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Errore o capolavoro? Disegni inediti dei Mangiatori di Patate al Van Gogh Museum
Arte moderna
Quando Vincent Van Gogh presentò “I Mangiatori di Patate” per la prima volta, l’opera non fu accolta proprio bene. Anthon van Rappard, amico e mentore di Van Gogh ed egli stesso artista, gli rispose, in una lettera che avrebbe potuto fare di meglio, criticando le proporzioni delle figure, le forme dei nasi, delle ginocchia e delle braccia troppo corte. Eppure, oggi, di van Rappard, pittore pur valente, non se ne parla poi così tanto, mentre ai “Mangiatori di Patate” il Van Gogh Museum di Amsterdam ha appena dedicato un focus approfonditissimo, storiograficamente ineccepibile, grazie al quale sarà mostrata al pubblico per la prima volta una serie inedita di disegni preparatori che mostrano come il grande e tormentato Vincent avrebbe voluto realizzare una seconda versione di quello che poi sarebbe stato considerato uno dei suoi capolavori. Un lavoro di archivio e di ricerca lungo e approfondito, che concede anche un divertissement al pubblico: i visitatori potranno entrare in una ricostruzione della tristissima cucina ritratta da van Gogh e scattarsi dei selfie seduti al tavolo. No, in effetti non sembra proprio una gita al Luna Park ma per rimanere fedeli all’atmosfera dell’opera si deve concedere qualcosa.
Pur avversato, Van Gogh aveva ben chiaro il suo progetto: «Quello che sto cercando di ottenere, è essere in grado di disegnare non una mano ma il gesto, non una testa matematicamente corretta ma l’espressione generale». Così scriveva l’artista al fratello Theo, parlando dei Mangiatori. Forse ai suoi tempi non era ancora chiaro e ancora oggi il senso del suo discorso è complesso da afferrare, oltre la superficie dei suoi quadri. Di certo non mancano le analisi e le ricerche dedicate alle sue opere e l’esposizione al Van Gogh Museum ci permette di entrare nella profondità della sua poetica. «L’annusare il vento quando un contadino alza lo sguardo, diciamo, o parla. La vita, insomma», continuava Vincent nella lettera.
La mostra “I mangiatori di patate. Errore o capolavoro?” presenta 50 lettere, disegni e dipinti relativi alla grande opera che ritrae la famiglia De Groot riunita intorno alla loro povera tavola e completata nell’aprile 1885 a Nuenen, un mese dopo la morte improvvisa del padre di Vincent. Non era un periodo semplice per l’artista, d’altra parte, ebbe modo di viverne pochissimi: sospettato di aver messo incinta la giovane figlia dei De Groot, Gordina, si fidanzò con una donna del villaggio, Margot Begemann, che tentò anche di avvelenarlo. Ma l’artista continuò per la sua strada e si mise in viaggio per l’Olanda, guardò Rembrandt al Rijksmuseum, le stampe giapponesi ad Anversa e poi si recò a Parigi.
«Mi piace molto che Van Gogh stia dietro al suo stesso lavoro», ha detto al Guardian la curatrice della mostra Bregje Gerritse. «Dice che c’è una sorta di vita in esso, scrivendo che non è la perfezione tecnica ciò che cerca ma l’impressione della vita contadina che è molto più importante. Ed è sicuro che le persone lo perdoneranno per questo». I Mangiatori di Patate sarebbero rimasti nei suoi pensieri per molto tempo e diversi anni dopo scrisse: «Sto pensando di rifare il dipinto dei contadini che cenano, l’effetto luminoso della lampada. Quella tela deve essere completamente scura ora, forse potrei rifarla interamente a memoria». I numerosi disegni e schizzi, finora non pubblicati e in esposizione al Van Gogh Museum per questa occasione, ci mostrano parte delle sue idee ma non avrebbe avuto tempo di portare a compimento i suoi propositi, sarebbe morto il 29 luglio 1890.
Molti critici d’arte hanno cercato di spiegare questo dipinto, ognuno con una sua analisi resta però inalterato la percezione e il pensiero illuminante di questo genio della pittura forse, chissà solo lui sarebbe in grado di farci capire cosa realmente voleva riprodurre su quella tela resta comunque il più grande talento del post-impressionismo colui che ha aperto la strada a l’arte moderna.