Continua la saga dei Fanny & Alexander intorno al romanzo Ada o ardore di Nabokov. Abbandonate le passioni e i deliri di Ada e Van, i due fratelli/cugini compromessi in un amore incestuoso, è la volta di Acquamarina, il nuovo dei sette episodi del progetto Ada, cronaca familiare ideato da Luigi De Angelis e Chiara Lagani. Ogni arredo scenografico sembra rimosso. Acquamarina è un’opera di sfondamento. Muove dalla presa d’atto di uno scacco. L’artificio penetra le convenzioni sceniche e le lascia in balia di un varco: il sipario.
La vicenda di Aqua e Marina, le madri gemelle di Ada e Van innamorate entrambe di Demon, si compie fra le ondulazioni spesse del sipario. In un andirivieni sistolico-diastolico, la quarta parete si svasa, mostra le estremità dei personaggi, i piedi. La loro danza. Dalla ferita centrale del sipario fuoriescono gambe e mani, bolle di sapone e peluche parlanti. Ancora sezioni del corpo. La parete in quanto confine, barriera limitante è il luogo di confronto-scontro in cui solo possono convergere le azioni: la malattia di Aqua, il tradimento di Marina, il parto delle due donne, la sostituzione dei bambini (?). La parte superiore del corpo non scompare. Esiste, ora come traccia sul sudario pesante del sipario di velluto e dei suoi pennacchi di grogrè, ora sezionato dal telo nero del fondale, ora come schizzo del terzo sfondo scuoiato in macchie di colore.
Oltre il sipario un ospedale: un divaricatoio ostetrico, una lambada da sala operatoria. Ma l’aspetto patologico e morboso rinviene nell’insistenza delle ripetizioni: il sipario si apre, si chiude, si apre ancora. Marina primattice interpreta se stessa e la sorella. Aqua si vuole sottrarre alle cure, l’infermiera e il dottore la inseguono, e lei si sdoppia nel suo orsacchiotto consolatore. Una progressione senza esiti e senza ritorno. Uno stato ipnotico assecondato dal tessuto sonoro che vive nell’ambiguità tra il registrato e il trasmesso dal vivo. I frame scenici, dettati dall’apertura-chiusura del sipario, sono didascalicamente scanditi dal box di quarzine che campeggia sulla testa degli attori: le lettere M-A-T-R-I-M-O-N-I-O, un cuore, una croce per la festa nuziale di Demon e Aqua. Il quadretto-reclame da cornetto Algida rivela l’adesione, deliberatamente ingenua e cinica, alle seduzioni dell’universo stereotipato dei mass media.
Acquamarina vive nell’atteggiamento appagato di un’esibizione tutta di superficie in cui la visionarietà deve passare attraverso un onirismo posticcio di teloni trasparenti tirati su corridoi di filo di ferro a vista. Teatrini infantili che mimano quelli dei grandi (certe trasparenze della Socìetas Raffaello Sanzio da Oreatea a B.#04 Berlin). Nello stesso intervallo si inscrive la citazione, quella dichiarata al maestro Leo de Berardinis, alla Ofelia del suo memorabile Principe di Danimarca, o la parodica sintesi futurista di uno sparo improvviso che non necessita più neppure dell’apertura del sipario. Gioco smascherato del teatro che si confronta con se stesso. I giochi, come sempre per i Fanny & Alexander sono aperti. Armati con il proprio Kit di sopravvivenza (consegnato all’ingresso), al pubblico non resta che aspettare la prossima mossa.
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