Categorie: Arti performative

Fondazione Morra, arte e vita nell’Archivio Living Theatre a Caggiano

di - 19 Luglio 2024

La Fondazione Morra di Napoli continua il proprio progetto di antropizzazione culturale del borgo di Caggiano, nella Campania meridionale, nel cilento, non lontano dai confini con la Lucania. Lo scorso anno era stata inaugurata, nel centro del paese, presso lo storico palazzo Morone, una mostra permanente delle opere di Vettor Pisani e adesso il “progetto Caggiano” si amplia con un’altra meta. Il prestigioso Palazzo Prospero Morone e Giuseppina Morone in Bonito Oliva ospita l’Archivio del Living Theatre, di proprietà della Fondazione presieduta da Teresa Carnevale e diretta da Giuseppe Morra, con documentazione originale delle opere di Julian Beck e Judith Malina. Nell’archivio Living Theatre sono presenti 58.812 pezzi, relativi agli anni 1969-2015, tra opere pittoriche, disegni, fotografie e testi, oltre a costumi e oggetti di scena di alcune storiche rappresentazioni, come The Yellow Methuselah, The Archeology of Sleep, Masse Mensch e Anarchia.

Un’occasione imperdibile per riflettere non solo sul portato che il collettivo ebbe nell’evoluzione del teatro contemporaneo ma soprattutto sulle tante barriere che i due artisti ed i loro collaboratori e sostenitori hanno fatto cadere, portandoci a un’evoluzione del concetto di opera d’arte che da res diventa azione, evento e performance. Una rivoluzione culturale ed estetica, quella del Living Theatre, che il secolo scorso ha vissuto ma non ha pienamente compreso.

L’occasione dell’apertura dell’Archivio del Living Theatre a Caggiano da parte della Fondazione Morra è buona, dunque, per ripercorrerne le tappe, dalle origini fino all’eredità lasciata alla contemporaneità.

Archivio Living Theatre, Fondazione Morra, Caggiano, 2024, ph. Diana del Franco

Living Theatre, l’arte dell’incontro

Vinicius De Moraes sosteneva che la vita è l’arte dell’incontro. Pur non volendo disconoscere il valore formativo degli incontri per la persona, ritenendo anzi che essa si costituisce e si rafforza proprio nelle relazioni intersoggettive significative, vogliamo porre maggiore attenzione sul sostantivo “arte” nell’espressione “arte dell’incontro”, posta dall’autore stesso in situazione di equivalenza con il sostantivo “vita”.

In questo orizzonte di pensiero, per arte non si intende l’oggetto di studio dell’estetica che si concretizza nell’azione poietica degli artisti, bensì l’accezione greca di arte come téchne, nel senso di “perizia”, saper fare e voler fare. Per ” vivere la vita”, occorre essere disponibili a diventare esperti nell’arte degli incontri. Non sono già gli incontri occasionali a farci crescere ma la nostra disponibilità agli incontri, la nostra abilità nel saperli individuare, tessere e sviluppare. Il Living Theatre nasce da un incontro titanico, e si sviluppa generando la poetica e l’estetica degli incontri.

Archivio Living Theatre, Fondazione Morra, Caggiano, 2024, ph. Diana del Franco

L’incontro fondativo è quello di Julian Beck e di Judith Malina, che avvenne nel 1943, nella città di New York. Dopo quattro anni fondarono il Living Theatre, nel quale e per il quale trascorsero tutta la vita.

Volendo ripercorrere il portato del Living Theatre, dovremmo soffermarci su due ambiti. Il primo concerne l’abbattimento delle barriere tra le diverse discipline artistiche e il secondo il superamento della barriera tra palcoscenico e platea ovvero tra attori e spettatori.

Archivio Living Theatre, Fondazione Morra, Caggiano, 2024, ph. Diana del Franco

La caduta delle barriere

Nel loro teatro d’avanguardia, Beck e Malina prevedevano la partecipazione attiva degli spettatori e la sollecitavano in sala. In alcuni eventi del Living Theatre, gli spettatori erano chiamati a toccare gli altri spettatori e a salire sul palco per interagire con gli attori, affinché si realizzasse un evento performativo che avesse il senso degli incontri di pensieri e di corpi. Si tratta anche qui di far cadere barriere: toccarsi significa mettersi in continuità con chi produce la performance o con chi assiste o, meglio, partecipa all’atto performativo.

Archivio Living Theatre, Fondazione Morra, Caggiano, 2024, ph. Diana del Franco

Ma a una ben più rilevante caduta invitarono Julian e Judith: alla caduta della divisione dell’arte in forme prime e sconnesse. La pittura, la scultura, la musica, la letteratura, la poesia, il teatro, la danza erano intese come discipline separate, con regole proprie ed occupanti spazi diversi nei mondi dell’estetica e dell’esperienza umana.

Archivio Living Theatre, Fondazione Morra, Caggiano, 2024, ph. Diana del Franco

L’atto performativo si contrappone e intende sostituire l’opera intesa come opus dell’artista ovvero come qualcosa che l’artista pone nello stato di res e che esiste ed esisterà in modo indipendente dal proprio artefice e da chi la osserva. L’evento invece si realizza in modo sempre diverso, in un luogo sempre diverso o comunque reso diverso dalle diverse interazioni tra performer e fruitori e avrà la durata della performance.

