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Ambiente e decolonialismo: i temi e gli artisti al centro di Santarcangelo Festival 2024
Arti performative
Dal 5 al 14 luglio 2024 le sedi diffuse di Santarcangelo Festival si animano per la loro 54esima edizione, che porta il titolo While we are here. La manifestazione, tra le più autorevoli e longeve tra quelle dedicate alle arti performative, quest’anno porta nel comune romagnolo 180 tra spettacoli e attività che coinvolgono 30 compagnie internazionali. Il filo tematico che lega i progetti verte sulla tematica del tempo ma anche dello spazio, invitandoci a ragionare sulla complessità del nostro vissuto, permettendoci di vivere in un determinato istante un tempo diverso, più ricco e profondo. «Mentre siamo qui è anche un monito», afferma Giovanni Boccia Altieri, Presidente Associazione Santarcangelo dei Teatri, sottolineando la necessità di riflettere criticamente sulla condizione in cui riversa il mondo contemporaneo, ponendo un occhio di riguardo sui conflitti che stanno lacerando paesi e popolazioni e invitando lo spettatore a riflettere su quello che accade fuori dal palcoscenico. Una riflessione che si realizzata in condivisione con gli artisti del Festival e che punta alla creazione immanente di una comunità unita e inclusiva.
«Cosa significa essere insieme in un mondo sempre più diviso? Quali condizioni devono essere soddisfatte affinché questo “insieme” possa funzionare davvero? Come praticare la collettività in modo da sostenere la differenza anziché escluderla? In che modo le pratiche performative possono sostenere l’integrazione e l’inclusione?» sono le parole del curatore, drammaturgo e critico polacco Tomasz Kirenczuk, direttore artistico di Santarcangelo Festival per il terzo anno consecutivo. «Queste sono solo alcune delle domande che ci porremo durante la 54esima edizione di Santarcangelo Festival: gli artisti e le artiste invitate cercano nuove forme di coesistenza, in cui i corpi – nella loro diversità e individualità – possano funzionare insieme».
Sono quattro le tematiche su cui si compone il programma del 2024, che si fondono tra di loro creando diversi punti di connessione. La prima è la ritualità, intesa come pratica magica e collettiva, al centro di lavori come While we are here dell’artista belga Lisa Vereertbrugghen (6 e 7 luglio) che riprende il titolo dell’edizione del festival attraverso un lavoro per cinque performer su rave culture e techno-folk, ma anche Cry Violet, creazione coreografica del duo Panzetti / Ticconi (9 e 10 luglio) e The Last Lamentation (13 luglio) di Valentina Medda, pensata come lavoro site-specific attivata da 12 performer sul greto del torrente Marecchia come scenografia naturale. Il secondo punto è dato dall’attivismo politico che indaga le questioni di decolonialismo, razzismo e antropocentrismo che tutt’oggi permangono nelle società: un’analisi è proposta nei lavori dei coreografi brasiliani Davi Pontes e Wallace Ferreira, attraverso il secondo e il terzo capitolo della trilogia coreografica Repertório (dal 12 al 14 luglio), quest’ultimo presentato per la prima volta in Italia, ma anche Rébecca Chaillon, regista e performer francese originaria della Martinica, che attraverso il coinvolgimento di collettivi queer decostruisce il mito della famiglia bianca e patriarcale, mentre Il Mio Filippino: The Tribe è il lavoro in prima assoluta di Liryc Dela Cruz (6 e 7 luglio) che indaga i gesti di cura e di pulizia delle lavoratrici e dei lavoratori domestici filippini in diaspora dal proprio paese.
Impossibile non coinvolgere anche la tematica ambientale, urgenza espressa da tanti delle performance ospiti di While we are here: da Life is not useful or It is what it is (6 e 7 luglio) del coreografo originario di San Paolo Bruno Freire che si ispira all’attivista per i movimenti indigeni e ambientali Ailton Krenak, a null&void (dal 12 al 14 luglio), un racconto delle distruzioni di massa orchestrato dall’artista polacca Agata Siniarska, passando per l’esperienza partecipativa Hands Up (dall’11 al 13 luglio) di Agniete Lisickinaite, che propone la danza come strumento di attivismo sociale, ma anche Someone Like Me della performer, regista e coreografa ucraina Nina Khyzhna (7 luglio), che pone l’attenzione dello spettatore sui traumi psicosomatici lasciati sul corpo di chi ha affrontato guerre e migrazioni.
L’ultima tematica pone al centro il corpo performativo che diventa medium e veicolo di linguaggi attraverso il proprio movimento: CrePa di Sara Sguotti e Arianna Ulian (12 e 13 luglio) dà forma a un insieme di parole, suoni e gesti che si articolano attorno all’immagine di una crepa, mentre i limiti del corpo sono al centro della performance She Dreamt of Being Washed Away to the Coast del lituano Lukas Karvelis (dall’11 al 13 luglio), che si ispira alla mitologia baltica. Il finlandese Samuli Laine si interroga sulle pratiche di cura del corpo attraverso una performance pensata per una sola persona alla volta che include l’atto del caregiving e dell’allattamento al seno (Nurture, dal 6 al 14 luglio). Nella Piazza Ganganelli l’artista di origini brasiliane Francisco Thiago Cavalcanti riflette sulla solitudine e sulla fragilità dei rapporti umani attraverso (52blue, dal 12 al 14 luglio). Quello che ci attende con la 54esima edizione di Santarcangelo Festival è quindi una manifestazione in cui gli appuntamenti analizzano da molteplici punti di vista le urgenze del presente, regalando un’esperienza corale di continuità e connessioni necessarie.