10 aprile 2020

Tutto su Charlotte Salomon

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È stata pubblicata da Castelvecchi “Vita? o Teatro?”, la straordinaria autobiografia di Charlotte Salomon

Charlotte Salomon
Charlotte con i nonni nel giardino di Villefranche-sur-mer

Contiene tutte le 781 tempere e i fogli manoscritti originali, il romanzo della vita di Charlotte Salomon dal titolo “Vita? o Teatro?”, pubblicato da Castelvecchi Editore (820 pp. a colori), la sua la prima edizione integrale in italiano. Oltre alla ricchezza dei riferimenti artistici, letterari, musicali, filosofici, sorprendente in una ragazza di 23 anni, ciò che colpisce di Charlotte Salomon è la fortissima coscienza di sé, un’audacia che ha pochi corrispettivi nell’arte di ogni tempo. Ne parliamo con il curatore della pubblicazione Massimo De Pascale.

Chi è stata Charlotte Salomon? Ci può tracciare un suo profilo biografico?

«Charlotte Salomon nasce a Berlino nel 1917, in una famiglia dell’alta borghesia ebraica. Albert, il padre, è un importante chirurgo e docente universitario. Il nome Charlotte le viene imposto in ricordo della sorella minore di sua madre Franziska, suicidatasi qualche anno prima. La bambina cresce felice fino a che anche sua madre si toglie la vita, circostanza che alla piccola Charlotte viene taciuta. Qualche tempo dopo, Albert Salomon conosce e sposa la celebre contralto Paula Lindberg (anche lei di origini ebraiche), che avrà un’importanza decisiva nella vita della figliastra. Il rapporto assume toni conflittuali man mano che la vocazione artistica di Charlotte si precisa, sottovalutata, se non apertamente ostacolata, dalla matrigna. A complicare il tutto provvede l’arrivo di un personaggio decisivo, sia per la vita reale, che per l’opera di Charlotte. Si tratta di Alfred Wohlfson, singolare figura di trainer vocale e psicoterapeuta, il quale entra nella cerchia dei Salomon per insegnare a Paula i propri metodi. Charlotte si innamora dell’uomo, che ha vent’anni più di lei, una fidanzata ufficiale e ha, a sua volta, concepito un’adorazione per Paula. Questo singolare triangolo, fondamentale dal punto di vista emotivo e dello sviluppo intellettuale e artistico di Charlotte, innerva la sezione principale della sua opera. Nel frattempo, l’avvento del nazismo ha spezzato le carriere di Albert e Paula sconvolgendo la vita della famiglia. Nonostante le persecuzioni, Charlotte viene ammessa all’Accademia di belle arti di Berlino, ultima allieva ebrea, per i meriti del padre durante la Grande guerra. La sua carriera è però punteggiata da continue discriminazioni, tanto che, al secondo anno, decide di interromperla. Mentre lo stesso Albert Salomon deve subire un periodo di internamento, Charlotte viene mandata in Costa azzurra, dove i nonni materni hanno trovato rifugio presso Ottilie Moore, ricca benefattrice d’origine tedesca, che si dedica al soccorso degli ebrei e che incoraggia, anche materialmente, l’attività artistica della ragazza. Lo scoppio della guerra getta la nonna in uno stato di grave depressione che culmina in un tentativo di suicidio. È in seguito a questo episodio, che Charlotte apprende dal nonno la lunga catena di suicidi che ha funestato la parte femminile della famiglia. Un nuovo tentativo della donna, nonostante i disperati sforzi di Charlotte di tenerla ancorata alla vita, riesce, e Charlotte, per esorcizzare quello che sente come un destino comune, decide di intraprendere la sua opera. È così che nell’arco di due anni (1940-’42) in mezzo a sacrifici di tutti i tipi, nasce Vita? O teatro?. Nell’ottobre del 1943, la ragazza, che qualche tempo prima ha sposato un altro rifugiato ebreo, Alexander Nagler, di cui è incinta, viene catturata dai nazisti e inviata ad Auschwitz dove viene assassinata probabilmente il 10 ottobre 1943, giorno stesso del suo arrivo».