Archivio Living Theatre, Fondazione Morra, Caggiano, 2024, ph. Diana del Franco

Ecco che nel momento dell’azione performativa, lo scacco lirico si avverte istantaneamente, nel momento della percezione e della appercezione ed è riservato solo ai presenti, ai partecipanti; per gli altri solo testimonianze, fotografie, video, documenti. Più semplice risulta intendere l’evento performativo se pensiamo all’esecuzione musicale.

In tal senso arte e vita coincidono, come nell’arte anche nella vita, le nostre azioni, i nostri “eventi”, i sentimenti, le capacità reattive, la capacità di produzione e di riproduzione hanno momenti, tempi, luoghi, inizio e fine, nulla si ripete di fronte alla pluralità dei luoghi performativi della vita, di fronte alla pluralità dei luoghi, dei tempi, dei momenti e delle capacità introspettive di ognuno di noi.

Archivio Living Theatre, Fondazione Morra, Caggiano, 2024, ph. Diana del Franco

L’importanza, anche filosofica, del Living Theatre risiede proprio nell’aver dato una chiave di interpretazione realistica al rapporto tra arte e vita, ponendo l’accento su ciò che accade hic et nunc e non su ciò che deve necessariamente accadere, in quanto già predisposto e scritto da qualcun altro.

Da Eraclito a Tracey Emin

Dopo oltre due millenni, il panta rei di Eraclito surclassa, almeno in ambito estetico, l’idea monolitica e statica dell’essere di Parmenide. Ciò che scorre è vivo, è vero ed è bello.
Un’altra grande corrente, transartistica e transnazionale, ha sviluppato analoghi temi: il Fluxus costituì una rete di artisti di varie arti e discipline che propugnavano lo scorrimento e la continuità tra una e l’altra forma artistica, tra arti visive, musica, architettura, letteratura, urbanistica e design.

Archivio Living Theatre, Fondazione Morra, Caggiano, 2024, ph. Diana del Franco

Facendo riferimento alla paternità onoraria di Marcel Duchamp, artisti e musicisti introdussero nei propri eventi e nelle proprie performance elementi di realtà, di vita, quali i rumori nella musica, il silenzio nei concerti di musica classica o l’ascolto diretto della natura e di noi stessi.

Nell’evento Dionysus in 69 del Living Theatre, venne introdotta la “scena delle carezze”. Gli attori-performer, molto succintamente vestiti, si avvicinavano agli spettatori e cominciavano ad accarezzarli. Gli spettatori reagivano in modo diverso, alcuni si scostavano, altri rimanevano immobili, altri ancora rispondevano con carezze alle carezze in una sorta di malintesa intimità spesso senza raggiungere la consapevolezza estetica del superamento della barriera del tatto.

Archivio Living Theatre, Fondazione Morra, Caggiano, 2024, ph. Diana del Franco

Ricordiamo come proprio da queste considerazioni sia nata la storica performance Imponderabilia del 1977 di Marina Abramovič, quando l’artista e il compagno Ulay si posero affianco agli stipiti della porta d’accesso alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna, entrambi completamente nudi, quali viventi cariatidi. “Guardare e non toccare!”, questo era il monito che ebbe a separare la vista dal tatto nell’evoluzione di una civiltà che vedeva l’individuo come monade all’interno della propria specie. Guardare e toccare sono due momenti sensoriali delle esperienze estetiche, inseparabili anche secondo Merleau-Ponty. L’arte, secondo il filosofo francese, deve superare la concezione antitetica e spesso oppositiva tra vista e tatto.

Archivio Living Theatre, Fondazione Morra, Caggiano, 2024, ph. Diana del Franco

Fu pure atto performativo, diretta conseguenza del Living Theatre, la performance di Tracey Emin, quando l’artista si pose nuda sotto una tenda bianca invitando il pubblico maschile a congiungersi sessualmente con lei. Quest’atto, questo evento, questo accadimento, si colloca a un livello più alto di significatività nella produzione estetica contemporanea, riuscendo, nell’intenzione dell’artista e dei pochi fruitori che fossero riusciti a praticare e comprendere l’amplesso, come momento di rappresentazione estetica e di messa in scena dell’atto sessuale inteso come evento dimostrativo della continuità produttiva dell’opera, dall’artista al fruitore.

Archivio Living Theatre, Fondazione Morra, Caggiano, 2024, ph. Diana del Franco

Estendere all’arte la verità della vita

In tal modo, ancora, arte e vita sono la stessa cosa, non si distinguono, così come con scultorea chiarezza riferisce e ammonisce Julian Beck: «Non ho scelto di lavorare nel teatro, ma nel mondo», oppure quando ricorda che «Il teatro è diventato la mia vita, il teatro vivente, ci divoriamo a vicenda. Non posso distinguere l’uno dall’altro».

Archivio Living Theatre, Fondazione Morra, Caggiano, 2024, ph. Diana del Franco

Non si pensi al verso di Shakespeare, «È il mondo intero una ribalta». Il poeta Inglese intendeva estendere alla vita la falsità della recitazione. Beck, poeta americano, intende estendere all’arte la verità della vita.

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