-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Storia visiva dei Paesaggi di Toscana, in mostra alle Clarisse di Grosseto
Arte moderna
di redazione
I celebri Macchiaioli, come Giovanni Fattori e Luigi Gioli, e poi Llewelyn Lloyd, Francesco Gioli, Niccolò Cannicci, Pietro Annigoni, Galileo Chini, Angelo e Adolfo Tommasi, Raffaello Sorbi, Giorgio kienerk, Ulvi Liegi, Giovanni Colacicchi e Luciano Guarnieri. Per un lungo viaggio attraverso la storia dell’arte e lungo il suggestivo paesaggio toscano. Aprirà il 18 giugno, al Polo Culturale Le Clarisse, a Grosseto, “Paesaggi di Toscana / Da Fattori al Novecento”, mostra ideata da Carlo Sisi e curata da Emanuele Barletti, che da un lato racconta un passaggio cruciale nel percorso di rinnovamento della pittura, tra moderno e contemporaneo, alla prova del tema classico e sempre fortunato della veduta paesaggistica; dall’altro presenta i capolavori della collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze dedicati, appunto, al paesaggio.
La prima sala è dedicata alla “terra amara” (per le paludi e la malaria) di Maremma e ai pittori macchiaioli, con dipinti di Giovanni Fattori, Angelo Tommasi, Luigi e Francesco Gioli. Il mito della “Maremma amara” si stempera poi in un racconto più dolce ed elegiaco che si riverbera negli struggenti panorami toscani evocati da altri maestri. Nella seconda sala sono esposti paesaggi toscani riferibili a due modalità espressive che ebbero larga diffusione nel primo Novecento: quelle ancorate al “vero” della tradizione naturalista postmacchiaiola – come nel caso dei dipinti “lucchesi” di Adolfo Tommasi o del Cacciatore di Raffaello Sorbi – e quelle maggiormente legate alle suggestioni della pittura diffusa in ambito europeo, suggerite ad esempio dalle atmosfere brumose del Paesaggio di Niccolò Cannicci, dalle allusioni al simbolismo di Giorgio Kienerk o dalle tinte forti e vivaci, quasi pre-espressioniste, di Ulvi Liegi.
I luoghi evocati nei dipinti sono lontani dai grandi centri abitati e vissuti da una composta civiltà rurale: le rive dell’Arno, Vallombrosa vicino Firenze, Pescaglia e Ponte a Moriano in provincia di Lucca. Scorci di paesaggio che evitano di compiacersi nella retorica del selvaggio, del maestoso e del sublime per rivelarci l’urgenza di questi artisti di abbandonarsi all’intimità e alla serenità del marginale e del quotidiano.
La terza sala è dedicata a personalità artistiche maggiormente calate nella prospettiva novecentesca: La Veduta di Firenze di Llewelyn Lloyd propone un’angolazione inusuale del panorama fiorentino descrivendola, in linea con le tendenze più avanzate della cultura europea, con pura tecnica divisionista. Galileo Chini, invece, nel periodo in cui dipinge le due strade di Versilia in mostra ha già abbandonato la sua stagione straordinaria di sperimentazioni formali per dedicarsi a una rappresentazione del paesaggio meno studiata ma più emotivamente sentita.
La semplificazione delle forme e la limpidezza dei colori di Veduta di San Gimignano, di Colacicchi, esprime un cézannismo filtrato dall’esempio di Oscar Ghiglia. Lontano dall’espressionismo, ed esempio di una rinnovato richiamo alla grande tradizione classica, è invece l’inedito e gustoso trompe l’oeil di Pietro Annigoni, considerato uno dei più grandi artisti figurativi del Novecento italiano. Allievo di Annigoni fu Luciano Guarnieri, che in questa sala espone un’opera dalla straordinaria sensibilità pittorica con atmosfere soffuse e matericità rarefatta.
La mostra sarà visitabile fino al 4 settembre 2022.