Se non fosse per la scarsa luce e l’effetto leggermente claustrofobico che ne deriva, la mostra “BACON, FREUD, LA SCUOLA DI LONDRA. Opere della TATE” in corso al Chiostro del Bramante sarebbe perfetta.
Non ci sono molte opere, siamo intorno alla cinquantina, eppure ce ne sono alcune di grande pregio.
In mostra il tentativo, riuscito a nostro avviso, di regalarci uno sguardo più approfondito su un momento storico di rilevante importanza vissuto a Londra dalla fine della seconda guerra mondiale. Bacon e Freud, Freud e Bacon. Ci sono loro, due artisti immensi, due geni del pennello, che ci raccontano con maestria e grandi doti il disagio di quegli anni. Caratterialmente diversi, i due si incontrano e, pur percorrendo strade diverse, regalano allo spettatore il medesimo horror vacui dato da pennellate in un caso violente, nell’altro fluide. La mostra, dal titolo “Bacon, Freud, La scuola di Londra”, visitabile fino al prossimo 23 febbraio, narra, attraverso sguardi potenti, forieri di disagio, di tristezza, di infelicità , un complesso momento storico, dal quale con fatica si è usciti. Dice Bacon “L’urlo mi viene bene, ma ho molti problemi con il sorriso”, e in un attimo la memoria ci riporta a un urlo più famoso, quello di Munch.
canto, risulta più comprensibile questa affermazione ponendoci davanti a delle opere presenti in mostra, come quel dipinto che si intitola “Studio per ritratto” in cui vediamo un uomo la cui bocca è completamente spalancata e la visione che si evidenzia è solamente quella di una grande dentatura che sembra contenere a fatica un urlo, appunto. Che è urlo di disperazione, di impotenza, di disagio, di ossessione anche. In mostra le opere più grandiose, il corpus centrale, proviene dalle collezioni della Tate, e sono lavori di notevole bellezza, che raccontano fortemente i due artisti. Bacon, Freud, che con i loro colori, i loro pennelli, le loro pennellate audaci da un lato, e determinate dall’altro, sono quasi due facce di una stessa medaglia. Bacon che scappa da una famiglia che non accetta la sua omosessualità e il suo voler diventare artista, Freud che si oppone a un mondo che non ama, percorrendo le strade pericolose dell’alcool e del gioco d’azzardo. Due vite al limite della disperazione, che si comprendono perfettamente nelle loro opere, due mondi che si attraversano, si dipanano per poi ritrovarsi. La fragilità è la caratteristica più evidente in queste opere, e che troviamo nelle grandi tele di Freud, ma anche in quelle più piccole di Bacon.
Tra le tante opere espressive di Freud, uno dei quadri più piccoli, tuttavia di maggiore potenza, lo possiamo ammirare nell’ultima sala, si intitola “Boy smoking”, ed è del 1950. Un piccolo olio su rame, un volto di uomo che rappresenta il cliché dell’epoca. Il bello e dannato che troveremo di lì a poco rappresentato nella letteratura, e nella cinematografia, così come nel teatro. Un ragazzo con lo sguardo perso, con una sigaretta spenta in bocca, a evocare tutto il disagio possibile, con il mento poggiato su un supporto dall’equilibrio instabile.
In mostra anche gli altri artisti confluiti nella cosiddetta Scuola di Londra, che aiutano, con le loro opere, a tratteggiare al meglio questo momento storico.
La mostra si avvale di uno straordinario apparato didattico comprensivo, tra l’altro, di un’audioguida per adulti ottimamente realizzata da Costantino D’Orazio, e di un’audioguida per bambini.
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