Charlotte Salomon
Charlotte bambina nel letto con la madre

Il titolo dell’opera dedicata a Charlotte Salomon e da lei curata è “Vita? o teatro? Un Singspiel”. Ce lo può spiegare?

«L’opera si muove sul sottile crinale tra vita e trasfigurazione poetica della stessa. Il doppio punto interrogativo serve quindi a dichiarare l’ambiguità del rapporto tra le due sfere. Per quanto riguarda il sottotitolo, il singspiel era un genere importante del teatro musicale tedesco, cui appartiene, ad esempio, Il flauto magico di Mozart. L’opera si presenta, infatti, come una vera e propria rappresentazione, con tanto di suddivisione in atti e un accompagnamento musicale, che spazia dalle cantate di Bach alla musica di consumo, esplicitamente indicato dall’autrice».

Parliamo della Salomon pittrice, a quali artisti guardava? Come descriverebbe il suo stile?

«Riguardo le influenze che si possono cogliere nelle tavole di “Vita? o teatro? Un Singspiel”, sono stati giustamente evocati l’espressionismo, i fauves (Matisse in particolare), Chagall, Modigliani. Si colgono, però, anche citazioni, più o meno esplicite, del rinascimento italiano (Michelangelo, Tiziano), che Charlotte aveva conosciuto nel corso di alcuni viaggi nostro Paese. Lo stile è molto personale e segue, con sapienza narrativa, le esigenze della “rappresentazione”, passando dalla descrizione dettagliata alla stilizzazione estrema, mantenendo sempre una cifra riconoscibile, nella sinuosità della linea e nell’uso dei colori puri».

Charlotte Salomon
Ritratto tricefalo di Charlotte con i genitori Albert e Franziska Salomon

Perché la Salomon ebbe la necessità di realizzare una propria autobiografia per immagini?

«Vita? O Teatro? è un titanico esorcismo contro la maledizione familiare che Charlotte sente incombere su di sé, ma soprattutto contro la tragedia della persecuzione e della guerra. Il fulcro di questo esorcismo è la rievocazione del proprio percorso, alla luce delle teorie dell’amato Wohlfson, in cui la figura di Orfeo, con la simbologia della discesa agli inferi, rivestiva un’importanza fondamentale».

Possiamo dire che Charlotte Salamon inventa una propria iconografia?

«Senz’altro. Iconografia che affonda nelle sue esperienze dolorose, trasfigurandole e creando una mitologia personale. Estremamente originale, il modo in cui si appropria, restituendole con i propri mezzi, di tecniche cinematografiche».

Qual è il rapporto nella sua opera tra immagine e parola?

«L’opera è stata definita da molti il primo esempio assoluto di graphic novel, altri l’hanno paragonata a uno story-board cinematografico. In ogni caso, la parola riveste un ruolo fondamentale e spesso, come nei monologhi dei personaggi, l’autrice inventa soluzioni espressive originali per integrare i due piani. Altro elemento di grande interesse è la tecnica del “calligramma” usata per dare spessore visivo ad alcune didascalie».

Charlotte Salomon
Autoritratto di Charlotte Salomon

Quante sono le tavole che compongono “Vita? o teatro? Un Singspiel”. Quando sono state realizzate? Come sono giunte fino a noi?

«Le tavole sono 781, anche se il corpus, tra rifacimenti e tavole scartate, ne comprenderebbe circa 1.300. Il periodo di composizione va dal 1940 al 1942. Quando si concretizzò il rischio di essere catturata dai tedeschi, Charlotte consegnò il tutto al proprio medico. A fine guerra, tramite Ottilie Moore, cui l’opera è dedicata, essa giunse ad Albert e Paula Salomon, che erano sopravvissuti e che a loro volta consegnarono tutto (con qualche riserva) al museo ebraico di Amsterdam, dove fu intrapreso un delicato lavoro filologico per ricostruire l’ordine narrativo delle tavole che, nel corso dei vari passaggi, era andato perduto».

Quale pensa sia stato il contributo più importante che ci ha consegnato Charlotte

«Sono tante le lezioni lasciateci da questa ragazza che, tra difficoltà inimmaginabili, trova la forza per portare avanti un’impresa colossale. Quella che mi piace evocare in conclusione è l’idea della forza di redenzione dell’amore».

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