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Antigone, figlia di Edipo, è rimasta segnata da una famiglia maledetta che l’ha costretta ad una vita piena di dolori e di perdite premature. Aveva stretto un legame indissolubile con la sorella Ismene e i due fratelli Eteocle e Polinice.
Eteocle morì in guerra combattendo con onore e quindi degno di qualsiasi onorificenza; Polinice, invece, è morto da traditore, ragion per cui disprezzato da tutti e non degno di adeguata sepoltura. Le sorti delle sue spoglie sarebbero state lasciate alla stregua di corvi e cani, senza possibilità di salvezza alcuna, secondo l’Editto emanato appositamente dal tiranno Creonte. Quest’ultimo saputa la trasgressione di Antigone, che per amore preleva il corpo fraterno concedendogli tutti i dovuti onori, mossa dalla morale e dai sentimenti evidentemente estranei al capo della città, viene condannata ad una morte lenta e in solitudine, distruggendo così anche la vita del figlio Emone, il futuro sposo.
La regia di Federico Tiezzi è innovativa e visionaria, mantenendo l’intenso sapore poetico grazie a pathos e gestualità magistralmente resi dagli attori. Il pubblico, immerso un’altra dimensione, è stato capace di estraniarsi dalla realtà e di riflettere sulle importanti questioni della vita, che molto spesso riguardano lo scontro tra la sfera terrena e quella emotiva. Il progetto della compagnia condiviso con il Teatro di Roma, ovvero una trilogia che partendo da Pasolini giunge sino al grande Sofocle col progetto di concludersi il prossimo 2020 con “La Tempesta di Shakespeare”, si baserà su una continuità dei temi (contrasti famigliari, distruzioni e nuovi inizi), ma riguarderà anche quella degli attori che ruotano attorno a Sandro Lombardi: Ivan Alovisio, Francesca Benedetti, Lucrezia Guidone, Massimo Verdastro, Josafat Vagni e molti altri.
ANTIGONE di Federico Tiezzi, in scena Lucrezia Guidone (Antigone) foto di Achille Le Pera
Il teatro di Sofocle ci porta a riflettere sulle dinamiche sociali anche a distanza di tempo. Il contesto socioculturale in cui è stata concepita la tragedia greca diverge completamente da quella attuale, ma le problematiche risultano rimaste immutate. Il pubblico si trova davanti ad un bivio: ripiegare alle regole morali e accettare le leggi terrene di un tiranno; oppure disobbedire al proprio re per non tradire un indissolubile legame di sangue. Un faro viene puntato anche sullo status sociale, nello specifico nei ruoli ben delineati della donna e dell’uomo nell’antica società. Una ribellione femminile dunque, che porta con sé strascichi intensi di conflitti generazionali e sessuali contestualizzabili ancora oggi. Sessuali perché Antigone rompe lo status “di donna remissiva” per vestire i panni di combattente, sapendo già di essere perdente e di andare incontro a morte certa. Creonte nel dibattito con il figlio Emone dirà proprio: “Bisogna difendere l’ordine costituito – e non permettere che le donne abbiano la meglio su di noi. Se proprio si deve perdere, meglio essere vinti dalla mano di un maschio, senza che si dica in giro che siamo inferiori alle femmine”. Altro conflitto che si sottolinea è quello generazionale perché Antigone porta avanti le tesi spirituali, emotive, di una ragazza mossa dal sentimento e dall’amore per l’ennesimo fratello morto, una dimensione aulica che contrasta irrimediabilmente con quella politica, terrena ed effimera.
Valentina Muzi
Fino al 29 marzo 2018
Teatro Argentina
Largo di Torre Argentina 52, 00186 Roma (RM)
Info e contatti: www.teatrodiroma.net 06684000311/14