Categorie: arteatro

arteatro_opinioni | (Contro)tendenza Kinkaleri

di - 5 Ottobre 2010
Si è appena conclusa l’estate dei
festival. A gettare uno sguardo panoramico emerge un paesaggio dominato da
un’impalpabile e, per questo, pericolosa riproduzione del sempre identico, in
una moltiplicazione di cliché, di strategie iper-semplificanti che livellano
verso il basso l’esercizio del gusto e la costruzione del senso. I
giovani gruppi, adagiati
in un presunto assetto generazionale che ne ha garantito una condizione
d’appartenenza à
la page, armati di un linguaggio non
affrancato da un gergo divenuto
consueto nel teatro sperimentale,
mostrano spettacoli ammiccanti, che
si muovono disinvoltamente tra sintassi televisiva (Zelig) e trovate
post-jeromebelliane, che di fatto lavorano sul consenso, anche quando
agiscono con l’intento dichiarato di stimolare una forma di consapolezza
spettatoriale, o presumono di mettere in campo azioni informate politicamente.
Oppure propongono lavori tanto curati esteticamente da soffocare nella
scorciatoria del wellmade,
spesso grondanti tecnologia, espressioni radical chic di una più ben nota industria spettacolare. Non mancano performance affette da un patologico autoreferenzialismo che mescolano la trita
retorica del’epigonismo epocale con una lotta ai mostri facili (Ikea, Grande Fratello) e ai
simulacri – di un Baudrillard mal letto – utilizzandone, maldestramente, la grammatica.

In questo quadro inquietante, qualche
isola felice. Lontano dai blasoni fin troppo gloumour dei festival estivi, Kinkaleri debutta con Ascesa & Caduta nel salone centrale degli affreschi
del Castello Malaspina di Fosdinovo, nel progetto Castello in
Movimento
ideato da Pietro Torrigiani Malaspina e
Maddalena Fossombroni, in collaborazione con il Festival Lunatica 2010. Ancora una volta
Kinkaleri si fa carico dell’anacronismo dell’essere in scena e, al contempo,
di
una precisa condizione epocale ed esistenziale. E lo fa non voltando le spalle
al repertorio, rischiando un
faccia a faccia con il teatro più rappresentativo del secolo scorso, per
sovvertirlo dall’interno, attraverso una
componente caustica e politica che non disdegna una nozione alta di
intrattenimento, di gioco teatrale portato alle estreme conseguenze.
Ascesa & Caduta è
una sfida alla messa in scena, ai suoi linguaggi codificati che, qui, si
presentano disorganizzati, lillipuzianamente miniaturizzati come per portare al
collasso o amplificare la portata di discorso che non è più solo teatrale.


Nella medesima direzione muove l’altro
debutto estivo di Kinkaleri, che porta a conclusione al FAR
festival des arts vivants di Nyon, con I AM THAT
AM I
, il progetto nato nel 2009 con lo studio IO
MENTO
e la
conferenza-spettacolo TU DICI?. Nato intorno
all’immaginario de Le Serve di Jean Genet, il testo viene
fagocitato da una ventriloqua, e così dis-detto dalla fonte che lo emette, trasformandolo misteriosamente
in un accadimento fuori controllo.

Ma torniamo al lavoro presentato al Castello Malaspina. In
Ascesa & Caduta Kinkaleri
mette letteralmente sul tavolo Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny, uno dei capolavori del teatro
musicale del Novecento, opera politico-satirica composta da Kurt Weill su
libretto di Bertolt Brecht. Portato in scena nel ’30, bandito dal nazismo già
nel ‘33 (ma anche i socialisti marxisti storsero il naso), Aufstieg und Fall
è la storia
dellla città utopica, Mahagonny, che promette ricchezza e divertimento, ma che
presto si svela luogo di corruzione, sfruttamento, illegalità, dove le ragazze
devono prostituirsi per sopravvivere e gli uomini vagano alla costante ricerca
di denaro per il gioco e il whisky.

