Ogni due anni Düsseldorf, una delle città del bacino della Ruhr, sede di antiche acciaierie e miniere, ma anche fucina di grandi talenti – uno per tutti, la madre del tanz-teather
Pina Bausch – diventa crocevia di incontri e scambi sotto il segno della coreografia internazionale. Nel Paese dei grandi nomi della coreografia internazionale (
Joos,
Linke,
Hoffmann e la più giovane
Sasha Waltz), la danza viene considerata al pari delle altre attività culturali ed economiche e, per questa ragione, posta al centro di un vero evento fieristico, in cui gli operatori del settore (coreografi, danzatori, organizzatori, giornalisti) hanno l’opportunità di conoscersi e creare contatti.
Ben cinque le sedi coinvolte. Un intero palazzo della cultura è dedicato ai padiglioni in cui sono rappresentate quasi tutte le nazioni del globo, tranne l’Italia, se non fosse per un piccolo spazio occupato dall’italiano Luciano Padovani con la sua compagnia
Naturalis Labor. Ogni Stato rappresentato da una o più compagnie di bandiera è presente con dépliant, brochure, dvd promo, piccoli televisori o computer portatili che trasmettono video, interviste, backstage e foto di scena.
Performance quotidiane nell’ampio cortile esterno del NRW Forum Kultur und Wirtschaft accolgono i visitatori fino al pomeriggio, ora di chiusura degli stand e di partenza dei vari bus navetta che accompagnano gli spettatori verso le sedi degli spettacoli in vari punti della città e non solo. Inaugurazione in grande stile alla presenza dei più importanti esponenti politici della Nordrhein-Westfalen nell’imponente Capitol Theater, con l’esibizione di una rappresentativa delegazione olandese –
Galili Dance Company e
Krisztina de Châtel Company – e la compagnia americana
ODC di San Francisco, che in
RingRoundRozi prende a prestito i giochi d’infanzia per sperimentare cadute e rischiosi
out of balance e per disegnare un gioioso
romp-of-a-dance.
Un antico stabilimento industriale, la Fabrik Heeder, ospita l’essenziale performance della compagnia franco-elvetica
CIE 7273, interpretata da un giovane danzatore francese,
Nicolas Cantillon, che traccia, a palcoscenico nudo e senza supporto musicale, un’iperbole coreografica (
Climax): 45 minuti di assolo in cui la danza appare come una secrezione organica e naturale del corpo senza orpelli.
Di natura diversa la coreografia
Broken Chords della compagnia inglese
Vincent Dance Theatre nell’austera cornice della Dusseldorfer Schauspielhaus: palcoscenico ingombro di 120 sedie, strumenti musicali e un imponente candeliere sospeso su una pièce in bilico tra comicità triste e tragica allegria, in cui i performer si destreggiano tra danza pura, intrattenimento e canto, definito migliore spettacolo dell’anno secondo il New York Times Critics’ Pick 2007.
Nello stesso teatro, il coreografo rumeno
Edward Clug, dopo l’acclamato
Radio & Juliet, in
Sacre du Temps traccia per la compagnia olandese
Danshuis Station Zuid un percorso sul filo dei ricordi musicali di Stravinsky, riprodotti dal musicista serbo Borut Kržišnik, intraprendendo un viaggio coreografico nella memoria e nel vissuto dei suoi danzatori.
Tra show case, open studio (in cui i giovani coreografi danno una lezione dimostrativa del loro modo di coreografare nella prestigiosa e moderna TanzHaus NRW), special performance di giovani emergenti coreografi, conferenze e una mostra fotografica che festeggia il centesimo compleanno di
Kazuo Ohno, padre della danza Butoh, emerge un dato desolante: a fronte di una scarsa rappresentanza italiana alla fiera spicca una massiccia presenza di danzatori italiani sparsi nelle innumerevoli compagnie di tutto il mondo.
Nemo propheta in patria.