Un autoritratto di Vincent van Gogh, per decenni ritenuto di dubbia attribuzione, è stato appena riconosciuto come autentico dagli esperti del Van Gogh Museum di Amsterdam, al termine di un lunghissimo lavoro di studio e ricerca, durato sei anni. Non solo: Louis van Tilborgh, capo ricercatore al museo olandese, ha anche affermato che il dipinto del 1889 è vitale per comprendere il pittore e l’uomo: «È espressivo in modo diverso rispetto agli altri ritratti».
Si tratta di un’opera realizzata da Van Gogh durante l’estate del 1889, quando il grande artista venne ricoverato nell’ospedale di Saint Remy de Provence, a causa di un episodio di psicosi. Il 23 dicembre del 1888, infatti, fu il giorno dell’acceso l’alterco tra Van Gogh e Paul Gaguin, al termine del quale avvenne l’episodio del ferimento all’orecchio. Van Gogh fu ricoverato ad Arles e, dopo aver ricevuto le cure, lasciò l’ospedale nel gennaio del 1889. Vincent si ritirò nella sua Casa Gialla e riuscì a superare la crisi, con il supporto dell’amico Joseph Roulin e del fratello Théo.
Ma la situazione rimaneva instabile. Vincent veniva duramente osteggiato dai cittadini di Arles, che lo apostrofavano come «il pazzo rosso» e, provato nel corpo e nello spirito, l’8 maggio 1889 decise di farsi internare nella Maison de Santé di Saint-Paul-de-Mausole, un vecchio convento adibito a ospedale psichiatrico a Saint-Rémy-de-Provence, poco distante da Arles. Fu in questo periodo che le sue opere iniziarono a riscuotere un certo successo tra gli esperti, anche se, dopo un attacco allucinatorio poco dopo il ricovero e la nascita del figlio di Theo, nel dicembre Vincent tentò il suicidio.
Un mese prima, aveva ricevuto l’invito a esporre le sue opere – due Girasoli, L’edera, Frutteto in fiore, Campo di grano all’alba e La vigna rossa – in occasione di una mostra promossa dall’associazione Les XX, a Bruxelles. Purtroppo il suo tempo era quasi finito e il 29 luglio 1890 morì, per le conseguenze di una ferita d’arma da fuoco allo stomaco, le cui circostanze non sono mai state chiarite.
Il dipinto fu acquistato dal Museo nazionale norvegese nel 1910 per 10mila franchi francesi, l’equivalente di 100mila euro circa. L’autenticità dell’opera è diventata un argomento di discussione tra gli esperti quando, nel 1970, un saggio pubblicato su un catalogo affermava che la tavolozza dei colori e l’uso del coltello per definire la capigliatura differivano troppo dagli altri autoritratti. «Quando nel 2014 abbiamo consegnato il lavoro nelle mani degli esperti del Museo Van Gogh, non avevamo aspettative», ha dichiarato Mai Britt Guleng, curatore del Museo nazionale norvegese
Ma l’esame dettagliato condotto dall’equipe coordinata da Louis van Tilborgh ha confermato la paternità dell’opera, realizzata nell’agosto del 1889: «Se si esamina attentamente il dipinto, si notano le somiglianze con le altre opere di Van Gogh». Le differenze inizialmente riscontrate non sarebbero altro che il risultato di un effettivo cambiamento di stile, ricercato dallo stesso Van Gogh per rappresentare il suo stato di salute fisica e psichica, usando toni più scuri di verdi e blu che, di solito, sono più vivaci. «Vediamo un paziente spaventato. Una persona che si guarda allo specchio e vede qualcuno che è cambiato in modo permanente», ha detto Van Tilborgh. Tutti gli autoritratti di Van Gogh sono carichi di una forza espressiva esplosiva e fuori dal comune ma in questo i colori e le forme sembrano richiudersi su se stessi, offrendo a un mondo incomprensibile il proprio volto stanco e senza alcuna difesa.
E oltre all’analisi stilistica, anche una approfondita indagine tecnica ha rivelato che la vernice ritrovata sull’autoritratto contiene lo stesso pigmento usato in altri dipinti di Van Gogh, che descrisse anche il dipinto nelle sue lettere, dopo aver trascorso sei settimane nell’ospedale francese. Nella lettera al fratello datata 20 settembre 1889, Vincent definiva l’opera «uno sforzo durante la mia malattia».
L’opera fu apprezzata anche da Edvard Munch, che rimase impressionato dal modo in cui il soggetto ritratto restituiva lo sguardo e dalla superficie pittorica sfregiata. Ora l’autoritratto tornerà a Oslo, dopo essere stata esposta in una mostra di ritratti che aprirà al Van Gogh Museum di Amsterdam il 21 febbraio.
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Ho appreso con stupore la notizia che Louis Van Tilborgh ,ricercatore capo del museo Van Gogh,ha autenticato dopo 6 anni di ricerche,questo presunto autoritratto,esposto per la prima volta a Parigi in una mostra allestita nel novembre 1909 da uno de più discussi galleristi/falsari di Van Gogh,Eugéne Druet.A riprova esistono alcune fotografie inedite di quella mostra,in una si vede benissimo sulla parete il quadro contestato.Peccato però che nella stessa mostra appaiono ben 5 falsi Van Gogh(indicati con pallino rosso),tutti da ricondurre all’accoppiata di falsari Druet/Schuffenecker.Van Tilborgh afferma che questo è sicuramente un’autoritratto che Vincent fece nel settembre 1889,guardandosi allo specchio,insieme ad altri 2 autoritratti coevi.Ma ad un acuto osservatore non può sfuggire il fatto che la giacca di Vincent è invernale(Van Tilborgh asserisce che l’autoritratto è databile all’agosto 1889)e che non può che avere i bottoni a destra(quindi niente specchio).Inoltre l’orecchio sinistro è dipinto intero(anche se risulta parzialmente coperto da una ridipuintura),cosa inammissibile per l’agosto 1889(se lo era tagliato la notte del 23 dicembre 1888).Il falsario si è dimostrato molto ambiguo,giocando sul controsenso,oppure non era al corrente di quale orecchio Vincent si fosse reciso.Questo basta a dimostrare l’errore di valutazione di Van Tilborgh,ma c’è un’altro dettaglio importante.Nei 2 autoritratti coevi,Vincent ha una capigliatura diversa,mossa,con un vistoso ciuffo di capelli che svettano verso l’alto,mentre qui è piatta.Questo quadro,essendo anteriore al 1909,non può che essere di mano di Claude Emile Schuffenecker,il più temibile falsario della prima ora, con più di 30 falsi storici e catalogati al suo attivo.Per concludere,il dipinto non è mai appartenuto alla famiglia Van Gogh e quindi di provenienza molto incerta.