La più grande mostra su Raffaello mai organizzata, 70.000 biglietti già venduti, prenotazioni da ogni parte del mondo: l’evento culturale maggiormente atteso sta finalmente per aprire i battenti alle Scuderie del Quirinale, dal 5 marzo al 2 giugno. Si tratta di un’occasione irripetibile, con un percorso di visita che si snoderà tra oltre cento opere autografe o a lui riconducibili, e di un modo per scoprire la geniale complessità che si cela dietro la bellezza dei suoi quadri.
“Raffaello 1520-1483” è il progetto di punta delle celebrazioni per il quinto centenario della morte del pittore urbinate avvenuta il 6 aprile 1520, una data che segna la fine di una parabola la cui eccezionalità è inversamente proporzionale alla durata: un artista morto giovane, che contribuisce ad alimentare la leggenda del genio precoce in tutto e anche nell’ora estrema, analogamente a quanto successe tre secoli dopo a Mozart, il suo equivalente in ambito musicale.
La mostra, curata da Marzia Faietti e Matteo Lanfranconi, mette in luce il rapporto tra Raffaello e Roma: è nella Città Eterna che il genio dell’urbinate trovò il catalizzatore che proiettò il suo talento verso le vette dell’assoluto.
Per questa ragione le Gallerie degli Uffizi con il suo direttore Eike Schmidt, ideatori del progetto, hanno generosamente indicato come sede ideale proprio Roma. Tra l’altro per le Scuderie del Quirinale questo evento coincide con il loro ventennale, festeggiato con una nuova esposizione da record dopo aver celebrato il decennale nel 2010 con Caravaggio.
Già il titolo di questa mostra annuncia l’impostazione scelta per il percorso espositivo, l’inversione delle date rappresenta il rovesciamento dei termini del racconto: si inizierà dalla fine, ovvero dall’apogeo della forza creatrice di Raffaello, morto proprio quando gli straordinari frutti della sua opera si stavano trasformando in semi per nuovi ulteriori sviluppi, facendo presagire risultati inimmaginabili oggi: una rivoluzione solo parzialmente portata a compimento dalla sua bottega che, pur se piena di talenti, Giulio Romano e Perin del Vaga su tutti, si arrestò brutalmente e fu dispersa con la tragica discesa dei lanzichenecchi nel 1527.
La meditazione sul rapporto tra Roma e Raffaello è la trama principale ma non si è tralasciato di toccare tutte le tappe principali della sua sfolgorante carriera, con dei flashback a ritroso: il soggiorno fiorentino e il confronto con i titani, Leonardo e Michelangelo, quello umbro a bottega da Perugino, quello marchigiano con l’amico del padre Giovanni Santi, il modesto Evangelista di Pian di Meleto. Ma, parlando degli inizi, è impossibile ingabbiare concettualmente la genesi di una mente del genere con nozioni da manuale: se è vero che l’esempio paterno può averlo instradato verso una maniera cosmopolita di concepire l’arte, e se è vero che Perugino fu importante nella sua educazione, l’elemento principale per la comprensione della formazione di Raffaello sta nella sua inesauribile curiosità intellettuale e nella sua straordinaria apertura mentale che lo portò a meditare e a confrontarsi con tutto ciò che la cultura figurativa gli mise sotto gli occhi a partire dall’antichità fino ad arrivare ai contemporanei, con le ricerche anatomiche di Signorelli, la raffinatezza di Pinturicchio, la grandezza di Michelangelo: rapporto quest’ultimo che si sublima in Vaticano intorno agli inizi degli anni ‘10 del Cinquecento quando, svelato il soffitto della Sistina, Raffaello rispose con il ciclo di affreschi per le stanze di Giulio II e Leone X.
Proprio i ritratti dei due papi con cui ebbe rapporti più stretti saranno esposti insieme alle Scuderie del Quirinale: il primo proveniente dalla National Gallery di Londra e il secondo proprio dagli Uffizi. Una delle note più belle di questa mostra viene proprio dalla possibilità di rivedere nuovamente in Italia opere che hanno preso irrimediabilmente la strada per l’estero: il Ritratto di Baldassarre Castiglione dal Louvre, la Madonna della Rosa dal Prado e la Madonna d’Alba da Washington. Anche i Musei Vaticani partecipano con il prestito dell’arazzo raffigurante Il Sacrificio di Lystra, recentemente riportato, anche se per pochi giorni, in Sistina.
Pur non essendo riusciti ad ottenere, per stessa ammissione degli organizzatori, tutti i prestiti richiesti, vista la complessità e la comprensibile riottosità nel privarsi di un’opera di Raffaello, la quantità e la qualità delle opere presenti è tale da giustificare l’attesa. Anche perché, come più volte ribadito in sede di conferenza stampa, si tratta di una mostra che nasce da un progetto scientifico molto solido: l’intento non è quello di offrire una rassegna di quadri slegati, che già sarebbe eccezionale trattandosi di Raffaello, ma di raccontare una storia che permetta di arricchire chiunque verrà a vedere la mostra. Attuando così un importante principio costituzionale, l’articolo 9, che in senso lato anche il pittore contribuì a modellare quando, nel 1515, fu nominato da Leone X “Ispettore generale delle belli arti”, gettando le premesse di quella che sarebbe stata la secolare attenzione italiana alla tutela e, successivamente, alla valorizzazione dei beni culturali.
Non rimane che aspettare dunque, pochi altri giorni ancora.
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