21 febbraio 2021

Dalla parte del drago #4: Oh My God

di

Dipingere "Lui", ma come? Benedicente, creatore, incoronatore, protettore, sofferente o concentrato? Brevissimo viaggio nella storia dell'arte alle prese con il tema dei temi: il Dio Onnipotente

Gino De Dominicis, D'IO, 1971, Stampa tipografica su carta

Dipingere l’invisibile, quindi lui, l’onnipotente. Ma come? Conviene immaginarselo saggio il nostro Dio, ed ecco che tutti lo ritraggono piuttosto anziano e grigio. Generalmente benedicente, creatore, incoronatore o protettore. Quello di Bernardino Luini appare in gloria, con la barba bianca e i capelli dello stesso colore, con la riga in mezzo e qualche riccio al vento. Se ne sta a braccia aperte e indossa un abito rosso al di sotto di un mantello scuro fatto a sacco, che copre il resto. Appare in cielo circondato da nubi e angioletti dalle teste alate. Ovviamente giù guarda, per fortuna nostra.

Domenico Beccafumi, San Michele (particolare) 1530 ca. Olio su tavola 348×225 cm

Le gambe compaiono invece in quello di Domenico Beccafumi, al quale si vedono anche i piedi. I capelli sono corti e grigi ma qui Dio è ricoperto da un grande drappo rosso e pare persino infuriato. Sotto la mano sinistra regge il globo, mentre la destra è ben pronta a ordinare di scendere agli inferi all’Arcangelo Michele. In controluce il suo Dio miete proprio paura e noi, come gli angeli, restiamo tutti in attesa. Senz’altro colto in un momento diverso è il Dio Padre di Cima da Conegliano, conservato al Courtauld Institute di Londra, che sembra con le nuvole fare a maglia. Il cielo è turchese alle spalle e lui è vestito di un bel verde. Un mantello lo ricopre parzialmente e con la solita barba folta e il capello lungo inspira pace e un mood tranquillo. E’ davvero buono questo, e molto umile, soprattutto se lo paragoniamo a quello incredibilmente agghindato di Albrecht Dürer nell’Adorazione della Santissima Trinità, con la corona imperiale che ne evidenzia la vanità.

Bernardino Luini, Madonna con Bambino tra San Sisinio, San Martirio e Sant’Alessandro (particolare) 1525 Scomparto di polittico 224×118 cm

Benedicente è il Dio padre di Luca Cambiaso, veramente molto anziano, con i capelli radi e presenti solo ai lati, che vien da chiedersi: ma già che crei il mondo intero, non puoi pensare a una ricrescita che funzioni davvero? Comunque sia pare un po’ perplesso e abbacchiato, nonostante il suo gesto sembri più un “evviva” che una benedizione, come a voler dire: ho inventato un nuovo stile! Ma il cubismo verrà lanciato dopo qualche secolo e avrà un altro leader. Presente all’Annunciazione di Recanati lo ritiene Lorenzo Lotto, al quale Maria pensa bene di volger le spalle per guardar me spettatore. E par proprio dire: “Oh signore!”. Forse è solo impaurita come il suo gatto, che se la fila. Ma, cara Maria, noi non possiamo farci nulla e il Padreterno esce da una nuvola vestito di rosso e ha le mani giunte, come quelle di chi si tuffa: il viso è concentrato, i capelli non sono molti e la barba è a punta. Ma riecco ancora Dio comparire tra un nuvolo di serafini e raggi, con la capigliatura e la barba simmetrica, nella pala di San Francesco a Fabriano, per mano di Carlo Crivelli. Persino le corone che tiene in mano sono due: una va a Maria, l’altra al figlio Gesù. Il mantello è più scuro, preziosamente bordato, il viso è reclinato, l’espressione ferma e tutto è perfettamente calcolato. Non trasmette molto amore, ma quello dovrebbe arrivare. Non saprei quale scegliere invece tra i tanti Dio del bravo Raffaello. Quello della Pala Colonna ha i capelli che sono stranamente appiccicati alla testa: qualche riccio esce dalla nuca e la barba è più lunga del previsto. Il globo è nella mano sinistra, mentre la destra è raffigurata in benedizione. Il vestito è viola e il mantello è rosa vivo, ma più che vivo tutto qui pare bloccato: del resto è l’Eterno e il tempo si ferma.

Luca Cambiaso, Dio padre benedicente, 1565 ca. Olio su tavola

Verde, rosso e blu è il vestito del Dio del tardo Botticelli, nel registro superiore della pala di San Marco, tra angeli vari e fiori mariani, mentre incorona la vergine con le sue stesse mani. I panneggi sono ampi e dalla tiara papale escono lunghissimi capelli abbondanti.
In volo dinamico appare invece Dio ad Alzano, per l’abile pennello di Jacopo Palma il Vecchio. Vestito di un bel rosa-rosso (che io ricordo quasi fucsia) offre una corona, una palma e l’accoglienza a quel San Pietro che è gia stato colpito dalla daga in testa. Ma il Santo guarda in su e lui prontamente compare, tra teste alate e angeli completi, con una barba nuvolosa dai tratti ramati.

Jacopo Plama il Vecchio, Martirio di San Pietro (particolare), 1528, Olio su tavola, 290×190 cm

E infine arriviamo a uno dei più noti: quello del Buonarroti. Che non incorona nessuna Vergine ma vola sulla volta della Sistina e sta per toccare Adamo in modo da trasmettergli la scintilla divina. Barba e capelli al vento, sorretto da angeli, con un manto color rosa, è lo stesso che si ripete diverse volte nell’immagine prima, con la creazione di Eva, e poi più in là fino all’altare, sempre eroico e monumentale. E com’è diverso da quello di William Blake alla Tate, squamoso e alato, che crea il primo uomo, sofferente e concentrato. Insomma: infinita è la sua grazia, come i modi di rappresentarlo. E se Woody Allen sostiene che Dio abbia preso da lui molte cose, con la stessa ironia Gino De Dominicis palesa ed estremizza la questione e l’ego-riferimento diventa una scritta immortale: D’IO. Siamo a sua immagine e somiglianza ma dubito possa aver ragione.

Nicola Mafessoni è gallerista (Loom Gallery, Milano) e amante di libri (ben scritti). Convinto che l’arte sia sempre concettuale, tira le fila del suo studiare. E scrive per ricordarle.
IG: dallapartedel_drago

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