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Vedo Alice come un invito a inventare, a fantasticare, a sovvertire la nostra percezione del mondo, ad aprirsi all’impossibile. Il palcoscenico è il mio narghilè, il mio fungo la mia tana del coniglio
Moses Pendleton.
I leggendari MOMIX tornano al Teatro Olimpico di Roma con l’anteprima mondiale di Alice.
Quest’ultima è stata messa in scena mercoledì 20 febbraio 2019 (in programma fino al 3 marzo) in occasione della nona edizione del Festival Internazionale della Danza di Roma. Un debutto che sottolinea il forte legame fra le diverse entità: la compagnia di ballerini-illusionisti americana, il Teatro capitolino e l’Accademia Filarmonica Romana.
La famosa compagnia di danza anima da trent’anni i palcoscenici di tutto il mondo e il “Paese delle Meraviglie” di Alice, descritto da Lewis Carroll, è stata fonte d’ispirazione per la loro ultima creazione, diretti dal regista e coreografo Moses Pendleton. Il racconto dello scrittore inglese viene rappresentato con creatività e innovazione, dove è presente non solo la danza ma la suggestione, non solo la poesia ma l’immagine.
Chi non si è mai immedesimato in Alice? Chi non si è mai sentito perso, meravigliato, coraggioso e allo stesso tempo impaurito, come Alice, in questo sconvolgente universo? Chi non ha mai deciso di perdersi nei meandri della propria fantasia per contrastare la realtà che ci circonda e ci attanaglia?
ALICE di MOMIX : Equilibre Monaco
E quindi eccola (o meglio, eccoli) Alice e Lewis Carroll che aprono lo spettacolo. Una scala a pioli li divide, metafora delle due diverse visioni del mondo, dei differenti binari in cui viaggiano lo scrittore e la protagonista. Una dimensione reale, immanente, e l’altra verso l’alto, verso quel mondo nel quale cerchiamo rifugio. Intanto il tic-tac dell’orologio del Bianconiglio scandisce il tempo. Il ritmo si accentua, i toni si fanno più cupi. L’assenza di punti di riferimento alimenta lo stato di allerta e di preoccupazione. Il Bianconiglio assume sembianze “tetre”, intento a rapire dapprima lo sguardo e poi la mente dello spettatore. Una mente che, scevra, si lascia andare nell’oblio buio della tana. Luci, specchi e montaggi video, strumenti e oggetti s’innestano nello spazio giocando e amalgamandosi con il corpo di ballo. Il tutto amplifica la visione caleidoscopica del mondo fantasmagorico che descrive Carroll, abitato da gatti parlanti, da bruchi saggi, regine cattive e matti.
A far da cornice a questo straordinario evento c’è la mostra dedicata a Lindsay Kemp “Gesti senza fine”, presso il foyer superiore del Teatro Olimpico (visitabile un’ora prima dell’inizio dello spettacolo teatrale), curata da David Haughton e Daniela Maccari. L’artista ha sempre avuto uno stretto legame con il Teatro Olimpico. Tutto nacque nel 1966 con la prima di A(lter) A(ction) di Egisto Macchi con la scenografia ed i costumi firmati da Jannis Kounellis. La mostra pone il focus su ciò che ha sempre contraddistinto Kemp, ovvero la sua visione del mondo. Una visione che ha portato sul palcoscenico con i suoi spettacoli, come nel caso della sua Alice dove interpretava un innamorato Lewis Carroll, il Gatto del Cheshire e il Cavaliere Bianco (in sostituzione della Regina Bianca). Una mostra promossa dal Teatro capitolino in collaborazione con la Filarmonica Romana insieme a Julio Alvez (produttore di Kemp e manager dei MOMIX) dove i suoi disegni e le fotografie di Richard Haughton daranno di nuovo vita all’illustre artista che ci ha lasciato poco tempo fa.
Valentina Muzi
Teatro Olimpico
Piazza Gentile da Fabriano 17, 00196 Roma