Le
condizioni di fruibilitĂ di uno spettacolo teatrale, talvolta, si pongono al di
fuori dello spettacolo stesso. Stanno nel luogo ospitante, nello spazio che
ospita la produzione creativa e che pone le condizioni per lo sguardo dello
spettatore. Il buio può essere necessità dello sguardo. Su questa problematica
si esprime, in questa stessa rivista, Carlo Orsini a proposito del gruppo
Orthographe: le sale italiane sembrano
condannate â
alla presenza di luci âsegna-passoâ sui gradini, dalla segnaletica di sicurezza sopra le porte e dalle
infiltrazioni di luce provenienti da sotto le tendeâ.
Il buio in
West/Mirage di
Keramik Papier è la
conditio sine
qua non per la riuscita dello spettacolo. Lo spazio messo a disposizione dal Teatro
Furio Camillo di Roma non pone tale condizione. Questa impossibilità è allo
stesso tempo una porta aperta sulla problematica della versatilitĂ dello
spettacolo teatrale e una finestra sulla reale disponibilitĂ di spazi e sulle
scelte di circuitazione.
Eppure, proprio la versatilità è caratteristica di
Keramik
Papier.
Danilo Morbidoni e
Sara Panucci sono â
arredatori di inter-mondiâ. Ossia di quegli
spazi che stanno tra il luogo concreto, tangibile, in cui la performance
avviene e quello creato dal loro intervento su questo spazio (non meno
tangibile del primo). Intervengono attraverso luci, suono e la collaborazione
di diversi performer. In
Tutto sia calmo â site specific apprezzato durante il
festival
Deus Ex Machina a Roma â era lo scarto fra la stabilitĂ iniziale del
corridoio in cui si svolgeva lo spettacolo e la sua successiva, apparente
dilatazione attraverso fumo, suono e luci, a dettare le leggi di un inter-mondo
in cui il pubblico fosse emotivamente coinvolto e a muovere i fili di una â se
pur abbozzata â drammaturgia (un volatile di luce precipita dallâalto verso il
suo nido).
Al contrario,
West/Mirage muove da una visione ben precisa,
trovando il suo
fil rouge nellâaffiorare di immagini che evocano
paesaggi incandescenti, deserti, praterie americane prive di qualsiasi punto di
orientamento. I Keramik Papier collaborano con i musicisti Karas
(Leonardo Boldrin e
Serena Borgatello) e con la danzatrice
Annika Pannitto. La performer è una
presenza dispersa che affiora nella luce come un miraggio. Al suo fianco un
artista diverso per ogni replica attraversa lo spazio, lasciando che la
danzatrice agisca di conseguenza.
Si creano due facce di una stessa moneta (dove lâimmagine della
moneta risulta piĂš calzante rispetto a quella della medaglia). Da un lato câè
lo spazio concreto, ossia quello del teatro che pone âle condizioni perâ,
dallâaltro câè il mondo che si vuole creare. Ma, come si diceva, Keramik Papier
sono âarredatori di inter-mondiâ, ossia di quello spazio che sta fra un lato e
lâaltro della moneta e che affiora soltanto lasciandola ruotare. In altri
termini, da un lato câè la prassi, la tecnica, dallâaltro câè lâidea. La
visione dellâidea porta alla sua morte lĂŹ dove i segni divengono immediatamente
significanti e ogni cosa perde la sua magia in unâimmediata riconducibilitĂ di
senso.
CosĂŹ, ecco nel finale il West secondo
Quentin Tarantino, ecco il deserto,
ecco il caldo, ecco la paura, ecco il rosso del fuoco, il rosso delle macchine,
la fatica, il perdersi. Ecco un esercizio che imita il mondo nel teatro
attraverso una prassi. Ma questo non è lâobiettivo di Keramik Papier. Il loro
mondo è tra la prassi e lâidea â e per questo è indispensabile il buio â, è nel
roteare di quella moneta per cui le immagini evocano e si ri-velano,
suggestionano senza dire. Il corpo diviene luce, la luce e la granularitĂ del
suono divengono corpo. Nessuna drammaturgia, nessuna filosofia, soltanto la
visionaria visceralitĂ di un mondo da guardare da una soglia per esserne
catturati e non capire.
Mai come in questo caso â la replica al Teatro Furio Camillo di
Roma â la sentenza biblica â
E luce fuâ tuona come un decreto di morte e non di
vita. A causa della mancanza del buio lâinter-mondo scompare e il pubblico
guarda la seconda faccia di una moneta immobile.