Pietro Vannucci detto Perugino, Trittico Galitzin, Crocifissione con San Girolamo e santa Maria Maddalena (1482-85 circa), olio su tavola trasferito su tela, Washington, National Gallery of Art
“Il meglio maestro d’Italia”. Perugino nel suo tempo è la mostra inaugurata lo scorso 4 marzo e visitabile fino all’11 Giugno 2023 presso la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia. Riduttivo appare parlarne in termini celebrativi, innanzitutto perché un’importante retrospettiva “Perugino il divin pittore” fu già dedicata all’artista di Città della Pieve quasi vent’anni fa. E’ più giusto chiamare operazione straordinaria la serie di iniziative che ruotano intorno alle quasi settanta opere esposte di Pietro Vannucci, detto Perugino, antecedenti al 1504. Straordinaria innanzitutto per la location, un museo ospitato in un Palazzo Pubblico (Palazzo dei Priori) con un moderno e innovativo allestimento voluto dal direttore della GNU, Marco Pierini, nonché curatore della mostra insieme alla storica dell’arte Veruska Picchiarelli. Eccezionale poi perché, per celebrare i 500 anni dalla morte del grande artista (1450 ca.-1523), presso il Ministero della Cultura si è costituito un Comitato Nazionale, presieduto da Ilaria Borletti Buitoni, che ha previsto un insieme di progetti artistici, culturali, letterari, cinematografici, editoriali, digitali, di corredo a quella che è probabilmente la mostra più importante dell’anno in Italia. A coronamento del progetto, video, interventi multimediali, conferenze, libri, non solo di altissima levatura specialistica, come il catalogo edito da Dario Cimorelli Editore, ma in grado di avvicinare anche differenti generazioni (Geronimo Stilton Perugino. Un viaggio stratopico alla scoperta del grande pittore), film (Perugino. Rinascimento immortale), podcast (episodi prodotti da Chora Media, disponibili sulle piattaforme gratuite di podcast e su http://www.choramedia.com).
La rete che si è creata intorno all’anno del Perugino, il 2023, contribuisce a renderlo una figura attuale, moderna, in grado di generare un senso di comunità che identifica il nostro paese nell’arte, nella cultura, nella bellezza, contribuendo a formare un sano turismo nazionale e internazionale in grado di abbracciare più generazioni. D’altronde anche nel suo tempo, il Rinascimento, Perugino è stato ed è considerato un influencer. Parliamo infatti di Peruginismo e di una maniera armonica ed equilibrata che egli portò dalle sue fiorenti botteghe di Perugia e Firenze, dove godeva tra l’altro della protezione di Lorenzo Il Magnifico, in tutta Italia, dettando uno stile e una pittura riconoscibile e identitaria, anche tra i non più giovani, vedi il caso di Antoniazzo Romano.
Il suo linguaggio è nazionale, desta interesse nel Nord Italia, Lombardia, Emilia, Cremona, nonostante per scelta restò principalmente a lavorare nel centro Italia.
Discepolo di Verrocchio e maestro di Raffaello, fu abile come pittore dal tratto morbido e dolce, dal disegno preciso e raffinato, ricco di dettagli di impronta fiamminga, dai paesaggi indefiniti e sfumati, con echi leonardeschi, densi di trasparenze e luminosità.
Fu accorto anche come imprenditore grazie alle copiose committenze e alla produzione di cartoni perugineschi e schemi figurativi realizzati in serie nelle sue officine. Tuttavia ciò non rappresentava un problema perché, come afferma E. H. Gombrich, “i quadri del Perugino non erano fatti per essere guardati l’uno accanto all’altro come nelle gallerie d’arte”.
L’innovazione di Perugino sta però nel fatto che lui non imita ma assorbe culture e conoscenze diverse, raccontate magistralmente nella mostra attraverso il filone cronologico degli anni in cui è stato davvero considerato “Il meglio maestro d’Italia”, come lo definì il banchiere mecenate Agostino Chigi, di contro alle severe parole che a lui rivolse invece Vasari, pur riconoscendone la grandezza, e del suo tempo, fatto di legami, rapporti di lavoro, collaborazione con grandi pittori, (com’è avvenuto nel cantiere della Cappella Sistina dove il nostro è capo maestro, sopra a pittori come Ghirlandaio, Sandro Botticelli, Cosimo Rosselli). Doveroso ricordare che è stato quello il tempo in cui si è giocata la partita della grande pittura italiana, con artisti come Piero della Francesca, Pinturicchio, Francesco Del Cossa, Niccolò dell’Arca.
Le sette sezioni del percorso di mostra raccontano dunque un viaggio in parte cronologico, in parte tematico, in cui il protoclassicismo di Perugino diviene un punto di riferimento. Le otto tavolette con I miracoli di San Bernardino, conservate alla Galleria Nazionale dell’Umbria, segnano l’esordio dell’artista. Impresa originale e moderna, mai tentata prima in una bottega, si avvale di supporti pregiati e cornici dipinte con pietre e perle all’interno. Viene superato un modello di riferimento statico, per lasciar posto a quinte scenografiche, ad astrazioni geometriche, alla luce, alla vivacità dei colori, al paesaggio, il tutto impreziosito dalla raffinatezza del dettaglio di gusto fiammingo.
Il viaggio prosegue poi attraverso l’attività degli anni Ottanta tra Firenze e Roma, fino ad approdare alla ritrattistica e ai modelli delle belle Madonne.
Le commissioni di inizio Cinquecento, tra cui Lotta tra Amore e Castità, conservata al museo del Louvre e Lo sposalizio della Vergine, realizzata per la cappella del Santo Anello del duomo di Perugia, oggi in Francia, chiudono l’esposizione. Lo sposalizio, in particolare, chiarisce anche i rapporti tra Perugino e la prima attività di Raffaello, nel momento di massima competizione tra i due, che dipinsero lo stesso soggetto, Perugino nel 1499, Raffaello nel 1504. L’opera del nostro riprende uno schema ideato da lui stesso vent’anni prima ne “La consegna delle chiavi” della Cappella Sistina. Il tempio ottagonale sullo sfondo è una quinta teatrale che inquadra il racconto. La scena si svolge in primo piano con gruppi ben distinti di uomini, vicini a Giuseppe, e donne, vicine a Maria. Raffaello parte dallo stesso schema ma apporta modifiche di modernità innanzitutto nell’edificio a pianta centrale, rialzato con una gradinata, impreziosito di un portico su arcate, poi nei gruppi di persone in primo piano, maggiormente in accordo tra loro, fluidi e naturali.
La finalità di una mostra è non solo rendere fruibili capolavori dell’arte con un ordine cronologico, spaziale, tematico ma avvicinare il pubblico a riflessioni ulteriori che oggi non possono prescindere da realtà multimediali, sociali, dal confronto e dal dibattito. Condividere la conoscenza sul proprio territorio e altrove significa abbattere le barriere di un puro accademismo per aprirsi a spazi di confronto esponenziali, in primis attraverso la grandezza dell’artista, la formazione, le origini, i luoghi, le opere.
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