di BienNoLo, in giornate tra sole e pioggia, sono state cariche di energia e di incontri, piene di aspettative e, come non succedeva da lungo tempo, di sconfinamenti e narrazioni. E poi ogni giorno un calendario di attività e di aperture, studi di artisti e laboratori, performance, proiezioni e musica che possiamo percorrere sino al 10 ottobre. Ma BienNoLo 2021 non è solo, di grazia, un “evento”: se necessariamente perderemo il lavoro di Bianco & Valente sul balcone della casa privata al numero 1 di via Oldrado da Tresseno (installazione di fiori che compone la scritta “ditelo con la vita”), questa edizione ha realizzato perturbazioni e tracce di grandi e piccole dimensioni immaginate per restare in dialogo nella città e con i suoi abitanti, come per le opere site specific di Luca Pancrazzi, Flavio Favelli, Raymundo Sesma, Enzo Umbaca, Maurizio Canavacciolo e, a Busto Arsizio, Andrea Nacciariti (presso la ciminiera di Reti, partner del progetto, visibile nottetempo). In questa logica, puntuto e intrigante, proprio per l’ambiguità che trasmette, il déturnement di Giulio Alvigini che, sopra l’edicola di piazza Morbegno, ci segnala a chiare lettere “wake me up when biennolo ends”
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