Per comprendere appieno il senso di quanto è accaduto nelle giornate del 24, 25 e 26 settembre bisogna conoscere Comacchio. Questa cittadina della provincia ferrarese, un tempo completamente circondata dalle omonime valli, nonostante la sua bellezza fatta di canali, ponti, ed antichi palazzi continua a pagare l’isolamento geografico con un arretratezza cronica nell’offerta culturale.
Da due anni l’associzione Spina si è impegnata per fondare un piccolo festival di teatro e arte contemporanea nell’intento di invertire questa inesorabile tendenza. Un atto di resistenza nel territorio, frutto dell’impegno e della caparbietà di Silvano Voltolina, Azzurra Carli, Gerardo De Vita, Maud Dreano, Francesca Amati, Manuela Luciani ed Elena Gramolelli.
Il calendario è stato ampio ed articolato. Le compagnie invitate, provenienti da tutta Italia, si sono alternate sulla scena coinvolgendo un pubblico attento e partecipe. Sono stati attivati anche due laboratori: il primo, La parola tra musica e teatro, aperto ad attori e musicisti, il secondo, Tempo allo sguardo-due giorni dedicati al vedere a cura del fotografo Patrizio Esposito.
Il recital Gente di Sotto, di Alessia Berardi e Daniel Bacalov, allestito simulando l’intimità di un caffè esclusivo, rappresentava un itinerario inconsueto attraverso le liriche di Fabrizio De Andrè. Ne è nata un’unica grande storia adagiata spiritualmente sui temi che ne hanno caratterizzano la cifra espressiva. Buoni gli arrangiamenti musicali, mentre la scrittura dei brani di raccordo indietreggiava di fronte al difficoltoso confronto con le canzoni del poeta genovese.
La compagnia Nuova Complesso Camerata, in prima nazionale, ha messo in scena Pàssanta (passano) tratta dal romanzo Po Canto Biddanoa di Benvenuto Lobina. Un affresco storico che dalla fine della prima guerra mondiale sino al tracollo del regime fascista racconta le vicende tragiche delle genti di un paesino sperduto nella provincia cagliaritana.
Per concludere questo sommario elenco, è necessario ricordare il monologo della magnetica Elena Bucci, che in questa occasione presentava Canti per Elefanti, storie di follia tra Romagna e no. La sua voce accompagnata da contrabbasso e violino dava forma ad una tensione costante, in bilico tra narrazione ed evocazione. La presenza scenica dell’attrice incarna un delirio estetizzato in cui convivono in perfetta armonia orrore e bellezza.
Per quanto riguarda la mostra L’occhio Attrezzato, va in primo luogo notato che nonostante la disomogeneità delle opere presentate esse si inquadravano con ironia e puntualità lungo gli attraversamenti cittadini. Nell’insieme gli interventi dei tredici artisti si sono composti in una grande collettiva a cielo aperto che in stretta relazione con gli spazi a disposizione ha strutturato una nuova topografia urbana. Lo spaesamento portato dalla molteplicità dei registri linguistici, dall’istallazione fotografica nella pescheria vecchia di Marco Trinchillo alla gigantografia sullo scenografico Ponte Pallotta di Roberta Busato, ha sovvertito –anche se solo per tre giorni- la mappa culturale di questa cittadina di provincia.
stefano questioli
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