Che cosa voglia dire fare pittura oggi se lo chiede Enrico Antonello, che si è aggiudicato la decima edizione del Premio Cramum. L’opera Words. Are just words? riflette i tre aspetti principali, e ricorrenti, della sua ricerca: luce, suono e moto. Antonello, con chiari con riferimenti estetici e funzionali – rintracciabili nelle correnti architettoniche del Decostruttivismo e del Brutalismo – lscardina a bidimensionalità e l’uso del mezzo espressivo che le è proprio scegliendo di lavorare con materiali che non sono stati fabbricati per la pittura. La decontestualizzazione, evocativa del ready-made Duchampiano, concorre, insieme all’utilizzo di microcontrolliori, allam costruzione di una dimensione anche temporale e sonora fruibile in maniera del tutto analogica.
Insieme alle opere degli altri finalisti – Mattia Barbieri, Giulio Boccardi, Gisella Chaudry, Edson Luli, Simone Mazzoleni, Monica Mazzone, Guido Mitidieri (terzo classificato), Caterina Roppo e Betty Salluce (seconda classificata) – e a quelle di Francesca Piovesan, Artista Maestra dell’Anno, fuori concorso, che vinse il premio nel 2015, Words. Are just words? è ora esposta nella mostra Eroi?, curata da Sabino Maria Frassà e ospitata e co-promossa da Campus Reti cuore della Reti SpA, B Corp del settore dell’IT Consulting e società benefit quotata su Euronext Growth Milan.
Bruno Paneghini, Presidente e Amministratore Delegato di Reti S.p.A. si dichiara «orgoglioso di ospitare le opere di queste giovani promesse del panorama artistico contemporaneo, arricchendo così ulteriormente gli spazi del Campus e il territorio. Sarà, infatti, un’occasione per far vivere queste opere attraverso la contemplazione e la libera interpretazione del pubblico, invitandoli a inediti e stimolanti spunti di riflessione». E a proposito di riflessioni, Frassà, si chiede «è l’artista contemporaneo l’eroe che affronta i nuovi draghi e orchi del XXI secolo, ovvero terrorismo, estremismo, guerra, cambiamento climatico, precarietà, miseria e la condanna alla vecchiaia?».
«Per capire chi sia l’eroe oggi è fondamentale analizzare l’arte e la cultura del nostro tempo. Sin dall’origine dell’umanità, l’esistenza dell’eroe è funzione della comunicazione e divulgazione, senza le quali esso non esiste. Lontani dall’ottimismo e dal boom degli anni ‘50 e ‘60, le nuove generazioni di artisti si muovono tra un forte individualismo e una diffusa crisi, non solo valoriale. Difficile la vita dell’artista contemporaneo: se ogni singolo essere umano è misura di tutte le cose, l’artista “professionista” non può che rappresentare se stesso o proiezioni di sé e chiedere al cliente – collezionista – di condividere e acquistare tale concezione. Dal momento che piacere per ciò che si è è miraggio per i più, l’artista vive in continua lotta tra l’essere autenticamente se stesso e l’essere capito-acquistato. Trattare la rappresentazione dell’eroe ha quindi oggi a che fare con questa sublimazione-celebrazione di sé stessi da parte degli artisti», prosegue il curatore.
Esistono dunque artisti eroi? «Non credo negli artisti eroi. Credo nella necessità che spinge le persone a non smettere di cercare un modo per esprimersi e rinnovarsi, per poter sopravvivere al mondo», sostiene Francesca Piovsan che con le sue opere – dieci sono quelle in mostra – racconta la fame di sapere e indaga tanto la fragilità quanto complessità del mondo attraverso le impronte, ritagliate e infinitamente composte su vetro e carta, lasciate dai corpi nello spazio.Come a chiedersi cosa siamo se non ciò che lasciamo non solo ai posteri ma anche nell’ambiente che ci circonda.
E chi è dunque l’eroe? Se la risposta di Frassà è certa, ovvero, «l’eroe della contemporaneità coincide sempre più spesso con la narrazione di chi sopravvive piuttosto che di chi si sacrifica», con Enrico Antonello la risposta non è una risposta, ma un archivio di tutto ciò che è nato e nascerà da questo quesito. Le parole, del resto, sono soltanto parole?
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