âGuardare al passato con uno sguardo sul futuroâ, è stato il fil rouge che ha caratterizzato âInequilibrioâ, uno dei festival piĂš importanti di teatro, danza e arti performative della Penisola, diretto da Angela Fumarola e Fabio Masi. I 25 anni che il festival di Castiglioncello, Armunia, ha festeggiato in questa edizione, ha visto ritornare artisti che qui hanno iniziato il loro percorso, scoperto una casa per la loro creativitĂ , nutrito il loro viaggio, trovato una comunitĂ , condiviso sensibilitĂ . Vivere il festival anche soli due giorni basta per arricchirsi di unâesperienza di collettivitĂ partecipe, sentire unâappartenenza, incontrare mondi.
Tra gli artisti che qui hanno transitato câè Marco Baliani il cui spettacolo-cult âKohlhaasâ â giunto alla 1113esima replica â dette il via, nel 1989, a quel âteatro di narrazioneâ diventato poi la cifra autoriale di molti altri attori. Risentire oggi quel racconto â maggiormente ora per lâattualitĂ che richiama â dalla sua voce e dal suo corpo vibrante, emoziona ancora inchiodandoci alla sedia. E a lui basta solo una seggiola sulla quale sostare, per affabularci con i suoi toni espressivi e trasportarci nella toccante vicenda tratta dallâopera di Heinrich von Kleist.
âKohlhaasâ è la storia di un sopruso che, non risolto attraverso le vie del diritto, genera una spirale di violenze sempre piĂš incontrollabili, ma sempre in nome di un ideale di giustizia naturale e terrena, fino a che il conflitto generatore dellâintera vicenda non si risolve tragicamente.
Uno degli amici storici di Inequilibrio è Leonardo Capuano presente con due suoi vecchi lavori âElettrocardiodrammaâ e âZero spaccatoâ, e con una nuova produzione, âSistema nervosoâ, dando vita a un personaggio che vive uno stato di alterazione entrando in relazione con presenze che abitano il suo quotidiano. Due altri importanti ritorni sono stati quelli di Roberto Latini con âVenere e Adone. Variazione 4â, e di Roberto Abbiati con la storia âLa vera mamma di Ulisseâ raccontata attraverso la voce di un bambino appassionato di mitologia interpretato da Ilaria Marchianò.
Ă soprattutto alle nuove generazioni che il festival ha guardato. Un debutto nazionale atteso è stato âOmbelichi tenui. Ballata per due corpi nellâaldilĂ â di Filippo Porro e Simone Zambelli, danzatori di speciale bravura e sintonia, pur cosĂŹ diversi anche per formazione, e con una spiccata dimensione teatrale (Zambelli, ricordiamolo, è uno dei protagonisti di âMisericordiaâ di Emma Dante).
Diversi sono i livelli di stratificazione dello spettacolo. Nata da unâapprofondita ricerca antropologica (grazie anche a due studiose esperte di âfine vitaâ) e da riflessioni sul senso dellâaccompagnamento, la âballataâ di Porro e Zambelli rappresenta una chiara, emozionante ritualitĂ di corpi, uniti e distinti, che si accompagnano nel passaggio verso la morte e oltre, ma anche verso una separazione, verso lâallontanamento da un amore, da una relazione o amicizia che sia. Ă la costruzione del saluto finale da qualcuno o qualcosa che giĂ se nâè andato, o forse che non câè mai stato; un viaggio dove aleggia per tutto il tempo il senso dellâabbandono, la nostalgia di una memoria felice.
Porro e Zambelli sembrano creature beckettiane, catapultate dalla porta di un limbo sul palcoscenico della vita, lĂŹ dove, tolte le maschere di misteriosi e indefiniti rettili, si scoprono identici. Sono lâuno lâombra e il riflesso dellâaltro. Si scrutano, si prendono per mano; lâuno conduce lâaltro in una direzione sempre mutevole; si sostengono, poi si distinguono e si staccano.
In questo continuo e reciproco riconoscersi fino allâatto finale, sembrano affiorare i versi poetici di Pavese âVerrĂ la morte e avrĂ i tuoi occhiâ. Salutarsi con un fazzoletto bianco; misurarsi con un asse di legno in tutte le sue combinazioni spaziali per una bara da costruire; trasformarla in una tavola conviviale spezzando del pane e lanciandosi le briciole in un gioco violento di ripicche; farsi reciprocamente del male fisico per ferire lâaltro e subito riaccoglierlo e accudirlo, lenendo la sua sofferenza; spostare blocchi di pietra per segnare il loro passaggio, poi accumularli per farne infine un totem o una lapide come lâunico elemento che fisserĂ unâeternitĂ quando tutto sarĂ scomparso.
