-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Un doppio Giulio Romano a Mantova
Arte antica
Una vera e propria Giulio Romano experience si è inaugurata pochi giorni fa a Mantova, ma di quelle vere e non virtuali come si vanno facendo in giro per il mondo, dove le opere sono sostituite da proiezioni, pannelli retroilluminati e effetti speciali. A Mantova, la città dove Giulio Romano (1499-1546) divenne il grande artista che è stato e non più solo l’allievo prediletto di Raffaello, la città che contribuì a modificare, formare, plasmare, costruendovi la propria casa, la città in cui è sepolto e che ora ospita due importanti mostre (memori dei fasti di quella del 1989 presieduta da Ernst Gombrich): Giulio Romano: Arte e Desiderio a Palazzo Te e Con Nuova e stravagante maniera a Palazzo Ducale.
Un commento a caldo è che si sarebbe potuto fare un’unica grande mostra su Giulio Romano, anche divisa tra le sedi di palazzo Ducale e Palazzo Te, con un unico catalogo, un coordinamento di assicurazioni e trasporti, un solo comitato scientifico, una comunicazione condivisa, un biglietto unico e via dicendo.
Ciò non toglie comunque niente alla qualità delle due esposizioni, che vanno però distinte in modo netto. Da una parte, a Palazzo Te, una mostra più emozionale, che forse piacerà più al pubblico generalista, agli amanti di selfie e post di vario tipo. L’argomento in sé lo richiede: eros rinascimentale e pornografia antica.
Nella mostra di Palazzo Te, nonostante il titolo, si contano solo 4 opere su 44 a firma di Giulio Romano, se non fosse che tutto il luogo che le ospita e le sale affrescate che si attraversano nel percorso sono di Giulio Romano. Quel che manca alle opere in mostra lo fa dunque lo spazio della mostra! Il dipinto dei Due amanti dell’Ermitage è un capolavoro assoluto e tiene sulle sue poderose spalle buona parte del peso dell’esposizione. Che il tema in sé non potesse bastare a dare coerenza e unitarietà al progetto lo certifica il fatto di averlo dovuto suddividere in quattro aree tematiche. Peccato non aver messo in mostra tutti i fogli dei Modi di Giulio Romano commentati da Pietro Aretino o avergli dato più evidenza: erano forse il tema vero e proprio dell’esposizione e quello più accattivante.
A Palazzo Ducale siamo di fronte a una mostra forse più internazionale dal punto di vista curatoriale e scientifico, più rigorosa nel concept filologico e soprattutto perfettamente integrata, opera per opera, negli spazi espositivi: ai disegni (studi e bozzetti) corrispondono affreschi e parti architettoniche del palazzo. Quindi una mostra competitiva e esportabile, ma solo a patto di perdere il senso stesso delle sue profonde e calibrate motivazioni site specific. Nessun vero e proprio hit, ma un itinerario organico con un allestimento di un architetto, David Palterer, che ha saputo far dialogare difformità degli spazi e specificità delle opere, in modo dinamico e esemplare. Mostra che tra l’altro coincide con l’addio del direttore Peter Assmann a fine ottobre, fautore di una sorta di rinascita della reggia gonzaghesca nei quattro anni del suo mandato.
Di tutto ciò il gran pubblico percepirà poco, senza dubbio attratto, oltre che dalle opere, dagli ambienti dei due palazzi gonzagheschi, dai loro affreschi, decorazioni, colori e recenti restauri e sistemi di illuminazioni.
Ma Giulio Romano continua a stupire i contemporanei per la sua modernità.