Vincent Van Gogh (?), Elimar, 1889, courtesy LMI Group International
In un mercatino dell’usato del Minnesota, un collezionista di antichità ha acquistato un dipinto a olio per meno di 50 dollari: nessuno avrebbe potuto immaginare che potesse essere un’opera perduta di Vincent van Gogh. Intitolata Elimar (1889), l’opera sta catturando l’attenzione della comunità artistica internazionale, sollevando interrogativi sulla sua autenticità e sul valore storico – ma anche economico – che potrebbe rappresentare. Se la tela dovesse essere riconosciuta come un autentico van Gogh, il suo valore potrebbe superare i 15 milioni di dollari. Ma, al di là delle stime di mercato, la scoperta potrebbe aggiungere un tassello prezioso alla comprensione del periodo più intimo e tormentato della produzione dell’artista.
Secondo le prime ricostruzioni, Elimar sarebbe stato dipinto tra le mura del sanatorio di Saint-Paul-de-Mausole, a Saint-Rémy-de-Provence, tra il maggio 1889 e il maggio 1890. In quel periodo, l’artista produsse oltre 150 opere, tra cui diversi capolavori diventati poi iconici, come Mandorlo in fiore (1890), Iris (1889) e La notte stellata (1889). Il dipinto trovato in Minnesota raffigura un anziano pescatore con una barba bianca e un cappello rotondo, intento a riparare le reti lungo una riva desolata. La firma Elimar, presumibilmente il nome dell’uomo ritratto, compare nell’angolo in basso a destra. Le dimensioni della tela, di 45,7 x 40,6 cm, sono compatibili con altre opere realizzate da van Gogh nello stesso periodo.
Per determinare l’autenticità del dipinto, LMI Group International, una società di ricerca artistica con sede a New York, ha avviato un’indagine coinvolgendo un team di esperti tra chimici, curatori e avvocati specializzati in brevetti. Il loro studio, condensato in un dettagliato rapporto di ben 458 pagine, ha rivelato elementi interessanti: l’analisi dei pigmenti e della tela ha mostrato compatibilità con i materiali usati da van Gogh, a eccezione di un dettaglio controverso.
Il pigmento PR-50, una variante della lacca di geranio che ha conferito sfumature violacee al cielo del dipinto, inizialmente sembrava risalire al 1905-06, quindi diversi anni dopo la morte dell’artista, avvenuta il 29 luglio 1890. Tuttavia, un’indagine condotta dall’avvocato Ben Appleton ha rintracciato un brevetto del 1883 per lo stesso pigmento, registrato dalla società Colored Materials and Chemical Products di Saint-Denis, un sobborgo di Parigi. Poiché il fratello di van Gogh, Theo, viveva a Parigi e gli forniva i materiali artistici, è plausibile che l’artista potesse aver avuto accesso a questa sostanza già nel 1889.
Secondo Maxwell L. Anderson, Chief Operating Officer di LMI Group, Elimar potrebbe rappresentare un’opera di particolare significato nella produzione dell’artista: «L’analisi condotta su questo dipinto distintivo fornisce una nuova visione dell’opera di van Gogh, in particolare per quanto riguarda la sua pratica di reinterpretazione di opere di altri artisti. Questa somiglianza in movimento incarna il tema ricorrente della redenzione, un concetto spesso discusso nelle sue lettere e nella sua arte».
Nonostante le prove scientifiche e le analisi storico-artistiche presentate da LMI, il verdetto definitivo spetta esclusivamente al Van Gogh Museum di Amsterdam, l’unica istituzione preposta alla certificazione ufficiale delle opere dell’artista olandese.
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