La danza entra in relazione con il set, con la scenografia, la drammatizzazione. La musica sovrasta e riempie la scena. Ma in Bizzy Anna una scena non c’è. C’è un ring immerso nel buio di un luogo qualsiasi, una vasca d’acqua luminosa che ospita sulla propria lucida superficie il corpo di un essere in bilico tra i generi, alle soglie della propria epifanìa. La superficialità sostiene il corpo della danzatrice, e lascia emergere la densità dei movimenti che si rifanno ai richiami più spinti e provocatori dell’eros e della mitologia. Dando corpo ad un evento di grande impatto visivo ed emotivo. Facendo nascere un umano che porta in sé i tratti dell’altro, del diverso, delle opposte emozioni, fino all’estremo del dolore e della attrazione.
Dal 1990 Thierry Smits ha creato le sue performance con la belga Compagnie Thor, in cui la danza ha sempre avuto un ruolo centrale. I venti lavori, tra cui Eros délétère (1991), Cyberchrist (1995), Soirée dansante (1995), Corps(e) (1998), Red Rubber Balls (1999), Richard Of York Gave Battle In Vain (2001), L’Âme au diable (2002) sono stati in giro per il mondo in Belgio, Croazia, Spagna, Francia, Italia, Paesi Bassi, Inghilterra, Ungheria, Italia e anche in paesi difficili, per il tipo di spettacolo che i Thor propongo, come la Tunisia.
In Bizzy Anna la danza resta pura forma coreografica, fisicità e plasticità attratte all’esterno da un cerchio di spettatori in camici bianchi, impotenti e sedotti, curiosi e respinti. Ma entra in contatto anche con le forme di espressione di una ricerca contemporanea che contemplano la musica elettronica dei Matmos, e l’ispirazione all’arte video di Matthew Barney.
Lo stesso Smits sottolinea l’importanza di questi elementi nella ricerca della compagnia, ma mette in guardia da false attrazioni. Il teatro-danza, la performance che cerca un’integrazione con la tecnologia -dice- è un teatro difficile, la ricerca di multimedialità può esprimersi soltanto in una perfetta compenetrazione dei linguaggi. Se non si è in grado di fare questo, meglio lasciar perdere. E tornare alle origini…
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