È un leggero, forse superficiale, spiazzamento quello avvertito dal visitatore medio che si addentra nella mostra sull’esperienza toscana di Bernardo Bellotto (1722-1780): la luce cristallina, le piccole figure nitide, le prospettive allungate e, sopra ogni cosa, il cielo dal colore intenso e gessoso che illustrano (nella percezione più frequente) le vedute meno convenzionali di una Venezia settecentesca o i paesaggi mitteleuropei di Dresda, Vienna e Varsavia, illuminano questa volta le città toscane di Firenze e Lucca. Qui anche il visitatore meno accorto potrà rendersi conto, in seconda battuta, del valore principale della mostra in corso alla Fondazione Ragghianti e visibile fino a gennaio. Bernardo Bellotto 1740. Viaggio In Toscana, a cura di una studiosa del calibro di Bożena Anna Kowalczyk, è infatti il risultato di una ricerca accurata che, come accade sempre più di rado nella dinamica degli eventi attorno ai grandi nomi, ha nell’esito espositivo una ragione e una prospettiva di rilievo scientifico.
Sul talentuoso e celebrato vedutista, protagonista del Settecento veneziano, forse appare arduo poter aggiungere qualcosa che non sia già stato oggetto di pubblicazioni, ricerche ed esposizioni tematiche. Ma il passaggio di Bellotto in Toscana nei mesi estivi del 1840, la rete di relazioni con mecenati e artisti, le prime esperienze dell’artista fuori dalla diretta area di influenza di Canaletto (che gli era zio per parte di madre) si intrecciano in questa mostra, e nello studio che la sostiene, per evidenziare alcuni aspetti ancora poco noti della storia dell’arte, della vicenda artistica di Bernardo Bellotto e dei fitti scambi intercorsi tra antiquari, collezionisti, agenti nell’Italia del XVIII secolo. In primo luogo, il soggiorno toscano risulta determinante per la formazione stessa di Bellotto, che quando si reca a Firenze ha appena diciotto anni, e per il suo inizialmente lieve ma determinato distanziarsi dalla scuola dello zio. Poi, seguendo un’indagine che si svolge lungo la ricca documentazione d’archivio (esposta e pubblicata nel catalogo) emerge anche la vivacità di una scena culturale toscana impegnata a promuovere il vedutismo sulle rive dell’Arno (e che singolarmente sceglie di farlo con un nome, al tempo, minore rispetto a quello di Canaletto, il che proverebbe quanto fosse già riconosciuto il talento del giovane Bellotto).
Sfilano così le tele (sei più alcuni disegni) in cui Bellotto ritrae una Firenze caliginosa, affollata di pochi tricorni e molti popolani, lungo le banchine del fiume, sui ponti e nella quasi immutata Piazza della Signora qui ritratta secondo una prospettiva quasi inedita al tempo con il Palazzo Vecchio frontale rispetto all’osservatore. La visione contestuale di queste opere (provenienti da collezioni private e importanti musei italiani e europei) contribuisce a delineare quegli elementi di impostazione prospettica e stile che marcano l’autonomia artistica di Bellotto. Al cuore della mostra regna la visione della Piazza San Martino a Lucca, un olio su tela di modeste dimensioni, che qui viene messo in relazione con cinque disegni realizzati per altrettante vedute della città e conservati alla British Library a Londra.
Fino al 6 gennaio 2020
“Bernardo Bellotto 1740. Viaggio in Toscana”
mostra a cura di Bożena Anna Kowalczyk
Fondazione Centro Studi Ragghianti
Complesso monumentale di San Micheletto
Via San Micheletto 3, Lucca
Info: info@fondazioneragghianti.it | tel. +39 0583 467205
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