Come può, un’opera teatrale datata 1607, apparire ancora così oggi straordinariamente attuale? Tanto più se propone temi politici e di carattere elettorale. Sembra strano, e in parte lo è. Ma non quando si tratta di William Shakespeare, che ha tra le sue caratteristiche proprio l’immortalità dei suoi personaggi. Lo stesso accade per il suo Coriolano, una delle pièce meno rappresentate del drammaturgo britannico (ma con qualche eccezione di spicco, nel nostro Paese, come quella del 1957, che vide Giorgio Strehler portarlo in scena al Piccolo Teatro) in una perfetta macchina metaforica sul potere, tra i temi più cari all’autore. E ancora oggi tanto più attuali. Specialmente nella versione di Marco Plini, in tour nei teatri italiani e fresca di un discreto successo nel suo passaggio al Teatro Stabile dell’Umbria.
Eppure Coriolano – alias Caio Marzio da Corioli, città dei Volsci dai lui espugnata – è quanto di più distante si possa immaginare da un leader populista, come quelli a cui siamo tristemente abituati oggi. Coriolano è addirittura nemico del popolo: vorrebbe eliminare i suoi rappresentanti, proponendo un modello autoritario e oligarchico. Allevato e cresciuto in una gens romana, secondo i valori tradizionali nella guerra e per la guerra, è campione assoluto in battaglia: le sue imprese vittoriose contro i Volsci, una volta rientrato a Roma, lo rendono il candidato ideale per la carica di console. Coriolano però è un conservatore, disprezza il popolo che accusa di codardia ed è apertamente ostile ai tribuni i nuovi magistrati eletti in rappresentanza delle istanze popolari.
La sua intransigenza e il suo senso di assoluto, entrano subito in conflitto con le esigenze di mediazione della politica, al punto che i tribuni riescono a capovolgere l’esito dell’elezione e ad esiliarlo, condannandolo come nemico del popolo. E lui, tradito da Roma, tradirà a sua volta alleandosi con il suo nemico Tullo Aufidio, capo dei Volsci, marciando contro Roma per cingerla d’assedio e punirla della sua irriconoscenza. Soltanto l’ambasceria guidata dalla madre Volumnia convincerà il guerriero a firmare la pace e salvare Roma dalla distruzione. Così, una volta tornato dai Volsci, troverà la morte verrà ucciso per l’invidia di Aufidio e perché riconosciuto traditore dell’alleanza. La vicenda narrata in Coriolano crea un attrito con l’oggi perché racconta di una forma politica in divenire. E l’adattamento del testo per questa produzione mira a evidenziare tale tematica proprio per sottolineare il legame con il presente. In una Roma repubblicana in cui il popolo smette di essere massa passiva, l’argilla della storia plasmata dai re, e chiede di avere voce e parte attiva nelle decisioni dello stato che lo riguardano, mettendo in luce le contraddizioni e i conflitti di una democrazia dei primordi, sollevando interrogativi che restano fondamentali per chi vuole provare a “pensare la politica”. In una dialettica continua, che non trova soluzione ma che chiede allo spettatore di prendere posizione, i punti di vista si alternano attorno a tre poli principali: Coriolano, il popolo e i politici (più o meno conservatori, più o meno progressisti).
Coriolano è sì nemico del popolo: ma è anche un eroe, che con la sua bravura in battaglia ha salvato Roma. E’ per di più sempre coerente con i suoi valori. Anche se non tutti appaiono condivisibili. In questi conflitto di valori, i politici mediano, per interesse e ragion di stato. A volte mentono, pure. E qual è il limite tra linguaggio politico e la propaganda? Tra giustizia e opportunità? Proprio questo è lo spunto di riflessione indotto da Coriolano e dall’autore. Come una sorta di “palestra civile”, che costringe ad assumere un atteggiamento vigile e critico proprio perché ci interroga nelle nostre contraddizioni, chiedendoci in continuazione: “da che parte state?”. E sarà giusto il momento di trovare risposte a queste domande sollecite da Shakespeare. Anche più di quattrocento anni dopo.
Alessio Crisantemi
CORIOLANO
di William Shakespeare
adattamento e regia Marco Plini
con Marco Maccieri
e con Luca Cattani, Giusto Cucchiarini, Cecilia Di Donato, Marco Merzi, Valeria Perdonò
aiuto regia Thea Dellavalle e Angela Ruozzi
disegno luci Fabio Bozzetta
video editing e live shooting Samuele Huynh Hong Son
costumi Nuvia Valestri
i costumi dei senatori romani sono abiti Luigi Bianchi Sartoria, Mantova
produzione Centro Teatrale MaMiMò
con il sostegno della Fondazione I Teatri
Foto di Nicolò Degl’Incerti Tocci