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Bellezza ideale o naturale? La scultura di Lorenzo Bartolini in mostra a Milano
Arte moderna
di Ugo Perugini
Dal 25 settembre al 16 febbraio 2025, è visitabile a Palazzo Rovati, in corso Venezia, 52, a Milano, la mostra Il volto e l’allegoria. Sculture di Lorenzo Bertolini, curata dallo studioso Carlo Sisi. Bellezza ideale o bellezza naturale? il grande scultore toscano Lorenzo Bartolini (1777-1850), apprezzato anche da Napoleone e dal suo entourage, trova nel Purismo la soluzione del dilemma. Supera il classicismo davidiano e canoviano per avvicinarsi alla poetica del naturale.
Abbandona un certo classicismo ideologico e programmato per accostarsi alla contemplazione della natura cioè al vero, recuperando e dando valore al gesto spontaneo e casuale non ieratico o simbolico. Ma con un limite che evita di superare. Il corpo (soma) può essere rappresentato senza troppi filtri ma il volto (speranza) resta esclusivo portatore di ideali che vanno preservati, lontano dai messaggi che arrivano dalla plebe e dal suo desiderio di riscatto sociale. Nell’epoca della Restaurazione, in altri termini, va difesa la stabilità sociale, ricorrendo anche a un’idea paternalistica e romantica, prima che irrompano certe istanze rivendicative che scaturiranno dai movimenti del ’48.
Una delle opere più significative di Bartolini che troviamo nel Piano Nobile di Palazzo Rovati è la Carità educatrice che – lo diceva lo stesso artista – ha un “valore politico” poiché la madre, mentre stringe al petto il figlio più piccolo, incita quello più grande – che ha un gesto del corpo inaspettato con la gamba appoggiata in modo indolente – a studiare, indicando con il dito il cartiglio che deve leggere. Insomma la scultura ha un valore allegorico utile a far comprendere come lo studio, la cultura sia uno strumento necessario per l’emancipazione della persona, secondo il modello del “governo di famiglia” dei Lorena.
Lorenzo Bartolini è anche quello che possiamo definire un intellettuale a tutto tondo. Il suo atelier era un salotto, un circolo, dove si discuteva, si ascoltava e si faceva musica (Bartolini suonava il violino e si esibiva anche in concerti con i suoi amici), si disquisiva di estetica e di sentimenti. E le donne avevano un loro ruolo importante. Nello Spazio Bianco di Palazzo Rovati, si è voluto quasi ricreare questa atmosfera salottiera con l’esposizione di diversi busti femminili in dialogo tra loro. In questi lavori non si può non notare, accanto all’attenta analisi psicologica dei volti delle donne ritratte (tra le altre, una moglie di banchiere, una duchessa, una principessa e la stessa moglie dell’artista), l’accuratezza delle riproduzioni delle loro capigliature. Anche qui, Bartolini riprende con estrema attenzione i particolari delle acconciature non tanto per un gusto mondano o esibizionistico quanto perché anche quelle sono espressioni dei tempi in cui vive e lui vuole poterne cogliere il senso.
Insomma, la sua idea è che «In natura tutto è possibile e può essere accettato»: la famosa stele del Gobbo (1843 a Palazzo Pitti) conferma più di ogni altra cosa questa sua idea del purismo, che si rifà ai primitivi, ai preraffaelliti, a Pietro Perugino, lontana dall’idea di bellezza classica al modo di Canova. Basti pensare al suo monumento domestico della Fiducia in Dio, commissionato dalla marchesa Trivulzio Poldi in ricordo del marito, che non doveva essere un mausoleo – «Nulla di fastoso e lugubre» – ma simbolo della speranza. E Bartolini realizzò la figura ispirandosi a una fanciulla che, dopo aver posato nuda, si era seduta in ginocchio con le mani in grembo: «Le gote della fanciulla si accesero di pudore, i suoi occhi neri parlarono al cielo: era la preghiera personificata in tutto il suo più bello reale». Queste le parole dello stesso scultore.