Antonacci Lapiccirella Fine Art nasce dalla fusione di due storiche gallerie, rispettivamente con sede a Roma-Londra e a Firenze, che sono state importanti punti di riferimento del collezionismo italiano ed internazionale sin dagli inizi del Novecento. Francesca Antonacci, quarta generazione di antiquari, ha avviato la sua attività in un cortile di via Margutta a Roma ed è specializzata in arte neoclassica, dipinti del “Gran Tour”, sculture ed oggetti d’arte del XVIII e XIX secolo. Damiano Lapiccirella ha iniziato a lavorare a Londra nel 1978. Una volta tornato in Italia, è subentrato nell’attività di famiglia ed ha aperto, a sua volta, la propria galleria specializzata in dipinti e disegni antichi. Nel 2012 si è stabilito a Roma dove insieme a Francesca Antonacci ha creato la Francesca Antonacci Damiano Lapiccirella Fine Art.
Come mai avete deciso di mettervi in società?
«Dopo circa trent’anni anni di amicizia e di collaborazione professionale siamo divenuti soci e compagni di vita e la nuova famiglia si è riunita a Roma».
Qual è la vostra mission?
«In prima battuta la ricerca, lo studio e l’approfondimento delle opere d’arte che trattiamo, puntando sempre alla massima qualità. Molta attenzione la dedichiamo ai Grandi della storia dell’arte, ma anche alla ricerca degli artisti dimenticati – alcuni dei quali di notevole interesse – da riportare “in luce”. Essere riconosciuti per il nostro originale gusto nella scelta delle opere che proponiamo ci rende orgogliosi».
Il vostro catalogo di opere e artisti quale periodi storici comprende?
«Il nostro periodo di competenza va dal Neoclassicismo fino al primo quarto del ‘900, ma se ci imbattiamo in un’opera del ‘600 o in un’opera contemporanea che ci colpisce per qualità e soggetto, la compriamo senza esitazione. La cosa importante per noi è che ogni singola opera ci trasmetta un’emozione che desideriamo condividere con i nostri clienti».
Come mai la scelta di coniugare l’arte antica con quella moderna e contemporanea?
«L’arte è sempre stata contemporanea ed è l’espressione del momento che viviamo. Le opere d’arte di qualsiasi secolo dialogano tra loro, basta saperle scegliere e collocare con sapienza».
Quante mostre l’anno organizzate in galleria?
«Sono numerose le mostre che abbiamo organizzato in galleria nel corso degli anni, molte delle quali dedicate agli artisti attivi tra le due guerre come Ercole Drei, Attilio Selva, Libero Andreotti e Galileo Chini. Tra tutte inoltre ricordiamo la mostra dedicata ai fratelli Michahelles, in arte Thayaht e Ram: il Mart di Rovereto, dopo pochi mesi dalla nostra esposizione, ha dedicato un’antologica a Thayaht, esponendo alcune delle nostre opere. Tra le altre personali, quelle di Afro e Ippolito Caffi. Tra le singole esposizioni, quella dedicata al magnifico disegno ritrovato di Gian Lorenzo Bernini, Angelo con la croce, del 1668 circa, preparatorio per l’Angelo con la croce di Ponte Sant’Angelo a Roma. Nel 2020, oltre a Tefaf Maastricht stiamo valutando di partecipare a Frieze Masters a Londra».
Fate più vendite in galleria o in fiera?
«La galleria, nel corso degli anni, ha acquisito una clientela internazionale mediante la nostra partecipazione alle fiere, che si è andata ad aggiungere ai nostri storici clienti italiani: possiamo dire che la percentuale delle vendite è divisa al 50% tra fiere e galleria».
Quali sono le opere più interessanti per rarità di autore, storia, aneddoti che avete venduto negli ultimi anni? E tra quelle attualmente disponibili?
«Nella nostra lunga carriera abbiamo molti aneddoti legati a opere da noi comprate e valorizzate, si potrebbe scrivere un libro! Per esempio, pochi giorni fa abbiamo partecipato all’inaugurazione di una bellissima mostra alla National Gallery di Washington dedicata alla pittura “en plein air” dal 1780 al 1870, dove la parete centrale era dedicata a quattro opere da noi ritrovate dopo anni di oblio, rivalutate e cedute a un importante collezionista. Ultimamente abbiamo avuto l’opportunità di ‘scoprire’ un dipinto di Antonio Canova, ‘L’autoritratto di Giorgione’, l’ultimo ancora in mani private, eseguito su commissione del suo mecenate, il principe Abbondio Rezzonico, di cui abbiamo curato la pubblicazione con lo studio storico-artistico di Fernando Mazzocca».
Qual è lo stato di salute del mercato dell’arte antica in Italia? E all’estero?
«Il mercato dell’arte antica è sempre stato in salute, il gusto è cambiato rispetto all’epoca dei nostri padri, ma il comun denominatore per i nostri clienti e in generale per i collezionisti “di un certo livello” è la ricerca della qualità, dello stato di conservazione, della provenienza. Mai come in questo momento storico l’arte ha raggiunto – all’estero come in Italia – valori e requisiti davvero importanti».
Avete più collezionisti italiani o stranieri? In quest’ultimo caso a quali Paesi appartengono?
«I nostri clienti sono prevalentemente stranieri: l’anno scorso a TEFAF Maastricht abbiamo venduto a collezionisti di numerosi paesi tra cui Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda, Germania, Svizzera, Turchia, Canada, Stati Uniti e Cina».
Quali effetti ha già prodotto o temete che produca la Brexit?
«Sulla Brexit crediamo che neppure il popolo inglese sappia quali saranno le conseguenze, troppo presto, per fare qualsiasi previsione».
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