In questa direzione, Màntica definisce la sua configurazione
plurale come un’apertura del proprio fare, delle relazioni intessute negli anni
con artisti, musicisti, maestri di varie discipline, dunque “un festival”, afferma ancora Guidi, “segnato da una pratica che prende vita da rapporti
reali, incontri, possibili derive”. Questa dimensione si rende evidenza
nella fisionomia composita e nell’anomala incongruenza degli eventi presenti nelle
loro reciproche relazioni. Un gesto di apertura all’esterno è identificabile nella
relazione tessuta con un luogo geografico, un territorio ben definito, che vede
coinvolti sette spazi della città di Cesena, tra i quali la Biblioteca
Malatestiana, il Palazzo Ghini, il Teatro Bonci, la Chiesa di San Pietro, il Conservatorio
Statale di Musica Bruno Maderna. Spazi che muovono lo spettatore a raggiere a
partire dal fulcro identificabile nel Teatro Comandini, sede della Socìetas
Raffaello Sanzio.
L’altro aspetto che tiene salda
l’idea di un’apertura pragmatica è la proposta di seminari e laboratori che
costellano una programmazione intensa di eventi musicali, accadimenti teatrali,
dialoghi, riflessioni teoriche, visioni cinematografiche (Alan Clarke, Elephant, e Bill Morrison, Decasia).
plastica e di metallo recuperati è il laboratorio del percussionista brasiliano
Marivaldo Paim, mentre l’ornitologo Fabrizio
Borghesi propone un laboratorio per attori di ascolto e imitazione del
canto degli uccelli, nel tentativo di costruire un ambiente palustre in cui la
voce umana possa inseguire quella dell’animale; la studiosa di musica
contemporanea Daniela Cascella, suggerisce
un ascolto percorrendo il tempo e le durate di un testo. Romeo Castellucci costruisce un tragitto seminariale a partire
dagli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola ed esplora la creazione come
costruzione di uno spazio mentale; Claudia
Castellucci, per tutta la durata di Màntica,
propone una riflessione – attraverso Alexander Kojève che legge Senofonte – sul
posizionamento dell’intellettuale in relazione al potere politico; mentre Chiara Guidi dispiega un discorso “sulla verità retrograda della voce”.
Se far condividere presenze ed
esperienze di varia natura è il vero moto propulsore di Màntica, gli spettacoli divengono visione/esplorazione della voce
umana che procede per richiami e sconfinamenti. Nel programma troviamo, dunque,
esperienze artistiche in grado di declinare la voce non solo in quanto parola o linguaggio, cioè entità semantica, ma anche
in quanto dimensione del vocalico, al di qua e al di là del significato,
come suono, anche strumentale, finanche come espressione corporea o tensione
espressiva fra l’unicità della voce e il sistema del linguaggio.
Un’aspirazione
a liberare la voce dalle restrizioni del sistema fonematico della lingua
attraverso la relazione primaria con la cavità orale è ciò che accade per Igor
Koshkendey nei canti tuva originari delle regioni mongole e
siberiane. Il noto compositore rumeno, Alexander Balanescu, con
una masterclass per archi e un concerto del
Balanescu Quartet, mostra la sua ricerca che
intreccia i linguaggi dell’avanguardia classica, delle reminiscenze etniche e
della sperimentazione musicale fino ai suoi limiti. Si fa luogo di quella
“gioia dell’emanazione”
di cui parla Zumthor, Charlemagne
Palestine, teosofo musicista americano, presente con due concerti, uno per
pianoforte e clavicembalo e l’altro per organo nel quale sono messi in atto
veri e propri spostamenti d’aria.
Una disposizione alla risonanza,
qualità propria della relazione aurale-orale, è la performance di Romeo
Castellucci, Sul concetto di
volto nel figlio di Dio, in cui una gigantografia del volto di Cristo di Antonello da Messina interroga lo
sguardo dello spettatore generando un luogo perturbante di per sé dotato di un
tensione enigmatica, come fosse una calamita che attingere a un affetto primordiale.
Un affondo speciale nella visione
è quello condotto attraverso Rom-Uomini,
Cesare Lombroso, Visione del deserto, Trasparenze, Animali criminali,
proiezioni filmiche di Yervant Gianikian,
regista-architetto italiano di origine armena, in sodalizio artistico dagli ’70
con Angela Ricci Lucchi. Un viaggio
sul limite tra arte contemporanea – nella forma dell’installazione-video e
della ricerca sinestetica – e “cinema documentario” è percorso in dialogo con Enrico Ghezzi. Se gli illustratori Stefano Ricci e Anke Feuchtenberger presentano le loro tavole accompagnate da brevi
filmati di animazione realizzati con tecnologie elementari, la caustica
formazione slovena Via Negativa con Invalid mostra letteralmente “una
danza senza ginocchia e con i gomiti rotti” lavorando nel segno di una riduzione al
minimo del gesto teatrale.
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terza edizione di Màntica
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dal 16 al 28 novembre 2010
Màntica 2010 – Esercizi di voce umana
Socìetas
Raffaello Sanzio | Teatro Comandini
Corte
del Volontariato, 22 – 47521 Cesena (FC)
Info: tel. +39 054725566; prenotazioni@raffaellosanzio.org; www.raffaellosanzio.org
[exibart]
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