Categorie: Arte moderna

Tiziano. Una mostra dossier alla Galleria Borghese

di - 29 Luglio 2022

Eros, paesaggio. Dettagli nascosti e allegoria. Fino al 18 settembre 2022 la Galleria Borghese presenta “Tiziano. Dialoghi di Natura e di Amore”, una mostra dossier sul celebre maestro veneto, a cura di Maria Giovanna Sarti.
L’esposizione, raccolta nella sala XX, già dedicata ai dipinti della scuola veneta e di Tiziano, nasce in occasione del prestito di Ninfa e pastore (1570-75), opera autografa concessa dal Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Da ciascun dipinto affiorano il tema amoroso e quello del paesaggio. Oltre al prestito viennese, il noto Amor sacro e Amor profano (1514-15), Venere che benda Amore (1565 circa) e Le tre età dell’uomo (1682) proposto nella replica seicentesca di Salvi detto Sassoferrato, prima d’ora conservata in deposito.
“Il dialogo della mostra è anche tra Tiziano e Tiziano. Abbiamo qui chiari esempi di suoi quadri d’esordio, d’ascesa e di addio” spiega Maria Giovanna Sarti. Ninfa e pastore fu dipinto infatti da un Tiziano ottantenne. Il tema della natura si mescola a quello della caducità.

Tiziano Vecellio, Amor Sacro e Amor Profano, 1514-1515, olio su tela, 118×278 cm, Galleria Borghese, Roma, Ph. Coen © Galleria Borghese

La senilità del maestro affiora dalla scelta dei colori e dalla tecnica. Una diagnosi del 2007 rileva come esso sia stato costruito “a colpo di pennello” e dita, secondo la definizione di Palma Giovane, citata nel testo seicentesco di Marco Boschini.
“Si è parlato, in questo caso, di un non finito consapevole. I due colpi di biacca sullo sfondo ci danno l’idea delle cime innevate” aggiunge la curatrice. “Isolando il dettaglio dell’uomo che lavora nel campo sembra quasi un Van Gogh”.
Se il clima bucolico di Le tre età dell’uomo, dialoga con il paesaggio preromantico del Tiziano viennese, anche Amor sacro e Amor profano riporta elementi naturali: vi compaiono lepri, cavalli, fiori; il profilo di una città turrita, un campanile.
In Venere che benda Amore, Tiziano ha un ripensamento: elimina una donna con vassoio per far spazio alle montagne dello sfondo. Il maestro attinge sia dalla tradizione che dalla natura veneta del suo tempo, inserendo nei propri dipinti dettagli che amplificano il significato dei soggetti favoriti.
Nella cornice del paesaggio la componente erotica è preponderante. Il duetto musicale di Ninfa e pastore sembra anticipare una scena sensuale. L’opera è stata interpretata anche come ispirata al mito di Dioniso e Arianna, poiché la figura maschile ha la testa coronata di pampini.
Al maestro interessa declinare il discorso amoroso servendosi dei motivi più vari: eros ed anteros, l’amore coniugale della sposa, quello irrazionale ed empireo della dea, quello dolce e selvatico della ninfa.

Tiziano Vecellio, Venere che benda Amore, 1565 circa, olio su tela, 118×185 cm, Galleria Borghese, Roma Ph. Coen © Galleria Borghese

Nel 1613 il poeta aretino Scipione Francucci racconta per la prima volta la quadreria di Scipione Borghese in un’opera in versi intitolata Galleria. Il sesto canto è tutto dedicato a Venere ed è quasi ecfrastico. Francucci descrive ad arte l’acconciatura in due trecce annodate della dea di Amor sacro e Amor profano, affermando che per rendere le sue figure femminili, Tiziano, “da mille belle scelse le grazie e imitò i colori”.
La mostra che, come sottolineato dalla curatrice, ha offerto l’occasione per studiare i dipinti di Tiziano, è accompagnata, oltre che dal catalogo, anche dal lancio di una nuova rivista: Galleria, ispirata nel titolo proprio all’opera di Francucci, dove si presentano per la prima volta i risultati delle indagini diagnostiche relative a Venere che benda Amore. La rivista di taglio monografico approfondirà ad ogni numero un artista della collezione Borghese.

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