Dopo l’inaugurazione con l’artista italiana, francese d’adozione,
Caterina Sagna, che con
Basso Ostinato realizza un ritratto irriverente delle innumerevoli manie dei tersicorei, l’11esima edizione del festival milanese
Danae, sotto la direzione artistica di Alessandra De Santis e Attilio Nicoli Cristiani, volge il suo sguardo sulle sponde atlantiche della penisola iberica.
Claudia Dias, performer già ospite nei festival di Santarcangelo e Polverigi, esponente del collettivo artistico
RE.AL, si cimenta con un alfabeto scenico fatto di oggetti e immaginari collettivi che travalicano la propria origine funzionale e semantica. La coreo-regista portoghese approda al Teatro Out Off con due spettacoli, uno già noto (
Visita Guiada, 2005) e l’altro inedito (
Das coisas nascem coisas, 2008), e conduce in un territorio immaginifico cosparso di cose quotidiane che assumono una simbologia scenica fortemente connotante.
Nel lavoro più recente, banali scatole di cartone scolpiscono paesaggi reali, letterari e politici grazie alla maestria “ingegneristica” dei due interpreti
Márcia Lança (allieva di Dias e già ospite di Danae lo scorso anno) e
Rui Silveira. Via via le innumerevoli scatole di cartone portate in scena stabiliscono un ponte lessicale tra l’oggetto e la sua funzionalità dettata dalla collocazione nello spazio: rovine del passato, totem, sepolcro, croce da processione, grattacielo infranto da un aereo. Per chiudere: il manifesto politico di
Brecht (
Domande di un lettore operaio) viene proiettato su due muri di scatole che slittano tra loro fino a congiungersi in una gigantesca cortina di cartone/quarta parete, metafora dei muri materiali e ideologici ancora ben radicati nelle nostre coscienze collettive.
Di uso personale sono invece i “compagni d’avventura” di Dias in
Visita guiada; sola sul palco si spinge in un territorio geo-individuale fatto di ricordi e luoghi d’infanzia della propria città d’origine. La coreografa-interprete-drammaturga esibisce, con superba padronanza scenica e senza alcun pudore, la propria nudità fisica e interiore e, come una novella icona martire, guarnisce il corpo con “stimmate-oggetti” tirati fuori da un sacchetto della spesa: dentifricio, fazzolettini, sigarette, fiammiferi, filo interdentale, bottiglietta d’acqua. Dissemina il palco di tracce di vita personale legate ai luoghi della città e trascina il pubblico in una panoramica emotiva di Lisbona sulle spalle del Cristo Rei, sulle onde azzurro-dentifricio della Costa de Caparica, sui ponti di sigarette di Salazar.
Gli episodi intimi di storia privata si intrecciano a quelli storico-politici del Portogallo degli ultimi decenni fino a lasciare nitida nella memoria dello spettatore un’immagine finale: un corpo che, solo sul calar delle luci, prende forma di danza rarefatta sul filo dei ricordi.
Danae prosegue con gli epigoni di
Virgilio Sieni,
Giovannini e Cardini, con le visioni grandguignol della francese
Gisèle Vienne, lo humour tecnologico della spagnola
Maria Jerez, gli italiani
Motus,
Santasangre,
MK, un lavoro sulla percezione della risata della tedesca
Antonia Baher e il progetto di residenza artistica Ares delle giovani compagnie
Giorgia Maretta ed
ESPZ.