La
necessitĂ di un festival che fungesse da vetrina del nuovo teatro nostrano
sembrava impellente nella Capitale. Dopo
Equilibrio-Festival della nuova
danza, ospitato all’Auditorium,
era forte la necessità di spostare l’attenzione al nuovo teatro e alle sue
possibilità di mercato nell’orizzonte internazionale. Ideato da Giorgio
Barberio Corsetti
(che proprio
quest’anno ha ceduto la direzione artistica di Equilibrio a Sidi Larbi
Cherkaoui),
Vertigine si
proponeva come uno showcase della nuova sperimentazione italiana, piattaforma
per le giovani compagnie, per gli attori, per gli artisti e le professioni del
teatro; un evento in grado di creare un marchio del più nuovo “made in Italy”.
La
prima edizione di tale progetto ha vissuto di prevedibili contraddizioni, che
attraversano tanto la stesura della rassegna quanto la sua impaginazione e che
toccano il verdetto della giuria internazionale chiamata a valutare gli
spettacoli in gara.
Il
7 marzo la giuria internazionale, composta da quaranta studiosi e operatori di
teatro rigorosamente stranieri, aggiudica il premio di 10mila euro, messo in
palio da Vertigine, alla compagnia
Babilonia Teatri per lo spettacolo
Made in Italy. I dubbi nati da tale scelta non vogliono
interrogarsi sulla qualitĂ artistica dello spettacolo di Babilonia, quanto sul
punto di arrivo e sulle finalitĂ de festival stesso. Sulla qualitĂ di
Made
in Italy, in fondo, si sono giĂ
espressi critici e operatori italiani: la compagnia si è recentemente
aggiudicata un Premio Ubu e
Made in Italy è il progetto con il quale ha vinto il Premio Scenario 2007. “
Per
un teatro pop, per un teatro rock, per un teatro punk” recita il loro slogan, mettendo in luce la
furbesca necessitĂ di ricreare un rapporto diretto con il pubblico che viva di
un linguaggio stratificato ma immediatamente leggibile, di un’energia
irriverente che sappia parlare dei problemi dell’Italia attuale con forte
ironia.
Il
calendario di Babilonia Teatri è uno dei più fitti tra quelli delle compagnie
italiane, la loro circuitazione è vasta così come il target di riferimento dei
loro spettacoli.
Made in Italy,
che lo si apprezzi o no, funge
sicuramente da ponte tra un’arte a volte troppo chiusa su se stessa e il grande
pubblico, quella massa adulata dagli artisti pop. Qui la declinazione di tale
termine è certo differente e dall’arte pop si è ben distanti, ma rimane quello
spirito di iniziativa che si sperava di veder traslato nei futuri spettacoli
della compagnia in una ricerca piĂą radicale sul linguaggio e sulla scena
teatrale.
Eppure
il volto pop di
Made in Italy nasce
dai continui riferimenti alla sub-cultura italiana, ai panni sporchi della
nostra nazione, ai conflitti tra nord e sud, alla mentalitĂ religiosa e bigotta
che caratterizza buona parte del nostro paese, tra canzonette e tv spazzatura.
Linguaggi e tematiche comprensibili solo da connazionali, dalla nostra grande
famiglia e difficilmente percepibili da un pubblico straniero.
Cosa
rappresenta, allora, la vittoria di Babilonia Teatri? Da un lato c’è
sicuramente la consapevolezza del fascino dell’esotismo esercitato dalle
tradizioni straniere – lo stesso per cui
Emma Dante o Carmen Consoli riescono a esportare il loro
lavoro in Europa e in America -, su un altro versante vi è la problematica
della mediazione dei linguaggi, dei differenti codici artistici investiti dalle
compagnie presentate nella rassegna.
I
dubbi che nascono sul primo versante sono immediati:
Made in italy non espone tradizione e cultura italiana, mette in
luce problematiche politiche, luoghi comuni. Il fascino esotico allora non è
certamente quello della sicilianitĂ delle artiste succitate e, per quanto si
rifaccia a certa cultura nordista, sembra più che altro il rigurgito di un’un
Italia ignorante, populista e volgare. A raccontare la cultura italiana vi
erano certamente altri spettacoli: da
Dux in Scatola di
Timpano a
Mangiami l’anima e poi sputala dei
Fibre Parallele fino a
Sequestro all’Italiana di
Teatro Minimo. Probabilmente la riconoscibilitĂ di
Made in
Italy era nella vicinanza a certe
problematiche politiche che rendono l’Italia famosa sui giornali esteri: non è
un caso se un film come
Videocrazy sia stato più apprezzato all’estero che nella nostra nazione. Resta da
verificare se tali tematiche siano realmente esportabili su un circuito
artistico-commerciale internazionale.
Sul
secondo versante le problematiche da mettere in luce sembrano ben maggiori e
comprendono anche le contraddizioni di cui si parlava. Se un plusvalore di
Vertigine poteva essere quello della molteplicitĂ dei linguaggi
e delle tipologie di spettacoli in gara, tale qualitĂ viene affossata da una
cattiva curatela, che non sa dare splendore a tali differenze. L’impaginazione
della rassegna lascia dislocare gli spettacoli come se fossero privi di
collante, senza riuscire a creare una linea conduttrice che sappia divenire
immagine dell’identità del festival. Il rapporto tra gli spazi istituzionali
dell’Auditorium e gli spettacoli selezionati rimane irrisolto, mostrando come
l’istituzione non sia ancora in grado di dare spazi e valore alla ricerca
artistica: per fare un esempio,
Motel di
Gruppo Nanou, uno
dei lavori piĂą interessanti, viene ospitato presso il Teatro Studio con annesse
luci di emergenza sul palco e poltrone laterali dalle quali è possibile
adocchiare tutti i movimenti degli artisti nascosti dietro gli oggetti in
scena.
In
questo
mare magnum di ingenuitĂ
– in cui si riconosce comunque il coraggio di una direzione artistica che cerca
di dare attenzione a tutte le realtĂ del teatro italiano – emerge una delle qualitĂ
dello spettacolo di Babilonia, ossia la sua versatilitĂ . Non si tratta solo del
rapporto con lo spazio fisico, ma anche di una ricerca che si pone al centro di
tutti i linguaggi, usando la parola quanto l’immagine, il corpo quanto il suono
e riuscendo pertanto a riassumere i gusti variegati della giuria.
Ora,
ciò che resta da capire è se tali gusti porteranno a una vera circuitazione
estera dello spettacolo di Babilonia, riconoscendo in
Made in Italy un valore universale. Se ciò accadrà , allora il
Festival avrĂ raggiunto il suo scopo, quello di fungere da vetrina per il
mercato internazionale, e diverrĂ utile interrogarsi sulle necessitĂ di tale
mercato. In caso contrario, fermo restando il valore positivo dell’evento e la
sua capacitĂ di aver portato la sperimentazione teatrale dinanzi a un pubblico
totalmente differente da quello usuale, bisognerĂ rivalutare scelte artistiche
e selezione della giuria in vista di una seconda edizione capace di essere
davvero una vertigine.