La rassegna Ipercorpo, al Kollatinounderground di Roma, nuovo spazio artistico cittadino gestito dalla compagnia teatrale SantaSangre, offre un’altra occasione per unire arte e teatro, presentando Avvisaglie di un cedimento strutturale. Si tratta della performance vincitrice al Festival Iceberg 2005 ed ideata da Cosmesi, formazione di ricerca nata nel 2003 dal sodalizio fra la performer Eva Geatti e l’artista Nicola Toffolini. Avvisaglie stravolge il senso classico di drammaturgia, per concentrare l’attenzione e valorizzare lo spazio come luogo in cui, anche senza una narrazione, qualcosa accade. Spazio inteso non come campo d’azione, percorso installativo. Spazio come visione, minimalista e fluida. A delimitare la scena in modo tale che la separazione con lo spettatore sia tangibile è il primo passo verso una strutturazione bidimensionale, che tende a scomporre verticalmente l’ambiente, creando due cubi adiacenti, ma non comprensivi. Platea e palco sono evidentemente differenziati attraverso colori e luci. Infatti, mentre una zona in ombra è destinata al pubblico, la scena si svolge dentro una lattescente scatola bianca, abitata da una sola figura, Eva. Il resto: solo oggetti del quotidiano.
La ritualità e l’autoreferenzialità dell’azione è obbligata. Il tempo deve trascorrere e non c’è nessuno con cui rapportarsi. La donna sembra felice, la cornice che la avvolge è pulita e familiare. Il mondo esterno non conta.Tranquillamente, in solitudine può indossare sognante un rosso abito da sera, giocare con una mosca da catturare e salire sul suo podio contenta della medaglia conquistata, una galletta di riso pronta per essere addentata… Ma questa “prigione” protettiva, conosce solo due colori: un bianco pervasivo, con spruzzi di rosso qua e là. Il vestito della sua inquilina è bianco a pois rossi. La tavola è bianca, ma le tazzine rosse. Intorno, tutto è rosso su bianco, come fuoco su neve. Improvvisamente il buio.
Niente è riconoscibile, tutto è estraneo. L’amata solitudine diventa angoscia. Incalza la paura. Fino al ritorno della luce, che mette in scena di nuovo un bianco sporcato di rosso sangue. Quiete e inquietudine come un’unica cellula che non può essere scissa. Il silenzio favorisce l’attenzione degli spettatori sui lenti movimenti di Eva Geatti. Rifacendoci al titolo di una performance di Bob Wilson, datata 1970, lo sguardo dei presenti diventa “lo sguardo del sordo”, cioè di colui che, proprio perché incapace di ascoltare, tende a catturare il visibile usandolo come mezzo assoluto di comprensione. Solo gli effetti sonici riescono a trascinare fuori da questa sordità, portando la platea dentro le sensazioni contrastanti di chi abita la scena al di là.
paola delfino
spettacolo visto il 21 aprile 2006
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