Le due recenti performance commissionate dall’ICA (Institute of Contemporary Arts) di Londra esplorano il rapporto tra tecnologia e storia della performance. Concepito in collaborazione con la Royal Opera House, il primo evento, Flock, impiega la coreografia digitale come metodo per incidere le convenzioni del balletto classico pur conservandone fascinazione e sogno.
L’uso della tecnologia, in questo caso, ha preso la forma di un intervento pubblico in uno dei luoghi storici di Londra. Un’enorme gru è stata, infatti, montata nel centro di Trafalgar Square oscurando l’altissimo monumento di Nelson’s Column. Da questo punto di vista sopraelevato l’immagine digitale di un lago è stata proiettata sulla strada, mentre la partitura di Tchaikovsky per il Lago di Cigni filtrava attraverso i passanti. Dalle ondulazioni elettroniche emergevano una serie di danzatori animati che finivano per sovrapporsi ai passi della gente abbastanza coraggiosa da entrare nello spazio della proiezione. Mentre i danzatori cominciavano a fare pirouette e gesti esagerati ci si sarebbe aspettati che le animazioni seguissero la loro iniziativa. Invece, questa componente interattiva non è stata realizzata perchè il programma di cattura del movimento, realizzato appositamente per captare i passi, non riusciva a controllare la quantità di volontari che affollava il palcoscenico illuminato. Nonostante l’entusiasmo, alla fine la performance non consentiva di far ballare nessuno, virtuale o reale. Le immagini computerizzate non funzionavano ma il trascorrere tranquillo della musica e l’architettura meccanizzata dell’opera invadono uno spazio urbano povero d’impatto drammatico.
Se lo scopo di Flock è di riscrivere le forme classiche del balletto attraverso tecnologie di simulazione e interazione, Concert for Voice and Machinery II tenta la vera simulazione di una famosa techno-performance della storia recente. L’artista Jo Mitchell ha scelto, infatti, di rinscenare il concerto degli Einsturzende Neubauten che, vent’anni fa, finì con una rivolta dentro la galleria dell’ICA. I dettagli dello spettacolo originale non sono trascurati, fino ai manifesti fatti a mano che adornavano la biglietteria avvisando che non si sarebbe trattato di uno spettacolo normale. Il gruppo tedesco, noto per la musica creata con strumenti anticonvenzionali, ha portato la propria tecnica agli estremi, creando un noise industriale con seghe e trapani. Su un palcoscenico affollato di mobili d’ufficio, mattoni, legno e un pianoforte, i numerosi musicisti, vestiti di nero, hanno cominciato a suonare. All’improvviso si intensifica un rumore terrificante, che fa tremare il pavimento, mentre seghe e trapani distruggono tutto il materiale presente sul palcoscenico. Le azioni rasentano il ridicolo, ma profondono anche un senso di minaccia quando del vetro viene buttato dentro un miscelatore di cemento e poi spruzzato sul pubblico, mentre il pianoforte è colpito rumorosamente e fatto a pezzi. L’impiego di tale, volutamente primitiva, tecnologia, che include le griglie gutturali della voce umana, crea una tensione minacciosa tanto fisica che sonica. Entrambe le performance, quella d’allora e la sua riproduzione, allargano l’arena della musica e tentano di misurare la resistenza del pubblico. L’arrangiamento complesso di questi suoni dissonanti, che si era perso nella distruzione violenta della performance originale, si distingue chiaramente nella performance simulata, rappresentata meticolosamente in tutti i suoi dettagli.
Questo aspetto, però, non ha compromesso la sensazione di minaccia insistente che si esacerbava quando si scatenavano i vari performer nell’auditorio pronti per istigare l’episodio della rivolta famosa. Il rumore diminuisce e comincia la lotta finta, che crea un ritorno sentimentale allo storico evento, rivelando la natura illusoria della minaccia, di oggi come di allora. Se di solito le ricostruzioni finiscono per esporre o incrementare la mitizzazione dell’evento che ricreano, questa performance sembra trascendere il suo referente storico e insistere sulla sua esistenza nel presente. Se gli scopi e i media impiegati in Flock e in Concert for Voice and Machinery II sono diversi, queste opere finiscono per attestare un ricorso alla tecnologia nella performance come metodo archeologico per investigare la storia dell’arte dal vivo nel momento della sua ricreazione.
link correlati
www.ica.org.uk
www.royalopera.org
www.neubauten.org
www.ffeac.org/117.page
paul clinton
traduzione a cura di lucia yandoli
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