Sono alcune delle azioni di una partitura coreografica che emoziona a ogni passaggio, affresco scenico di un teatro-danza umanissimo che diventa una preghiera laica, salutata dal lento svanire della coppia attraverso una porta evanescente disegnata su una parete dalla luce di Gianni Staropoli, e dalle note diradate, come gocce dâacqua, di una canzone di Lou Reed.
Il coreografo Manfredi Perego ha debuttato con âTotemicaâ, un assolo della danzatrice e performer Chiara Montalbani che si muove dentro due semicerchi di un prato artificiale, limbo di sacralitĂ . Il suo è un corpo risonante di echi ancestrali, scosso a tratti dal suono di un tamburo, poi placato nel silenzio, sempre denso di energia nei suoi gesti secchi, veloci, ampi, calmi, o raccolti in una interioritĂ .
I giovanissimi performer di âVerso la specieâ sono stati condotti da Claudia Castellucci â la drammaturga di SocĂŹetas che da anni lavora sul movimento ritmico con la sua Compagnia Mòra nata dalla Scuola omonima -, in una danza intesa come forma di pensiero, fisico e immediato, senza parole, dalla quale far scaturire uno sviluppo corale verso il ritmo. A esso si aggiunge poi una composizione musicale coerente creata ad hoc da Stefano Bartolini.
âVerso la specieâ prende a modello la metrica della poesia greca arcaica, e, figurativamente, il ritmo dei movimenti dei cavalli. I performer vestiti di nero come penitenti giungono dal fondo di un viale alberato del parco di Castello Pasquini, sostando in uno spiazzo. La danza che sâinnesca in quello luogo si nutre di figure ritenute nel ricordo, o forme che si rifanno a una memoria genetica profonda. Passi ripetuti, circolaritĂ , scalpitii, saltelli, ritmi variati di gambe e braccia incrociate, si ricompongono in ultimo in figurazioni da balli di corte utilizzando unâampia stoffa con un disegno dalle forme triangolari scomponibili.
Charlie Prince, performer e coreografo libanese, emigrato in Canada e residente tra lâEuropa e Beirut, nel suo assolo âCosmic a*â rivela unâaffascinante qualitĂ di movimento capace di evocare mondi corporei, un rituale di scavo che rivela nuove mitologie della rappresentazione del sĂŠ. Crea unâevoluzione di movimenti che da terra conquistano la verticalitĂ , con posture e intrecci che ricordano creature acquatiche e animali a quattro zampe. Piedi, braccia, gomiti, polsi, mani, cassa toracica, testa, spalle, vibrano fra i silenzi e le sonoritĂ di un percussionista in scena, Joss Turnbull, mettendo in atto un dispiegamento somatico che rimanda a balli mediorientali e a codici di danza contemporanea.
Con âLâangelo della storiaâ, guardano al passato per parlare dellâoggi e del futuro i giovani performer di Sotterraneo, collettivo di ricerca teatrale fiorentino, sperimentatore di dispositivi scenici alternativi. Con una mescolanza di aneddoti storici paradossali e connessioni di personaggi e pensieri tratti da molte epoche e culture attraverso il filtro del pensiero del filosofo Walter Benjamin, compiono una circumnavigazione nella storia per rappresentare il nostro tempo confuso, complesso, incerto. Seguendo la tipica modalitĂ di coinvolgere il pubblico â qui con lâuso dei cellulari e alcuni quesiti â il Collettivo imbastisce un linguaggio pop, dove la parola ripetuta, riplasmata, riconnessa con figurazioni e temporalitĂ , con oggetti e visioni â una enorme balena gonfiabile, un paracadute, dei coniglietti verdi, un grande monitor che scandisce gli anni e i tempi, e altri elementi ancora -, innesca cortocircuiti ironici con il presente. Ma lâossessiva ripetitivitĂ â che non servirebbe -, delle azioni e delle parole, genera una stanca che fa perdere lâattenzione al concitato flusso verbale e performativo.
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