Categorie: Arte moderna

Dalla parte del drago # 11- Orecchio da mercante e altri dettagli

di - 1 Giugno 2021

Molti mercanti d’arte non hanno resistito e per amore degli artisti (o per paura dell’anonimato) si sono fatti ritrarre e hanno per loro posato. Così oggi ne conosciamo i volti e ragioniam di loro con immagini ben precise delle loro caratteristiche fisiche: dagli orecchi divenuti gergo all’occhio svelto, attento alla penna e soprattutto al pennello. Ambrosie Vollard fu mercante di importanti fuoriclasse come Marc Chagall, Pablo Picasso, Georges Rouault e Vincent van Gogh, ma a noi è visivamente noto come Paul Cézanne l’ha presentato: in camicia bianca, con elegante papillon, e un abito delle stesse tinte del Mont Saint Victorie. Con la fronte alta, già pronta per la piazza, e il libro nella mano destra, è intento nella lettura e appare dotato di grande intelligenza.

Paul Cézanne, Portrait of Ambroise Vollard, 1899, Olio su tela, 120,5×101,5 cm

Anche Pierre-Auguste Renoir lo ritrasse almeno tre volte: nel 1906 con la bandana e i baffi da tricheco lo fa risultare molto assorto e contemplativo. Due anni dopo appare appesantito ma sempre fiero ed elegante, intento a osservare un piccola scultura di nudo femminile. Con scuro copricapo e abito che par da torero ci viene dato infine al terzo tentativo: seduto su una chaise-longue comoda e curvata, con pantaloni a tre quarti e mocassini in vista, ha la barba curata e ci osserva con sfida.
Léopold Zborowski fu ritratto tre volte da Amedeo Modigliani che nel 1916 lo fece sedere vestito di marrone. Le mani sono giunte nell’attesa e la testa naturalmente alta sporge dal colletto bianco della camicia. L’orecchio destro è piatto ma si nota bene, mentre gli occhi piccoli si scorgono meno sotto le simmetriche sopracciglia ad ali di gabbiano. I capelli sono messi di lato e la barba è ben tracciata, ma l’espressione sembra di noia, come quella di chi non ama farsi mettere in posa.

Amedeo Modigliani, Ritratto di Léopold Zborowski, 1916, Olio su tela

Leo Castelli ha diverse varianti di colore con Andy Warhol e le sue serigrafie. Indossa giacca e cravatta di circostanza, con la testa appena inclinata, il mento a punta e l’aria interrogativa. L’orecchio a sinistra sporge bene e gli occhi sono evidenziati proprio perché devono servire.

Andy Warhol, Leo Castelli, 1975, Synthetic polymer and silkscreen inks on canvas, 101,6×101,6 cm

A proposito d’orecchi: Alfred Courmes ritrasse Peggy Guggenheim con due orecchini diversi che forse erano quelli di Tanguy e di Calder, come leggenda vuole, per dimostrare imparzialità nella selezione. Indossa una maglia a maniche corte con una fantasia a scacchi sui toni del rosso, dell’arancio e del bianco, e compare seduta difronte a una baia rocciosa dove sta parcheggiata una cabriolet alla moda. Sembra seria e composta, anche se fra le nuvole finisce la sua testa.
Joseph Duveen fu forse ritratto da Abraham Mintchine su sfondo rosso, ma conoscendo la sua storia e i grandi colpi, probabilmente non ebbe molto tempo da dedicargli. E anche nel sicuro dipinto di Isaac Israëls appare fumante, impaziente e in attesa trepidante. Con l’altra mano in tasca e lo sguardo severo, ha delle orecchie importanti e un naso preciso. Dei baffi a triangolo coprono la bocca carnosa e ne rendono più vero il volto decisamente legnoso.
Paul Durand Ruel fu grande promotore della scuola di Barbizon e fu tra i primi a credere nella tecnica dell’impressione. Nel 1910 Renoir lo ritrasse con un pesante cappotto semi-sdraiato su un divano rosso. Canuto e con l’occhio assonnato, pare sognante o forse semplicemente stanco di comprare opere d’arte, ma del resto venne colto in quel particolare momento e subì la stessa sorte di tutto il resto.
Con più d’una sfaccettatura appare Daniel-Henry Kahnweiler per Pablo Picasso e la sua atmosfera cubica. In posizione frontale, con lo sguardo rivolto allo spettatore, anche lui ha le mani giunte e gli occhi pesanti ma le orecchie risultano assenti, forse coperte dai capelli gonfi. Al suo fianco sta una borsa che pare un lingotto e fa ben sperare per un solido guadagno.
Dudley Williams fondò la Williams & Everett nel 1855 e fu mercante di Jean-Baptiste Camille Corot e tanti artisti americani a noi meno noti come George Hitchcock, Albert Bierstadt e Henry Bacon. Nella gallerie dei ricordi appare grazie a Hubert von Herkomer che nel 1883 lo fa stagliare bene dal fondo scuro, con il collo della camicia alto e bianco, secondo la moda del tempo. Le labbra sottili sono chiuse e le orecchie sono più grandi del normale, o almeno così a me piace vedere. I capelli non sono molto in ordine ma con lo sguardo trasmette orgoglio e determinazione.

Édouard Manet, Ritratto di Théodore Duret, 1868, Olio su tela, 46,5×35,5 cm

Di Lazare Duvaux, nato nel 1703, non conosco la fisionomia ma lo inserisco in questa lista per aver avuto tra i suoi clienti persino Madame de Pompadour e per esser passato alla storia come il primo mercante a vendere opere d’arte e curiosité.
Mentre Théodore Duret mi colpisce perché amava farsi immortalare in piedi, come nel 1883 da James McNeill Whistler o cinque anni dopo da Eduard Manet. Per quest’ultimo sta in abito scuro e si aiuta con un bastone, ergendosi di fronte a un piccolo sgabello ligneo che regge una brocca di cognac e un bicchiere. Dal taschino della giacca esce abbondante un fazzoletto e con la mano sinistra regge il guanto che ha sfilato dall’altra anzitempo. Sulla testa domina un cappello scuro che si ferma sulla fronte per mostrare l’orecchio curvilineo e sporgente. I baffi, la barba e le sopracciglia sono di un nero corvino e l’espressione è quella di chi ha letto molto, come suggerisce il libro a terra, malconcio. Lo sguardo obliquo e intimo appare appesantito e perplesso, come se la palpebra gli stesse cadendo. Così come il sipario, su questo sentito racconto.

Nicola Mafessoni è gallerista (Loom Gallery, Milano) e amante di libri (ben scritti). Convinto che l’arte sia sempre concettuale, tira le fila del suo studiare. E scrive per ricordarle.
IG: dallapartedel_drago

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