Divelto un telo dal fondo del palco sottostante, appare in penombra una fila di pupi immobili nella loro fissità. Staccato uno di essi, passando da una zona di semioscurità a una più luminosa, nel silenzio si avverte il suo lento avanzare cadenzato dal lieve rumore di passi lignei e dal mulinare di braccia del danzatore accanto. Entrambi camminano fianco a fianco, si osservano, si muovono quasi incuranti. Poi, associando uno sguardo ad un passo, una postura a un gesto, entrano in relazione. Si arricchisce di un nuovo gesto poetico, di un’ulteriore afflato, il rapporto tra Virgilio Sieni e Mimmo Cuticchio, ovvero tra danzatore e puparo, tra coreografo e attore, tra corpo e marionetta. Dopo L’Atlante umano, con Nudità – debutto a Firenze, l’11 ottobre, per il festival “Democrazia del Corpo 2018”, e al Romaeuropa Festival dal 13 al 15 novembre -, continua il dialogo scenico tra i due artisti, un umanissimo incontro suscitatore di un flusso di movimento trasfigurante che nasce dall’articolazione anatomica ed espressiva della marionetta in relazione con quella del corpo umano del danzatore: una risonanza emotiva che lentamente arriva fino a noi spettatori. La bellezza di questa rinnovata intesa “a tre”, sta nella sintonia di sensi esplorati nel momento in divenire; nello sguardo rivolto all’altro e indugiante, che fa esistere l’uomo e il suo simulacro; nell’ascolto reciproco delle naturali giunture di braccia, mani, gambe, busti, che entrano in empatia fisica ed emotiva; nel riprendere, l’uno dell’altro, gesti e posture, e riconsegnarsele; nella tattilità sfiorata, attraversata, trasmessa, restituita e diventata altra materia poetica. Disadorna, nuda nella sua ossatura, la marionetta appare senza epica, portatrice di alterità, di una dimensione di grazia, di fragilità, d’innocenza. A consegnarle un’anima è il suo “manovratore” – Cuticchio -, che si distanzia e si fa presente, dando alla sua creatura una vita propria, autonoma, nel dialogo che instaura con il corpo e i movimenti di Sieni.
Mimmo Cuticchio e Virgilio Sieni
È il danzatore che segue la marionetta o viceversa? È il puparo che segna il ritmo o è il respiro del danzatore a dare l’impulso ai gesti di entrambi? In un silenzio pregno, sull’onda di un impalpabile flusso musicale (di Angelo Badalamenti), seguiamo quel nascere e svilupparsi di un rapporto segnato da posture umanissime e primarie come camminare, sedere, cadere, strisciare, toccare. Riprendendo i gesti l’uno dell’altro, entrambi si fermano, si guardano, si piegano, rotolano a terra, si tastano, si distanziano. C’è un reciproco avvinghiarsi e un depositarsi cedevole ora sulle spalle ora sulle braccia, ora distesi a terra, ora volteggiando, ora porgendo la mano per rialzarsi e riprendere il gioco tornando in fondo e ricomparendo nuovamente attraversando la scena. Quando ritorna con indosso la classica armatura da pupo con spada e scudo e una fascia tricolore sul petto, la marionetta si prende la scena. Si ferma, si guarda attorno, cerca l’uomo. Scorre avanti e indietro, sembra volerlo sfidare, ingaggiare un duello. Ma Sieni, inginocchiandosi, placa la sua foga, e lentamente gli disfa i fili, gli toglie corazza, elmo e spada depositandoli a terra. Arreso alla tenerezza, la marionetta si allontana seguendo il danzatore, dopo aver prima guardato indietro alle sue difese ormai smesse. Ritroverà Sieni sdraiato a terra, a pancia in giù, fluttuare con le braccia e le gambe come travolto da onde marine, o come se, ferito alle ali, tentasse di rialzarsi in volo. In questa continua orizzontalità e verticalità di traiettorie, di attrazioni a terra e in alto, giunge la voce vibrante di Cuticchio, il suo “cunto” musicale che parla di tempesta e di naufragio. È una cantilena dolorosa, una narrazione che si fa epica immaginando uomini inghiottiti dal quel mare scuro dove “lì sotto c’è la morte”.
Giuseppe Distefano