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Collezione del Museo Revoltella e Musei Civici
Arte moderna
Nella disperata ricerca (e speranza) di un ritorno alla normalità, intrapresa da ogni individuo e dalle varie istituzioni, nazionali e locali, il Comune di Trieste sembra stabilire un punto fisso: quello, cioè, di ripartire dalla cultura. Attraverso la fruizione museale. Per questa ragione, in risposta alla pandemia che ha seriamente modificato la quotidianità dei cittadini, oltre alle loro vacanze, condizionando di conseguenza i flussi turistici di ogni città, l’amministrazione cittadina ha pensato bene di offrire l’accesso completamente gratuito a tutti i Musei del Comune di Trieste, allo scopo di “dare un forte segnale di ripresa dell’attività culturale e di sostenere il rilancio turistico della città”. Come espressamente deliberato dalla Giunta Comunale nella seduta di fine luglio. Tutto questo dopo aver ripristinato gli accessi a tutti gli spazi culturali cittadini, adottando uno specifico protocollo di sicurezza per le visite. Da qui la possibilità di accedere ai musei anche in gruppi (massimo di 15 persone), ma solo dietro a una prenotazione.
Ma nonostante la noiosa attuazione di tutte le misure di sicurezza, mascherina compresa, la visita che vale senza dubbio la pena concedersi è quella al Museo Revoltella: la galleria d’arte moderna nata dallo sviluppo di un’istituzione fondata nel 1872 per volontà del barone Pasquale Revoltella (1795-1869) che nel suo testamento dispose di lasciare alla città di Trieste il suo palazzo, la sua collezione d’arte e una cospicua rendita che permise di aumentare di anno in anno il patrimonio e costituire in poco tempo una considerevole raccolta d’arte. Nella quale figurano celebri autori italiani come Hayez, Morelli, Favretto, Nono, Palizzi e Previati, oltre a molti stranieri. A cavallo dei due secoli, grazie alle acquisizioni fatte alle Biennali veneziane, le raccolte si arricchirono ulteriormente con opere di grande valore, come il celebre dipinto Signora col cane (1878) di De Nittis. Nel corso del ’900 il Museo è divenuto un’istituzione culturale sempre più prestigiosa e un importante riferimento per l’arte moderna e contemporanea, rappresentando tutti i nomi più significativi del ’900 italiano, tra cui Casorati, Sironi, Carrà, Mascherini, Bolaffio, Morandi, De Chirico, Manzù, Marini, Fontana e Burri.
Negli anni ’60 il museo si è ampliato ulteriormente acquisendo il vicino palazzo Brunner, dove, attraverso una lunga opera di ristrutturazione, iniziata nel 1968 su progetto di Carlo Scarpa e terminata nel 1991, sono stati ricavati nuovi spazi espositivi per la galleria d’arte moderna. Il risultato, è la struttura globale di oggi, che è in grado di proporre un’offerta artistica ad ampio raggio, sviluppata su sei piani e arricchita di volta in volta dalle varie mostre temporanee che si alternano durante la stagione. In un percorso anche cronologico, che spazia dagli ambienti (borghesi) domestici del barone, fino ad arrivare – salendo – agli artisti dei nostri giorni, accompagnati e introdotti da alcuni validi pittori e sclutori del panorama artistico locale, forse ancora poco noti ma decisamente da riscoprire. E’ il caso di Umberto Veruda e Italo Svevo, due triestini allievi dell’Accademia di Monaco, giustamente esaltati nella Galleria e in grado di introdurre nel modo migliore i grandi Maestri del Novecento che campeggiando nei “piani alti” del Museo. Come pure gli altri artisti locali Gino Paris e Vittorio Bolaffio: artista, quest’ultimo, appartenente a quella fervida umanità intellettuale che si riuniva a Trieste attorno al caffè Garibaldi e che si manifestava sotto le forme letteraria, figurativa, e più estesamente artistica e culturale. Tutto questo, accanto agli altri mestri del simbolismo, italiano e internazionale.
Particolare pregio è dato alla terza sezione del Palazzo, grazie alla presenza dei nomi più importanti e prestigiosi dell’arte italiana fra le due guerre, con opere di altissima qualità, che documentano la fase del cosiddetto “ritorno all’ordine”. Tra le opere esposte prevale il Meriggio di Felice Casorati (1923), capolavoro assoluto delle raccolte del primo Novecento del Museo Revoltella e considerato tra i capolavori dell’intera produzione artistica di Casorati, uno dei pittori più affermati dell’arte italiana. Nella stessa sala si possono ammirare altre opere realizzate dai piu’ prestigiosi maestri del Novecento italiano: il Pastore di Mario Sironi e la Donna al mare di Carlo Carrà, espressioni di un raffinato recupero dell’antico e documenti imprescindibili di quella multiforme e interessante stagione artistica italiana.
Ma è nell’ultima sala del percorso museale – che con le sue vetrate panoramiche sulla città e sul mare e l’illuminazione dall’alto, costituisce uno dei punti di maggiore attrattività del progetto dell’architetto Scarpa – dove si raggiunge il vero climax: è qui che sono raccolte alcune delle opere più rappresentative della sezione dedicata al secondo Novecento italiano. Quasi tutti i pezzi esposti sono stati acquistati alle Biennali dal 1948 al 1968, continuando una tradizione iniziata con la nascita dell’esposizione veneziana. In questo modo il Museo Revoltella ha potuto aggiornare la sua raccolta inserendo autori che dal dopoguerra in poi andavano emergendo sulla scena artistica italiana a iniziare da scultori come Giacomo Manzù (Il bambino con l’anatra, 1946), Marino Marini (Ritratto di Carrà, 1947), Alberto Viani (Cariatide, 1952) ed Emilio Greco (Ritratto, 1952). Ben rappresentato è anche il gruppo dei pittori aderenti al “gruppo degli Otto” astratto-concreti (Afro, Corpora, Moreni, Santomaso, Morlotti, Vedova, Birolli e Turcato) presentati alla Biennale di Venezia del 1952 dal critico Lionello Venturi. Di questi artisti il Museo Revoltella possiede opere di notevole interesse, esclusi Birolli e Turcato che non figurano nella raccolta. Alla corrente Informale, invece, che coincide con il definitivo superamento dell’idea tradizionale di pittura, si possono ricondurre le opere di Scanavino (Appeso, 1959), Capogrossi (Superficie 322, 1959) e Burri (Plastica, 1956), mentre lo spazialismo è documentato dalla presenza di Lucio Fontana (Attese, 1968) e Mario De Luigi (Spazio-luce 28). Piuttosto numerose le opere di scultura con nomi di notevole interesse come Arnaldo Pomodoro, Augusto Perez, Quinto Ghermandi, oltre a quelle dei fratelli Basaldella.