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Un viaggio nell’antico testamento, ripercorso attraverso lo sport del tennis. E arricchito dal rapporto con i videogame. È l’insolito scenario – puramente metafisico – proposto ne: “Il libro di Giobbe” di Pietro Babina: uno dei registi italiani più aderenti al contemporaneo che nel suo ventennale percorso – intervallato da vari premi ricevuti, in Italia e all’estero – si è distinto per la continua e attenta ricerca sui linguaggi emergenti prodotti dalle nuove tecnologie. Mettendoli in relazione con la drammaturgia e i fondamenti teatrali.
In questo nuovo spettacolo, prodotto dalla Fondazione teatro Emilia Romagna e messo in scena insieme al giovane drammaturgo Emanuele Aldrovandi (vincitore di premi importanti come L’Hystrio Scritture di Scena 2015 e il Premio Riccione Tondelli 2013), vengono riproposte le tante questioni esplorate dal libro biblico in un’avventura sviluppata da un gruppo di sei attori, fra cui l’abile Leonardo Capuano. Dopo il debutto emiliano, lo spettacolo è in tour in Italia, con varie tappe in Umbria, nelle due province di Terni e Perugia.
Il libro di Giobbe, di Pietro Babina
“Giobbe o meglio la sua interrogazione – scrive il regista – evoca ogni domanda sul senso dell’esistere, sia che si creda o non si creda nell’esistenza di Dio». Ripercorrendo la storia di Giobbe in un racconto contemporaneo, Babina esplora ancora una volta i temi che da sempre lo ossessionano e su cui si fonda la sua visione (e necessità) del teatro: l’indagine sulle ragioni del male, sul valore del bene, sull’esistenza di una dimensione magica, sulle relazioni fra ingiustizia e giustizia, potere e libertà.
Chiedendosi (e chiedendoci): “Chi è Giobbe? Il suo tormento è il nostro? Potrebbe esserlo? Oppure: Cos’è Giobbe? Un emblema? È necessario esperire in modo identico gli eventi tragici che nel racconto originario colpiscono Giobbe per poter entrare in quello stesso tormento? Sono gli eventi che innescano la domanda metafisica o la domanda giace di già e da sempre in noi? È ancora: È possibile trovare risposta a questa incessante necessità di domandare ragione dell’esistenza e della sofferenza a questa connaturata?”.
Uno spettacolo impegnativo, complesso, spietato. Che mette a confronto, spogliandoli, i valori cattolici di fronte all’esistenzialismo sfrenato o al cinismo ateo e marcatamente illuminista. In un gioco continuo tra citazioni, rimandi e retroscena. Evidente il riferimento alla biografia di Andre Agassi “Open”, probabilmente ispiratrice del lavoro teatrale (“l’immagine è tutto”, sottolineano gli attori in una scena chiave della piece: una frase centrale nella storia del tennista) che riesce nella grande impresa di attualizzare e contestualizzare nella realtà di oggi l’infinito dilemma proposto da Giobbe. Rilanciandolo in chiave moderna con altri spunti figli del nostro tempo. Riuscendo in questo modo a suscitare riflessioni e prese di coscienza come solo il teatro sa fare.
Alessio Crisantemi
“Il libro di Giobbe”
di Emanuele Aldrovandi e Pietro Babina, liberamente ispirato all’omonimo testo biblico
Scene, luci e regia: Pietro Babina
Con Leonardo Capuano e Alessandro Bay Rossi, Barbara Chichiarelli, Fabrizio Croci, Andrea Sorrentino, Giuliana Vigogna
Assistente alla regia: Mila Vanzini
Video a cura di Riccardo Mengoli
Decoratrice Lucia Bramati
produzione EMILIA ROMAGNA TEATRO FONDAZIONE
avevo colto lo stesso riferimento al libro di Agassi…uno spettacolo davvero riuscito, proprio come quel libro!