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arteatro_attraversamenti Jean Fabre – Quando l’uomo principale è una donna Firenze, Fabbrica Europa
arteatro
Jan Fabre ricompone e scinde l’androgino. In una rete fitta di simboli e evocazioni ancestrali si svolge il dramma alchemico della procreazione e della separazione dei sessi. Con la giusta ironia…
Jan Fabre, l’eclettico. Jan Fabre, l’eretico, Jean Fabre entomologo anomalo e autore di drammturgie visionarie. Il proteiforme artista belga sbarca a Fabbrica Europa con uno spettacolo ironico e raffinatissimo che innesca una serie di provocazioni e riflessioni sugli stereotipi delle identità sessuali.
Si tratta di un assolo per danzatrice. Sulla scena la protagonista di Quando l’uomo principale è una donna mette in gioco la sua fisicità ambigua: ironica, corrosiva, leggera, Lisbeth Gruwez, stretta in un completo giacca e pantaloni (di cui si libera ben presto), disgrega con grazia tutti i confini (quelli formali e quelli intellettuali) tra l’uomo e la donna. Nella visione di Fabre la mascolinità è inscindibile dalla sua componente femminile, se non altro perché in tempo pre-natale ogni uomo è necessariamente parte della donna.
All’inizio della pièce, una ventina di bottiglie d’olio lasciano cadere lentamente alcune gocce che si raccolgono in lucide, compatte pozzanghere. Una forma di necessità avverte la danzatrice che la preparazione del cocktail al quale si accinge non è a buon punto, Ancora non basta, la sintesi alchemica tra i poli non è ancora raggiunta. L’olio, che ricopre tutta la piattaforma, è il simbolo della vita e della fertilità, sinonimo di fluidità materica, mezzo attraverso il quale naviga la fisicità della danzatrice.
Il corpo androgino e vibrante della straordinaria Gruwez diventa energia pura riempiendo lo spazio scenico con una voracità animale.
Infine, con il parto (letterale) di un oliva, l’androgino si scinde, l’equilibrio primordiale è incrinato, ma sorge la vita.
L’intera messa in scena (strettamente drammatica negli assunti su cui si fonda) è pervasa di leggerezza, dell’ebbrezza del volo (ricordando come in Freud sognare di volare riconduce all’orgasmo). L’olio contribuisce a creare un ulteriore stato della materia che estende indefinitamente i confini del corpo della Gruwez.
In questa dimensione di slancio –dammi il coraggio per fare il primo salto- lo spettacolo scorre cristallino felicemente integrato dal commento sonoro delle musiche Maarten Van Cauwenberghe.
bio
Jan Fabre nasce ad Anversa nel 1958. nel corso della sua attività ha esplorato tutti i possibili linguaggi dell’arte: installazione, scultura, videoarte, coreografia, poesia, disegno. Presente in numerosi appuntamenti di caratura internazionale (Biennale di Venezia, Documenta). Attualmente è artista residente presso deSingel (Anversa)
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pietro gaglianò
spettacolo visto il 16.V.2004
regia e scenografia: Jan Fabre
coreografia: Jan Fabre, Lisbeth Gruwez
interprete: Lisbeth Gruwez
assistenza alla regia e drammaturgia: Miet Martens
musica: Maarten Van Cauwenberghe
musica supplementare: Domenico Modugno, “Nel blu dipinto di blu (Volare)”
luci: Jan Fabre, Pieter Troch – costumi: Daphne Kitschen
coordinazione tecnica: Gert Vanderauwera, Pietre Troch
responsabile di produzione: Mark Geurden
produzione: Troubleyn (Anversa, Belgio) in coproduzione con Théâtre de La Ville (Parigi, Francia), deSingel (Anversa, Belgio) con il supporto del Festival Iberoamericano de Teatro de Bogotà
[exibart]