03 agosto 2019

Al Musée d’Orsay, una mostra dedicata al soggetto di colore nell’arte

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Opera in mostra al Musee d'Orsay

Ha recentemente chiuso, al Musée d’Orsay, “Le modèle noir, de Géricault à Matisse”, mostra dedicata al tema del soggetto di colore nell’arte e nella società. L’esposizione ha fatto registrare 500mila visitatori in soli quattro mesi. Risultato non scontato, soprattutto in Francia, dove un argomento del genere ha sempre avuto difficoltà a imporsi contro i pregiudizi ricorrenti.

Nel percorso della mostra al d’Orsay, uomini e donne africani sono immortalati in 300 fotografie, pitture, manifesti dalla fine dell’Ottocento fino agli anni ’40, per mano di celebri artisti francesi, dai bozzetti de La Zattera della Medusa di Géricault alla Dame à la robe blanche di Matisse. Attraverso l’arte, l’antropologia e la sociologia, i numerosi visitatori hanno rivissuto le ombre della prima abolizione della schiavitù dopo la Rivoluzione francese e della seconda nel 1848 durante la Seconda Repubblica.

Parigi è la seconda tappa della mostra iniziata a New York sull’art noir, questione mai affrontata prima che, a sorpresa, ha attirato non solo i frequentatori abituali del museo parigino ma anche i “primo-visiteurs”, un pubblico giovane (tra i quali tanti Afro-americani).

Ci accoglie il ritratto di una donna nera a petto nudo proveniente dal Louvre, della pittrice ottocentesca Marie-Guillemine Benoist. Il titolo originario del dipinto con una donna vinta ma orgogliosa era Portrait d’une négresse, al quale le curatrici hanno aggiunto un altro titolo più adatto ai nostri tempi, Portrait de Madeleine. Notevole lavoro di “re-scrittura” dei titoli delle opere da cui sono stati tolti termini come negre per una connotazione moderna a opere realizzate in periodi storici diversi.

Marie-Guillemine Benoist, Portrait d’une femme noire

La scelta  della mostra dimostra quanto il Musée d’Orsay sia un luogo di evoluzione dove si dà un’identità a modelli denigrati e secondari, al punto da fornire per ogni donna o uomo ritratto un cartello aggiuntivo con la biografia e il loro vero nome. Lungo il percorso cronologico della mostra, nutrici, schiavi e domestici anonimi sono sostituiti da acrobati neri dei circhi di fine Ottocento (come l’Acrobata nera Miss Lala di Degas).

Peccato non aver potuto ammirare l’enorme tela La Zattera della medusa il cui naufrago nero Joseph che sventola un panno viene ampiamente descritto nei testi di sala. Lo studio maniacale su questo modello di Géricault ci rivela il suo appoggio e sensibilità all’abolizione dello schiavismo. La bella musa mulatta e amante di Baudelaire, Jeanne Duval, si impone nella mostra con il suo ritratto per mano di Manet. Il poeta Baudelaire si cimentò nel suo ritratto come mostrano i disegni esposti insieme a quelli di Matisse delle poesia Fleurs du mal e le foto di Nadar. L’Olympia di Manet è visibile fin dall’inizio del percorso espositivo attraverso una apertura rettangolare che dà sulla stanza in fondo alla prima sezione: un invito appena entrati! Perché l’Olympia? A destra della cortigiana bianca, una domestica nera le porge un bouquet di fiori.

Édouard Manet, Jeanne Duval, 1862

La “bella nera” Laura poserà anche per un altro quadro qui esposto in qualità di nutrice. L’opera di Manet fa scandalo ieri e oggi, ma non per la presenza della donna di colore, bensì per la figura della prostituta: la cortigiana di alto bordo esisteva nel Secondo Impero, ma non certamente nei quadri dei Salons. Bellissimo l’approfondimento in parallelo sulla figura dell’Olympia in altre opere delle nuove generazioni di artisti impressionisti e fauvisti. Prestigiose copie e variazioni di questo tema anche ironiche come quelle di Cezanne o quella di Gauguin.

Altro tema della mostra è come gli artisti parigini del XX secolo riprendono e scoprono l’arte statuaria africana. Per fortuna non sono in mostra maschere africane troppo scontate e riviste in tutte le mostre che propongono un confronto tra le avanguardie europee e le arti primitive.

Un’altra mutazione con l’identità nera nel XX secolo è spiegata nella mostra attraverso quadri di Picasso, Matisse e Cezanne, che si interrogano su un’arte primitiva con lo scopo di rinnovarsi e di provare nuove scritture. Storia poco conosciuta, la mostra è consapevole della persistenza ancora oggi di forti pregiudizi nei confronti di altre etnie, ma è segno di un cambiamento di mentalità. Pecca certamente nel fornire una lettura definitiva e esaustiva sul tema che non lascia spazio al visitatore a proprie interpretazioni,ma sicuramente non darà il via a nuove mostre sul binomio bianco/nero nella storia dell’arte.

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