Mani tra i capelli scompigliati o levate al cielo tempestoso, drappi voluminosi e mantelli agitati da raffiche di vento, muscoli che si contraggono per seguire i risvolti di un movimento bloccato, fissato nella pittura. Nelle opere di Luca Giordano si incontrano potenza ed eleganza e anche a distanza di schermo non possono che colpire l’attenzione. In attesa di vederle dal vivo, il Museo di Capodimonte ha aperto le porte virtuali di “Luca Giordano, dalla Natura alla Pittura”, mostra a cura di Stefano Causa e Patrizia Piscitello, con una tre giorni di appuntamenti rigorosamente online. Approfondimenti, testi, fotografie e video, per immergersi nella grande esposizione ospitata dal museo di Napoli, seconda tappa dopo quella al Petit Palais che, conclusasi a febbraio 2020, ha fatto conoscere anche oltralpe uno degli artisti italiani più influenti della sua epoca e, ancora oggi, tra i più apprezzati e studiati.
Nato a Napoli, il 18 ottobre 1634, Luca Giordano, detto Luca Fapresto per la rapidità con la quale riusciva a realizzare anche le opere più impegnative, ebbe il merito di «reinventare il barocco romano in una versione aggressiva e come scatenata: Rubens, Cortona e Bernini stanno sempre alle spalle. Ma si capisce che per saltar meglio ha preso la rincorsa lunga scegliendosi, tra i maestri, Tiziano e Veronese», spiega Stefano Causa. Apprendista presso il grande Jusepe de Ribera, si formò osservando con sensibile originalità i maestri riconosciuti, come Michelangelo e Raffaello, apprezzando anche lo stile di Caravaggio, dal quale, però, doveva separarlo un profondo abisso, soprattutto umano, caratteriale.
«Mentre Caravaggio ha il diavolo in corpo del vero e procede dalla pittura alla natura; Giordano fa il percorso inverso. La Pittura gli interessa mille volte di più. D’altronde, mentre Caravaggio era ciò che si dice un cattivo ragazzo; Giordano è un integerrimo padre di famiglia. Per viaggiare viaggiò: ma spinto dall’odore dei soldi. Gli spostamenti di Caravaggio disegnano l’itinerario di un fuggiasco; quelli di Giordano sono un modello di strategia autopromozionale. I panni dell’artista maledetto gli avrebbero solo rallentato il passo», continua Causa. Nel corso della sua prolifica carriera, Luca Giordano ebbe modo di lavorare per alcune delle committenze più prestigiose dell’epoca, dall’Abbazia di Montecassino alla Cupola della Cappella Corsini a Firenze e, oggi, le sue opere sono esposte nei musei più importanti al mondo, come il Rijksmuseum di Amsterdam, il Museum of Fine Arts di Boston e la National Gallery di Londra.
Il percorso online alla scoperta della mostra di Luca Giordano al Museo di Capodimonte, prosegue oggi con un testo del direttore Sylvain Bellenger, accompagnato da un video di Carmine Romano, responsabile del progetto di digitalizzazione, che svelerà le opere più significative in esposizione. Nel percorso della mostra, il cui allestimento è stato curato da Roberto Cremascoli, i capolavori di Luca Giordano dialogano non solo con l’arredamento sfarzoso della reggia borbonica ma anche con le opere dei suoi contemporanei, più o meno affini. Decisivo e duraturo, infatti, fu il suo influsso sui modi della pittura in tutta Europa, dal napoletano Francesco Solimena al veneziano Giambattista Tiepolo, fino a Jean-Honoré Fragonard e Francisco Goya.
Infine, martedì 7 aprile, la curatrice dell’esposizione Patrizia Piscitello e Alessandra Rullo, storiche dell’arte del Museo e Real Bosco di Capodimonte, percorreranno il viaggio storico delle tele di Luca Giordano dalle Chiese di Napoli al Museo e Real Bosco di Capodimonte, tra eventi bellici, cambi dinastici e disastri naturali.
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