Opera impressionante, a rileggerla
oggi, che vale come un zeitoper contemporaneo capace di mettere in scena un male noto, non grandioso e non tragico, che regna con una
fredda, spaventosa vitalità. Ma ciò che interessa Kinkaleri non è
solo la straordinarietà di quest’opera profetica, capace di descrivere la
società dei consumi attraverso caratteri paradossali e distorti trascinando gli
individui all’autodistruzione, o la rappresentazione di un’esistenza sociale degradata, astuta e ottusa, ma
la struttura drammatica che mischia i linguaggi, cultura alta e bassa, musica e
parole in un impasto violento e aggressivo, eppure fresco e godibile.


Per Kinkaleri Ascesa & caduta è un assolo d’attore. Marco
Mazzoni
è dietro
un lungo tavolo multitask di legno chiaro, invaso da un esercito di anonimi
pupazzetti di plastica, sagome ritagliate da qualche fashion-magazine,
giocattoli a molla, “mano” a carica che camminano, figure note del fantasy americano. Il testo di Brecht
compare sotto forma di copione, cartacea ri-presentazione d’una precedente messinscena.
Mazzoni legge e getta a terra le pagine, scansiona con dei cartelli (fogli
stampati), brechtianamente appunto, atto per atto, “luoghi”, “ruoli” e
“battute”. Mentre doppia e muove i personaggi, legge, recita e canta in
italiano brani ispirati a Weill. Attraverso l’uso della voce traspone
perfettamente l’aggressiva incisività di una drammaturgia musicale che accosta
linguaggio colto a generi mutuati dalla
musica di consumo. Ballabili, canzonette patetiche, marce cedono il passo alla mitica Alabama Song, nota per le versioni dei Doors
e di Bowie, fan di Brecht, mentre in alcuni passaggi trapela l’eco di forme neobarocche o dei
codici della musica sacra di Bach e Händel.
Mahagonny, il nome della città-rete per “pescicani”, dall’indefinita collocazione spazio-temporale,
un po’ Dogville, un po’ Manderlay, risalta e si distingue in modo accentuato,
ripetuta come un grido di esultanza per il paradiso dei vizi, lontana dal duro
lavoro dell’Alaska e dalle proibizioni.

Il performer – munito solo di radiomicrofono – variando tecniche vocali e modalità espressive
traccia un disegno cromatico che passa dalla recitazione naturale al cantato
privo di accompagnamento, a segmenti lirici, sul filo di un registro
caricaturale; o ancora contrappuntando la partitura
testuale – come già nell’originale – con sequenze rag-time, jazz, con le
quali viene sapientemente stilizzata e quasi raggelata la crudezza
cronachistica delle vicende della criminale Begbick-Ritagliata e dei suoi subdoli complici Fatty-Jabba
the Hutt e Moses-ET, dei
minatori d’Alaska Jim-, Jack-, Bill-Taxi driver model e di Joe-Pee Wee Herman,
di Jenny-Maria di Lourdes e delle ragazze Posh e Troll. Se l’intera storia si svolge in
un’ambientazione allucinata, i personaggi-pupazzetti, iperconnotati e, a un tempo, privi di specchi
dimostrano, ancora di più, il loro status di figure incapaci di consapevolezza.


Con Ascesa & caduta Kinkaleri
conduce una ricerca che non cede alle lusinghe; anche quando sembra addolcire
la rappresentazione, in realtà tesse, in un equilibrio sottilissimo
e costantemente in bilico tra caricatura e puppetshow, un affresco multiforme,
sfumato e allo steso tempo ricco di un’energia gestuale che è vera e propria
coreografia in cui sono implicate una prepotente fisicità e un’inedita
vocalità. Tanto più il testo drammatico
respinge ogni enfasi, ogni giudizio esplicito o commozione o attesa, tanto più
la scena risulta ricca di invenzioni, raffinate, millimetricamente concertate
in un onemanshow in cui performer e storia narrata diventano un unico corpo
spettacolare, l’unico in grado – assicurano i Kinkaleri – di “mostrare
Brecht senza la sensazione di consumare surgelati!”.

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Kinkaleri
in un libro

Kinkaleri
a Bologna

Kinkaleri
al Pecci

piersandra di matteo

*articolo
pubblicato su Exibart.onpaper n. 68. Te l’eri perso? Abbonati!


Info: www.lunaticafestival.it

www.castellodifosdinovo.it

www.festival-far.ch

www.kinkaleri.it

[exibart]

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